AGOSTO
XVIII. GIORNO
Come si abbia a procurare la quiete dell’Anima.
« Discite a me, quia mitis sum, et humilis corde, et invenietis requiem animabus vestris. — Imparate da me, che sono mansueto, ed umile di cuore, e troverete quiete alle anime vostre» (Vangelo di Matteo 11, 29).
I.
Considera quanto l’uomo di sua natura desideri di trovar quiete, ma non vi arriva : « Interiora mea efferbuerunt absque ulla requie. — Ferventi desideri infuocaron le mie viscere, senza trovar mai quiete » (Giobbe 30, 27). Mercecchè piglia una strada affatto contraria. L’uomo a trovar quiete naturalmente, che fa? Procura di sfuggir tuttociò che può disturbarlo, sgridando chi n’è cagione, risentendosi, ricattandosi, il che non è altro che un volere ottener dall’onde del mare, che non lo assaltino. Però bisogna, non tanto sfuggire i disturbi (che non è cosa possibile a chi è costretto di vivere in mezzo all’onde), quanto ne’ disturbi sapere non disturbarsi, con divenire in mezzo all’onde uno scoglio: « Non timebo millia populi circumdantis me. —Io non avrò timore del numeroso popolo, che mi circonda » (Salmo 4, 7). Fu tra Filosofi chi pretese già d’insegnare una tal dottrina. Ma più splendidamente, che sodamente. Il primo ch’abbiala con fondamento insegnàta sopra la terra, è stato Cristo, che l’ha recata dal Cielo. E però egli qui dice: « Discite a me — Imparate da me ». Mentre dice: Discite a me, è segno, che la dottrina è degna sicuramente di tal Maestro. Potrebbe dire, che tu imparassi da lui a predir le cose future, a risanare i malati, a risuscitare i morti, a camminare sull’acqua con piè costante. Ma che direbbe in dir ciò? Cristo non fu tanto degno di ammirazione per gl’infiniti miracoli, ch’egli fece sopra la Terra, quanto per gl’infiniti esempi, che diede di mansuetudine, e di umiltà, non più veduti prima di lui, non più uditi per tutti i secoli. Ben dunque ha ragion di dire: « Discite a me, quia mitis sum, et humilis corde — Imparate da me, che sono mansueto, ed umile di cuore ». Se tu saprai ben praticare queste due virtù insegnate da Cristo, avrai già ritrovata la quiete che tu desideri. Disponti dunque come attento discepolo ad udire la sua dottrina; giacchè su questa hai da fondar la tua quiete, affinchè sia stabile : « Fundamenta aeterna supra petram solidam. —Le fondamenta eterne (che sono quelle che non vacillano mai) son gettate sopra salda pietra » (Ecclesiastico o Siracide 26, 24).
II.
Considera come tutte quelle cose, che ti possono inquietare l’animo, o vengono dall’estrinseco, o vengono dall’intrinseco. Dall’estrinseco vengono i disprezzi, i disastri, ed altri sì fatti mali. Dall’ intrinseco vengono i tuoi difetti, sì fisici, sì morali, che talvolta t’inquietano ancor più di tutti i mali, che vengono dall’estrinseco. Contra i primi mali, armati di mansuetudine: contra i secondi, armati di umiltà. La mansuetudine fa che non ti alteri tra que’ mali che spezialmente all’improvviso ti vengono dall’estrinseco : L’umiltà fa che tu reprima gli spiriti troppo altieri : e così fa che non ti alteri tra quei mali che procedono dall’intrinseco, quali sono i proprii difetti, perchè ti dà divedere, che ben ti stanno. E che può altro germogliar la tua Terra, che vili lappole? Che se con queste virtù arrivi finalmente a non alterarti, già tu sei quieto. Però disse Cristo: « Discite a me, quia mitis sum, et humilis corde, etc. — Imparate da me, che sono mansueto, ed umile di cuore, ecc. ». Non disse solo, « quia sum humilis corde — perchè son umile di cuore », poichè la sola umiltà interna, senza l’esercizio della sofferenza quotidiana, non è bastante a reprimere le alterazioni, che nascono dall’estrinseco. Non disse solo, « quia mitis sum — perchè sono mansueto », poichè il solo esercizio della sofferenza quotidiana, senza l’umiltà interna, non è durevole. Oltre a che la sola mansuetudine fa che tu tolleri i disprezzi, e i disastri, che ti succedono : laddove l’umiltà unita con la mansuetudine, fa che non solo gli tolleri, ma ancor gli ami. La sola umiltà fa che tu tolleri i difetti che in te rimiri come degni di te (giacchè l’amarli, se trattasi de’ morali, non è mai lecito), laddove la mansuetudine unita con l’umiltà, fa che non solo gli tolleri, ma gli domi, almeno in gran parte, con aiutarti a vincere, se non altro, tutti quei difetti, che nascon dall’irascibile, che sono d’ordinario i più facili, e i più frequenti. E quando sii pervenuto ad un tale stato, rimira un poco che bella quiete è la tua! « Modicum laboravi, et inveni mihi multare requiem. — Faticai poco, e ho trovato molta quiete » (Ecclesiastico o Siracide 51, 35). Non solo fra le tempeste sei già come uno scoglio, che non le prezza, perchè le ha fuori di sè; ma sei come un Olimpo, che non le prova perchè le ha sotto. Vero è, che tanto la mansuetudine, quanto l’umiltà, vogliono essere ambe di vero cuore : « Mitis corde, humilis corde — Mansueto di cuore, umile di cuore ». Però Cristo dice sì apertamente : « Discite a me — Imparate da me » ; perciocchè tutti gli altri prima di lui non tanto aveano insegnato a possedere queste due virtù, quanto ad affettarle. Tu le affetti, o pur le possiedi?
