OTTOBRE
XVIII. GIORNO
Sopra la parola « noster ».
« Poter noster — Padre nostro ».
I.
I.
Considera come un figliuolo unico di suo padre spera di poter conseguire assai più da lui, di quel che speri a proporzione un figliuolo, ch’ha con esso sè folto numero di fratelli. Non ti divisare però, che se ciò avverasi rispetto a un padre terreno, sia per avverarsi giammai rispetto al Celeste. Può il numero de’ figliuoli di Dio salire anche a tanto, che vinca quello delle arene del mare, nè per tutto ciò niun di essi dee mai sperare indi meno per se medesimo, perchè egli è un Padre, il quale abbonda per tutti: « Si fuerit numerus filiorum Israel tanquam arena maris, reliquiae salvae tient. — Se sarà il numero de’ figliuoli d’Israele come l’arena del mare, se ne salveranno gli avanzi » (Lettera ai Romani 9, 27). Non ti perder però qui d’animo, se tu ascolti, che in questa bella Orazion Dominicale, non hai da dire a Dio Padre mio, come un figliuol unico, ma Padre nostro, come un figliuolo il quale ha de’ fratelli assai; perchè non ostante questo egli stassi attentissimo ad udir te, come se fra tanti egli fosse Padre non d’altri, che di te solo. Anzi più lietamente egli ti udirà, mentre dici a lui, Padre nostro, che Padre mio, perchè dimostri con ciò di non diffidar di quella potenza, ch’egli ha, come Padre grande, di far ben a tutti facendone ancor a te: anzi dimostri di affermar con ciò, ch’egli pensa a tutti, che provvede tutti, che pasce tutti, e che si piglia una cura eguale di tutti : « AEqualiter est illi cura de omnibus. — Egli ha egual cura di tutti » (Sapienza 6, 8). E questa è la prima ragione per la qual Cristo ha voluto, che noi fedeli diciamo qui « Pater noster — Padre nostro », non « Pater mi — Padre mio », perchè mostriamo di aver quella stima sì bella del nostro Padre, che mostrerebbono tutti i fiumi ancor essi d’aver del loro, se parlando all’Oceano, potesser giugner a dirgli un dì : Padre nostro. Tu ne mostri una tal stima, mentre talvolta ti par nel tuo cuore, che Dio non pensi a te particolarmente, perchè ha tanti altri dentro il tempo medesimo a cui pensare? Quest’è un temer, ch’egli abbia cuore men ampio dell’Oceano, a cui tanto è il dover pensare ad un solo degli innumerabili fiumi, o maggiori, o minori, da lui prodotti, quanto è il dovere ad un’ora pensare a tanti.
II.
Considera come appresso ha voluta Cristo, che diciamo qui « Pater noster —Padre nostro », non « Pater mi — Padre mio », affinché con questa occasione noi ci rammemoriamo che siamo fratelli, e che però dobbiamo ancor da fratelli tra noi procedere, con procurar quasi a gara ogni ben tra noi. Tu quando ti riduci a far Orazione, prieghi più volentieri per te solamente, che per te insieme, e per gli altri. Anzi quando prieghi solo per te, prieghi con molto affetto, con molto ardore, e quando prieghi per te insieme, e per gli altri, prieghi il più delle volte con languidezza. Ma questo è un error solenne. Credi tu per ventura di scapitare, se prieghi per gli altri ancora, e non sol per te? Anzi allor è, quando tu fai daddovero guadagno grande per te medesimo. Perchè qualvolta prieghi per te solamente, puoi muoverti puramente dall’amor proprio. Ma qualvolta tu prieghi per gli altri ancora, e massimamente per gli altri a te non congiunti con altro vincolo che con questo di fratellanza Cristiana, è indubitato, che ti muovi allor meramente da carità; e però rendendoti allora più caro a Dio, ti disponi ancora con ciò a conseguire da Dio più abbondantemente quello, che gli addimandi a un’ora per te: che però diceva l’Apostolo a’ suoi Romani: « Testis est mihi Deus quod sine intermissione memoriam vestri facio semper in orationibus meis. — Mi è testimonio Iddio, come di continuo fo memoria di voi sempre nelle mie orazioni » (Lettera ai Romani 1, 9). Mira, che gran conto teneva di ciò l’Apostolo. Arrivò infimo a giurarlo. Se