LUGLIO
XVIII. GIORNO
Della misericordia, e in che consista.
« Estote misericordes, sicut et Pater vester misericors est. — Siate misericordiosi, come è misericordioso anche il Padre vostro » (Vangelo di Luca 6, 36).
I.
Considera, che quando si dice, Estote misericordes sicut et Pater vester misericors est, la particella sicut non impone eguaglianza, impone similitudine; perchè chi è, che mai possa uguagliare la misericordia di Dio, ch’è quella virtù, di cui fra tutte egli pregiasi sì altamente? Non fia poco rassomigliarla. E questo è ciò, a cui col presente detto t’invitò Cristo. Vero è, che non dice: « Miseremini, sicut et Pater vester miseretur — Abbiate misericordia, come l’ha anche il Padre vostro », ma « estote misericordes, etc. —siate misericordiosi, ecc. », perchè tu aspiri non solo all’atto, ma all’abito, che racchiude ogni perfezione. Procura qui d’intendere ognuna di queste perfezioni più che si può, per imitarle almeno in alcuna parte, come fa chi per suo profitto si mette a ricopiare le opere di un artefice solo al mondo.
II.
Considera, che la Misericordia, è una volontà di sovvenire le attuali miserie, e di sollevarle. Questa volontà può nascere da due capi: da carità, e da compassione. Quando nasce da carità, è assai più perfetta, che quando nasce da compassione; perchè la carità è virtù, e la compassione non è virtù, è un affetto naturale di tenerezza, che c’inclina a dolerci, ancorchè talor non vogliamo, degli altrui mali. In Dio la misericordia nasce da carità, perchè ella nasce da un puro amor, che lo muove a sollevare le nostre necessità, non nasce da compassione, che lo necessiti : « Miserebor cui voluero. — Avrò misericordia di chi vorrò » (Esodo. 33, 19). Non è egli capace di tali affetti, mercecchè questi per verità dinotano debolezza, siccome quelli che sono dati a supplire il difetto della virtù. Chi ha carità vera, non ha punto bisogno di compassione per indursi a soccorrere i mali altrui. Anzi nè anche ha necessità di più altro, che di saperli: tanto si muove ad udirli, quanto a vederli. E questo è ciò, che pur in te si ricerca, qualor si dice : « Estote misericordes, sicut et Pater vester misericors est — Siate misericordiosi, come è misericordioso anche il Padre vostro ». Si ricerca, che in sovvenire i meschini ti muovi da carità, non ti muovi da semplice compassione, affinchè l’atto tuo sia più meritorio.
III.
Considera, che siccome la compassione ora detta, quando precede la volontà di soccorrere, non è virtù, ma è un affetto naturale, che stimola alla virtù; così quando la siegue, è virtù grandissima, perchè è spontaneamente voluta, affine di sovvenire con più pienezza di carità. Dissi con più pienezza, perchè tu scorgi, come l’uomo in tal atto, non solo vuol sollevare le altrui miserie cortesemente, ma condolersene, ch’è quanto dire, sentirle in sè come sue: « Quis infirmatur, et ego non infirmor? — Chi è infermo, che non sia io infermo? » (Seconda lettera ai Corinzi 11, 29). Questo è quel grand’eccesso, ch’ha usato Dio, mentre non contento della sua pura carità, tanto immensa, tanto inaudita, ha voluto vestire queste viscere ancora di compassione con umanarsi, ch’è stato un far tanto più di quel, che bastava a soccorrerci pienamente. E questo è quello, a cui tu vieni parimente esortato qualor si dice: « Estote misericordes, sicut et Pater vester misericors est — Siate misericordiosi, come è misericordioso anche il Padre vostro ». Che tu a sovvenire altrui ti muova da carità, ma che alla carità procuri ancor di congiugnere questo affetto di compassione, sentendo in te le miserie altrui come proprie: « Induite vos ergo sicut eletti Dei viscera misericordia — Vestitevi come eletti di Dio di viscere di misericordia ». Mira quanto mai stimi il Signore questo atto. Ha fin lasciato, che si scriva di sè, come innanzi a questo, egli, per dir così, non avea misericordia : « Debuit per omnia fratribus similari, ut misericors fieret. — Dovette totalmente assomigliarsi ai fratelli ond’essere misericordioso » (Lettera agli Ebrei 2, 17).
IV.
