MAGGIO
XVIII. GIORNO
Delle tribolazioni, e quanto si debbono bramare.
« Sagittae tuae infixae sunt mihi, et eonfirniasti super me manum tuam. — Io porto in me conficcate le tue saette, e tu hai confermata sopra di me la tua mano » (Salmo 38, 3).
I.
Considera, che quando un cacciatore desidera di raggiungere qualche fiera fuggiasca, come una Cerva, o una Cavria, le scocca varie saette, delle quali alcune finalmente ficcatesi a lei ne’ fianchi o la fanno correr più lenta, o la fan restare; e così allora il cacciatore l’è addosso, e vi pone sopra le sue mani, e la ferma. E di questa similitudine pare, che appunto Davidde si prevalga in questo suo versetto penitenziale. Perciocchè essendo egli andato da Dio fuggiasco, Iddio con le saette di varie tribolazioni, intimategli prima, e di poi scoccategli, lo fe’ rimaner dalla fuga, finchè gli fu sopra con le sue santissime mani, confirmavit super eum manum suam, e se ‘1 guadagnò interamente. Ciò che Iddio fe’ con Davidde, fa del continuo con più d’uno degli uomini, a cui vuoi bene. Ved’egli, che indarno tenta per vie piacevoli di rendergli a sè soggetti, siccome quelli ch’hanno uno spirito colmo di tanta baldanza, che « tamquam pullos Onagri se liberos natos putant. — Come gli asinelli selvatici si credon nati per non aver freno » (Giobbe 11, 12). Però che fa? mette mano a saette acerbe, a saette acute, e quando quegli scorrono appunto più liberi, gli ferisce. E dove gli ferisce? dove giudica più opportuno. Perchè egli è cacciatore sì valoroso, che sa colpir dove vuole: « Sagitta ejus, quasi viri fortis interfectoris, non revertetur vacua. — La di lui saetta, come di guerriero forte uccisore, non sarà senza effetto » (Geremia 50, 9). Chi va a ferir nelle reni, con suscitargli dolori atroci di calcoli; chi negli occhi, con accecarlo; chi negli orecchi, con assordirlo; chi nelle mani, dandolo a crude gotte; e così alfine egli ottiene, che ciascuno di questi si dia per vinto. Se ponderi attentamente, vedrai che sono innumerabili quelli, che il Signore guadagna con questa sorta di caccia saettatrice: «Sagittae tuae acutae, populi sub te cadent. — Le tue saette son ben affilate, i popoli cadranno a’ tuoi piedi » (Salmo 45, 6). Ma ti vaglia solo per tutti quel misero Figliuol Prodigo, che sì scorretto era voluto fuggire lontano dal Padre, abiit in regionem longinquam (Vangelo di Luca 15,3). Scoccò entro di questo il Signore quelle saette, che avea per Ezechiello chiamate saette pessime, cioè saette di fame: « Quando misero sagittas famis pessimas in eos, quae erunt mortiferae. — Quando io scoccherò contro di loro le pessime saette della fame, che porteranno morte » (Ezechiele 5, 16); e con esse lo rendè suo. Benché queste saette che sono le pessime, la povertà, l’abbiezione, l’abbandonamento, la pubblica confusione, in mano del Signore riescono d’ordinario le più salubri, perchè son le più vigorose a domare il fasto di chi siede in alta fortuna. Applica tu adesso a tuo pro ciò, che qui si è detto, e mira, se il Signore ha avventato contro di te veruna di quelle saette per conquistarti. Se l’ ha avventata, ringrazialo, perchè è segno di sommo amore. Se non 1′ ha avventata, pregalo ad avventarla, perchè da ciò può dipendere facilmente la tua salute: « Sagittae tuae infixae sunt mihi, et confirmasti super me manum tuam. — Porto in me conficcate le tue saette, e tu hai confermata sopra di me la tua mano ».
II.