pur ciò non fece, perchè il pregare istantemente per altri, è tanto raro negli uomini, che appena si può credere di veruno, se non lo giura. Oltre ciò: pregando per gli altri insieme, tu mostri parimente di amar più Dio, che quando preghi solamente per te: perchè tu mostri così di desiderare, che color che lo servono, sieno molti. Pregando per gli altri insieme, più ancor l’onori, perchè gli dimostri stima non sol di lui, ma di tutti quelli, che portano il suo ritratto. Pregando per gli altri insieme, più ancor gli ubbidisci, perchè gli dimostri sollecitudine non solo di te, ma di tutti quegli, che ti sono da esso raccomandati. Pregando per gli altri insieme, più ancor lo imiti, perchè discuopri un amore simile al suo, che qual pioggia d’oro, si diffonde ampiamente sopra di tutti. E però oh! quanto di vantaggio tu meriti, pregando per gli altri insieme. Ti comprovi con ciò suo figliuol verace : « Estote imitatores Dei, sicut filii charissimi, et ambulate in dilectione. — Siate imitatori di Dio, come figliuoli ben amati (quali son quelli che più somigliano il Padre) e camminate nell’amore » (Lettera agli Efesini 5, 1). Non ti dia per tanto stupore, se Cristo ha voluto, che si dica qui « Pater noster — Padre nostro », non « Pater mi — Padre mio ». Vuol che ciascuno dispongasi ad impetrare più facilmente quel che addimanda, con esercitare tanti atti insieme bellissimi di virtù, quanti son quelli, ch’egli offre a Dio, quasi aromi congiunti in un timiama d’odor celeste.
III.
Considera come con questa preghiera fatta così in universale per tutti, ha Cristo tolto di vantaggio dagli uomini la superbia; perchè qual personaggio, qual principe troverassi, che più dispregi sull’universo alcun uomo, se si rammemori, che tutti siamo figliuoli di un istesso Padre? « Numquid non Deus unus creavit nos? Quare ergo despicit unusquisque fratrem suum? — Non è egli un solo Dio quegli che ci ha creati? Perchè adunque ciascuno disprezza il proprio fratello? » (Malachia 2, 10). Ha tolta l’invidia, perchè ciascuno procura il bene di altrui come di sè proprio. Ha tolta l’ineguaglianza, perchè ciascuno procura tanto ancor di ben per altrui, quanto per sè proprio. Ha tolte le inimicizie, perchè chi prima non riconosce il suo prossimo per fratello, come può andare a porgere per lui suppliche così eccelse, quali son queste, senza esser da Dio rigettato qual mentitore, anche impudentissimo, il quale ha il mele sulle labbra, e il veleno in cuore? — « Ore suo benedicebant, et corde suo maledicebant. — Benedicevano con la bocca, e in cuor loro maledicevano» (Salmo 62, 5). E finalmente ha stabilita una possanza amabile ad espugnar tutto il Paradiso, perchè ha ridotte tutte insieme le forze de’ suoi fedeli in un solo corpo. Molti soldati deboli, se combattono ad uno ad uno, saran derisi : uniti insieme riescon formidabili : « Filii Israel, uno agmine persequentes, debilitabant omnes, quos invenire potuissent. — I figli d’Israele gli inseguivano uniti in un sol corpo, ne trucidavano quanti ne trovavano » (Giuditta 15, 4). E però Cristo ha voluto, che orando giornalmente insieme i fedeli, non ori ciascun di loro per se medesimo, ma tutti per ciascuno, e ciascuno per tutti: « Orate pro invicem, ut salvemini — Orate l’un per l’altro, per esser salvati » (Lettera di Giacomo 5, 16) affinché l’assalto, che si dà al Cielo, riesca di possa immensa : « Si unus ceciderit, ab altero fulcietur. — Se uno cade, l’altro il sostiene » (Qoèlet 4, 10). E tu non prezzi un sì bel modo di orare, o non lo frequenti? « Maledicile terrae Meroz, dixit Angelus Domini: maledicite habitatoribus ejus; quia non vene.runt ad auxilium Domini, in adjutorium forassimorum ejus. — Maledite la terra di Meroz, disse l’Angelo del Signore: maledite i suoi abitatori; perocchè non sono venuti in aiuto del Signore, in aiuto de’ suoi guerrieri » (Giudici 5, 23).