Considera, come questa gran compassione, ancorchè eletta già da noi per virtù, c’inclina senza dubbio a soccorrere chiunque ha male; ma molto più chiunque ha male contra sua voglia: perchè quand’uno ha voluto procacciarselo da se stesso, noi diciamo piuttosto, che ben gli sta: « Quis miserebitur omnibus, qui appropiant bestiis? — Chi avrà misericordia di quei che s’accostano alle fiere? » (Ecclesiastico o Siracide 12, 13). Iddio non così: Iddio compatisce quelli ancor, che procacciansi il loro male, e però compatisce anche i peccatori. Anzi a soccorrere questi è più intento, che a tutti gli altri, perchè tra i miseri questi sono i maggiori per verità; quei che vogliono il loro male, benchè più miseri, noi riputiamo coloro, che lo incorrono, non volendolo. E questo è ciò che da te pur si richiede qualor si dice: « Estote misericordes, sicut et Pater vester misericors est — Siate misericordiosi, come è misericordioso anche il Padre vostro » : che ti muovi a pietà fino di coloro, che piuttosto sarebbono meritevoli di rimprovero.
V.
Considera, che questa compassione più ancor c’inclina a dolerci del male degli amici, che de’ nemici: anzi del male de’ nemici, non solo non abbiamo dolore di sorta alcuna, ma ne abbiamo compiacimento. Iddio compatisce ancora i nemici: nè solo gli compatisce sopra la terra, dove in un certo modo egli è che difende dallo sdegno di tutte le creature tanti, che stanno attualmente offendendolo, e gli provvede, e gli pasce: ma gli compatisce sin nell’Inferno medesimo, dove quantunque come giustissimo egli ami le loro pene, contuttociò come pietoso le dà minori del merito, benchè le dia sì severe. E questo è ciò, che da te si desidera parimente qualor si dice: « Estote misericordes, sicut et Pater vester misericors est — Siate misericordiosi, come è misericordioso anche il Padre vostro », che sappi compatire il male non solo degli amici, ma de’ nemici, pronto a soccorrere non meno questi, che quelli nelle loro necessità, perché tale è l’esempio, che ti dà Dio : « Qui pluit super justos, et injustos — Il quale manda la pioggia pei giusti, e pigli iniqui ».
VI.
Considera, come questa compassione medesima più tra gli amici, c’inclina ancora a dolerci del male de’ più congiunti, o per parentela, o per patria, o per altro nodo, che del mal di quei che ci sono al tutto stranieri: « Tollam ergo panes meos, et dabo viris quos nescio unde sint? — Toglierò dunque il mio pane, e lo darò ad uomini che non so d’onde si siano? ». Non così succede anche in Dio. Egli rispetto a sè non ha neppur prossimo, perchè da lui distano tutti ad un modo, cioè a dire, infinitamente. E pure sopra tutti diffonde la propria misericordia, ancora in una vastità così grande di lontananze: « Congregabo eos ab extremis Terrae, inter quos erunt coecus et claudus, etc. et in misericordia reducarn eos. — Li unirò dagli ultimi confini della Terra, saranno insieme il cieco, e lo zoppo, ecc. e li ricondurrò con misericordia » (Geremia 31, 8). E questo è ciò, che a te pure si raccomanda, qualor si dice: « Estote misericordes, sicut et Pater vester misericors est. — Siate misericordiosi, come è misericordioso anche il Padre vostro » : che non si ristringa la tua misericordia solamente a coloro, che ti appartengono, come fa un lago racchiuso nel suo distretto; ma che la faccia a proporzione trascorrere sopra tutti, anche i più lontani da te, come fanno i fiumi, che non si legano a beneficare il paese sol dove nacquero.
VII.
Considera, che chi si trova in alta felicità, ricco, potente, prosperoso, robusto, suol essere poco inclinato alla compassione, siccome tale, che non apprende quei mali per facili ad avvenirgli. Iddio non può temer male alcuno, è felice in sommo, anzi è il datar di qualunque felicità: e pur è misericordioso più di tutti coloro, che sono sottoposti ad ogni miseria. Che però con molta enfasi dice Cristo : « Estote misericordes, sicut et Pater vester misericors est — Siate misericordiosi, come è misericordioso anche il Padre vostro »; non « sicut Pater — come il Padre », ma « sicut et Pater — come anche il Padre », che aggiugne assai di vantaggio. In tanta felicità, tanta compassione ! E questo parimente a te si rammemora, che non compatisca negli altri solamente quei mali che provi in te, ma ancora quei mali che non provi : Cum sederem quasi Rex, circumstante exercitu, eram tamen moerentium consolator. — Mentre qual Re sedea circondato da armati, era nondimeno il consolator degli afflitti » (Giobbe 29, 25).
VIII.