Considera, che per questo appunto si dice: « Confirmasti super me manum tuam. — Tu hai confermata sopra di me la tua mano ». Non solamente « firmasti — hai fermata »; ma « confirmasti hai confermata »; perchè quando il Signore per questa via si guadagna le anime, se le suole ancor guadagnare più saldamente, più stabilmente, sicché non le ‘perde più, come quelle che son ferite; e però non è tanto facile, che gli scappino. Quindi è che le tribolazioni sono riputate certi segni di predestinazione alla gloria, perchè comunemente il Signore per mezzo di queste non solo « firmat — ferma », ma ancor « confirmat — conferma » sull’anime « manum suam — la sua mano ». E questa spesso si è la confermazione in grazia, che senti dire aver Dio fatto di molti, siccome fe’ di ciascuno de’ santi Apostoli; l’aver ad essi dato assai da patire. Che però scrisse San Paolo: «Libenter gloriabor in infirmitatibus meis, ut inhabitet in me virtus Christi. — Volentieri mi glorierò nelle mie infermità, affinché abiti in me la virtù di Cristo » (Seconda lettera ai Corinzi 12, 9) : non « ut sit — affinché sia », in qualunque modo, che ciò per lui saria stato legger conforto; ma « ut inhabitet — affinchè abiti ». ch’era il conforto su premo. Aggiungi, che quando il Signore si è guadagnata qualche anima per tal via, è segno, che le vuole bene più che ordinario, perchè n’è andato alla caccia, come fe’ appunto col medesimo Paolo. E se però ha fatto tanto per guadagnarla, chi crederà facilmente, che voglia perderla dappoichè l’ha guadagnata, e guadagnata a forza ancor di saette? Le saette non si usano, se non che contro di quelle fiere, che vanno dal cacciatore lontane assai, le meno fuggitive si prendono ancor coi lacci. Se però il Signore si curò di ancor quand’ella fuggiva in sì brutta forma, che vi volevano Te saette a restarla; ben si può sperare di certo, che quando l’abbia in sua mano già prigioniera, non solo « firmet —fermi », ma ancor « confirmet — confermi » sopra di lei « manum suam — la sua mano », sicché ella più non si perda.
III.
Considera, che affinché segua tuttociò, è necessario, che le saette non giungano leggiermente a ferir chi fugge, ma lo trapassino: altrimenti chi fugge le scuote subito, e prosegue la fuga. Così pure avviene nelle avversità, che Dio manda. Se smino leggiere, sicché non passino, come suoi dirsi, la pelle, non sortiscono il loro effetto. Allora il sortiscono, quando sono penose, anzi permanenti, sicché non vi sia più speranza di liberarsene: perché allor succede, che l’anima finalmente si renda a Dio. Ed ecco la ragione onde disse Davidde: « Sagittae tuae sunt mihi, et confirmasti super me manum tuam — Porto in me conficcate le tue saette, e tu hai confermata sopra di me la tua mano »; perciocchè allora il Cacciatore è sicuro di aver la fiera, quando le saette sono in lei ben addentro, infixae sunt : quando non sono bene addentro, non è sicuro; e perché? perché allora queste non domano. A voler che domino, convien che bevano almeno tanto di sangue, che certi spiriti, o di vivezza eccessiva, o di vanità esorbitante s’illanguidiscano, al che par che appunto volesse alludere il santo Giob, quando disse: « Sagittae Domini in me sunt, quarum indignatio ebibit spiritum meum. — Io porto in me le saette del Signore, l’indignazione delle quali beve il mio spirito » (Giobbe 6, 4). E qual è questo spirito, ch’esse bevono, se non quello di cui parliamo? Lo spirito di vivezza, lo spirito di vanità, lo spirito d’arroganza: oh come a maraviglia si succhiano questo spirito baldanzoso ! così l’uomo, divenuto più umile, più facilmente soggettasi al suo Signore, e divien beato : « Beati pauperes spiritu. —Beati i Poveri di spirito » (Vangelo di Matteo 5,3). Se però tu desideri di arrivare ad una beatitudine tanto eccelsa, che fu collocata da Cristo nel primo luogo, pregalo pure che si degni usare anche teco le sue saette: anzi conficcarle, finchè davvero ti perché sono, è vero, saette d’indignazione, ma amorosissime. Ha per ventura bisogno alcuno il Signore de’ fatti tuoi? Se viene a caccia di te, lo fa per tuo bene, non per suo emolumento.