IV.
Considera come, quantunque il soccorso scambievole, che ci diamo orando in sì fatta forma, vaglia infinitamente a conseguire qualsiasi ben, che sappiamo desiderare dal Padre nostro celeste: più nondimeno a conseguirci un tal bene val senza dubbio quel gran soccorso, che presso lui si compiace di porgerci giornalmente il nostro fratel maggiore, ch’è Gesù Cristo, con far per noi l’Avvocato svisceratissimo : giacchè egli da sè solo può molto più, che non possiamo noi tutti congiunti insieme. E questo soccorso ancora di Gesù Cristo ci meritiamo assai più con questa Orazione Dominicale, dicendo a Dio « Pater noster — Padre nostro ». E per qual cagione? Perchè, in dir così, usiamo a Cristo questo bell’atto di riverenza, di rispetto, di ossequio, ch’è di lasciare a lui ch’egli dicagli « Pater mi — Padre mio ». Il dire a Dio, « Pater mi — Padre mio », di buona legge non tocca che a Cristo solo: « Pater mi, si non potest hic calix transire nisi bibam illum. fiat voluntas tua. — Padre mio, se non può questo calice passare senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà » (Vangelo di Matteo 26, 42). E la ragion è, perchè questo è privilegio dell’Unigenito. L’Unigenito solo può in una casa dir tutto di, padre mio. Dove sono molti fratelli, conviene, a parlar giusto, che dicangli, padre nostro ; massimamente parlandogli tutti a un’ora. Ma Cristo è l’Unigenito di Dio Padre: e però a lui solo si deve il parlar da tale: « Ipse invocabit me: Pater meus es tu. — Egli a me griderà: Tu se’ il Padre mio » (Salmo 89, 26). Noi non siam neppure secondi geniti, anzi nè terzi, nè quarti, nè quinti geniti, perciocchè, come osserva Sant’Agostino, nè pur siam geniti, siam creati, e però dobbiamo parlare da quei, che siamo, in compagnia di tanti altri creati anch’essi, e dire a Dio : « Pater noster — Padre nostro ». Che se noi siamo di vantaggio adottati a quella figliuolanza medesima, ch’è la propria di Gesù Cristo, vi siamo adottati sì, ma per mezzo suo. Egli è stato quel gran figliuolo, che con esempio ammirabile, essendo l’unico nel Reame di Dio suo Padre, ha desiderato di aver de’ fratelli assai, che fossero coeredi di un tal Reame, e però ci ha impetrato dal suo Padre medesimo, che ci adotti, per metterci a seder seco sul proprio trono. Ma questo istesso ha da fare, che ognuno di noi, per gratitudine verso un fratel così buono, lasci a lui solo quel grand’onore, che per natura si merita, di dire a Dio, « Poter mi — Padre mio » ; nè ce lo vogliamo arrogare anche noi per Grazia; massimamente non potendo nemmeno nell’ordine della Grazia voler noi parlare da unici, se siamo tanti. Non si divieta però, che tu orando privatamente in camera tua, non possi mai per qualche sfogo di amore, dire tu ancora al padre tuo : « poter mi — padre mio », come può fare in qualunque casa un figliuolo ch’ha più fratelli. Ma nel caso nostro, ricordati, che ciò sempre tu fai con maniera impropria, atteso l’alto ossequio, che devesi a Gesù Cristo, il quale parlando a Dio, sempre dissegli : « Pater mi — Padre mio », e parlando di Dio con gli uomini, sempre disse : « Poter meus — Il Padre mio », ovvero « Poter vester, Patris vestri, Patrem vestrum, a Patre vestro — Il Padre vostro, del Padre vostro, il Padre vostro, dal Padre vostro »; non disse mai « Poter noster — Padre nostro ». E però quando tu verme vile vuoi dire a Dio, « Pater mi — Padre mio », come disse Cristo, io fui per significarti, che quasi chiedi ogni volta a Cristo licenza di poter farlo con libertà, affin di usare con lui questo termine di rispetto, e di riverenza, come a colui, che solo è il generato : « Cui enim hominum dixit aliquando Deus: Filius meus es tu: Ego hodie genui te? — Imperocchè a qual degli uomini (se ne togli lui solo) disse mai Iddio : mio figlio se’ tu : oggi io ti ho generato? ».