Considera, come di tutte le virtù Divine, che pur sono tante, nessuna ti si propone in tutto il Vangelo da imitare in particolare, fuorchè la misericordia, mercè che nessuna ti fa più simile a Dio. La misericordia di Dio è la virtù somma, non nel suo essere (perchè nel loro essere tutte in lui le virtù sono somme a un modo), ma nei suoi effetti. Conciossiachè nessuna virtù ha fatto mai fare a Dio ciò che egli ha fatto per la misericordia : perchè se la semplice carità, se la bontà, se la benignità, se la liberalità gli hanno fatto creare il Genere umano, e sollevarlo sino allo stato di grazia, la misericordia glielo ha fatto ricomprare col proprio sangue: « Secundum suam misericordiam salvos nos fecit. — Per sua misericordia ci fece salvi » (Lettera a Tito 3, 5). E però la misericordia fa l’uomo simile a Dio più di tutte le altre virtù, perchè lo fa simile alla parte più riguardevole, che in Dio splenda. Di più berilli qual è fra tutti che più somigli il diamante? Quello, che più rassomiglialo nella luce. Così de’ più, che si pongano a imitar Dio, nessun gli sarà più simile, che chi lo somigli più nell’usar misericordia. È vero, che la misericordia non è assolutamente nell’uomo la virtù massima, com’è in Dio, perchè Dio non ha alcuno sopra di sè, e così a lui non rimane più altro, se non che far bene a coloro, ch’egli ha di sotto : « Effundere fluenta super aridam. — Spandere fiumane sopra la terra arida » (Isaia 44, 3). Ma l’uomo sopra di sè ha Dio, ed ha i calamitosi sotto di sè. Però nell’uomo prima è congiungersi a Dio con la carità, e poi con la misericordia ai calamitosi : « Induite vos, sicut electi Dei, viscera misericordiae, etc. super omnia autem haec charitatem habete. — Vestitevi come eletti di Dio, di viscere di misericordia, ecc. ma sopra tutto conservate la carità » (Lettera ai Colossesi 3, 12, 14). Non può però dubitarsi, che ancor nell’uomo la misericordia è la massima fra le virtù, che lo congiungono al prossimo. È la massima nel suo essere, perchè è la spezie di carità più lontana d’ogni interesse, come quella che si usa ai miseri : ed è la massima nei suoi effetti, sì perchè niun’altra virtù dà giammai campo di esercitare così begli atti, come dà la misericordia; sì perchè la misericordia si stende a tutti, ancora agl’indegni, ancora agl’ingrati, e così può quasi usarsi senza risparmio. Che s’è così, tu non devi maravigliarti, se questa più di tutte il Signor t’inculca, mentr’egli dice : « Estote misericordes, sicut et Poter vester misericors est — Siate misericordiosi, come è misericordioso anche il Padre vostro ». E tu non senti anche accenderti all’amor d’essa? Se così è, se figliuolo degenerante da sì gran Padre non che dissimile. E pur però qui dice Cristo : « Sicut et Pater vester misericors est — Come è misericordioso anche il Pa. dre vostro » : non dice « meus — mio » come pur potea dir egualmente bene; nu dice « vester — vostro », per ricordart quell’obbligo, che ti astringe di assimi gliarlo.
IX.
Considera finalmente, come Cristo ha voluto in questo luogo chiamar Dio col nome di Padre, perchè, chi è vero Padre, contiene in sè un’idea perfetta di quella misericordia, le cui prerogative abbiam qui ristrette. Chi è vero Padre, non ha bisogno d’esser dotato dalla natura di viscere molto tenere affine di compatire i proprii figliuoli : il solo amore paterno gli è bastevole. E pure non contento di questo, sa, quando vuole, vestir per essi anche viscere di pietà le più affettuose che si ritrovino. Sa compatirli quando si sono procacciati anche il male coi loro disordini, sa scusarli, sa sopportarli, sa di vantaggio amarli ancor non amato; e dimenticato di sè, sa andare a cercarli ancora in lontanissime parti, se da lui fuggano. Non ha bisogno di sperimentare in sè i loro mali, o pur di temerli, affine di compatirli più vivamente, anzi si spoglierebbe talor della felicità per donarla ad essi : nè ciò per altra ragione, che per quest’unica, perchè è Padre. Ecco dunque per qual motivo ha qui Cristo voluto ricordar Dio col nome di Padre, quando ha detto ch’egli è misericordioso : per epilogare sotto un tal nome tutte quelle doti, che sono proprie di una misericordia perfetta: « Quomodo miseretur Pater filiorum misertus est Dominus timentibus se. — Come il Padre ha misericordia de’ figli, così il Signore ebbe misericordia di quei che Io temono » (Salmo 103, 13). Tu, che spezialmente sei in grado di Superiore, rammentati, che questo è il breve modo di usar misericordia perfettamente verso i tuoi sudditi: portarti in tutto da Padre.