III.
Considera, che sì bella dottrina, data da Cristo, con la specolativa s’intende bene; ma che il suo difficile sta nel ridurla in pratica. E però Cristo parimente ti dice: « Discite a me — Imparate da me ». Va a quella scuola, dove si studia più col cuore, che con la mente, e l’imparerai. Va all’ Orazione. Tratta quivi con Cristo frequentemente. Digli che t’insegni, com’egli si diportò in accidenti tanto più gravi de’ tuoi : vedrai quanto presto diverrai dotto : « Qui appropinquant pedibus ejus, accipient de dottrina illius. — Quelli, che si avvicinano a lui, apprenderanno la sua dottrina » (Deuteronomio 33, 3). Che mansuetudine fu la sua trà gli assalti esteriori di tutti i generi? « Sicut Agnus coram tondente se sine voce, sic non aperuit os suum. — Come Agnello, che sta muto dinanzi a chi lo tosa, in tal guisa non aprì sua bocca » (Atti degli Apostoli 8, 32). Che umiltà fra le fiacchezze interiori della Natura, anzi tra’ peccati non suoi, che gli convenne di vedersi addossare, come se fossero suoi? « Longe a salute mea verba delictorum meorum. — La voce de’ miei delitti allontana da me la salute » (Salmo 22). Non puoi discernere s’egli fosse più umile nella mansuetudine, o se più mansueto nell’umiltà. Sempre fu l’uno e l’altro insieme: « Mitis sum et humilis corde — Sono mansueto, e umile di cuore ». Dipoi va innanzi in questa scuola a osservar che gli altri Maestri ti potrebbon al più infondere questa dottrina con insegnartela. Ma Cristo con infonderla te la insegna. Oh che Maestro eccellente! Prima ti dà che tu pratichi la dottrina, dipoi ti dà che la. sappi. Questa è la forza della sua santissima grazia. E però dic’egli con termini sì espressi, « discite a me — imparate da me », non da’ miei Angeli stessi, non da’ miei Profeti, non da’ miei Predicatori, non da’ miei libri, ma da me. Bisogna andare a trattare con. Cristo immediatamente nell’Orazione : « Quia Dominus dat sapientiam. — Poichè il Signore è quegli che dà la sapienza » (Proverbio 2, 6). Gli altri « docent — la insegnano », ma egli « dat — la dà ». Non si troverà, che veruno al Mondo abbia mai appresa tal pratica in altra scuola, che in questa dell’Orazione ora detta. Qual maraviglia è però, se tu non l’apprendi? Abbandoni troppo la scuola.
IV.
Considera, che di tante altre virtù, che potea Cristo lodare come sue proprie, si è scelte queste, la mansuetudine, e l’umiltà; perchè queste egli venne singolarmente a recar dal Cielo. Però siccome un mercante, benchè ricchissimo, singolarmente ama di mettere in mostra le merci più pellegrine; così fe’ Cristo. Oh quanto innanzi lui si trovava il Mondo in penuria di tali merci ! « Quaerite justum — Cercate un giusto » (Sofonia 2, 3), dicea già Sofonia per un gran prodigio, « Quaerite mansuetum — Cercate un. mansueto ». Ma che volle egli dire dicendo « justum — giusto »? Volle dire « humilem — umile », conforme a quell’altro testo : « Justus prior est accusator sui. — Il giusto è il primo accusator di se stesso » (Proverbio 18, 17). Contuttociò non si valse di un tal vocabolo, perchè appena a quei dì si sarebbe inteso, tanto era raro chi bene ne esercitasse il significato. Dipoi chi non sa, che queste due sono le virtù, che ad un Cristiano, nato al patire, più frequentemente bisogna ridurre in pratica? Non sempre è pronta l’occasione di esercitare la liberalità, di esercitare la compassione, di esercitare la carità, di esercitar l’ubbidienza; ma sempre prontissima quella di esercitare insieme la mansuetudine, e l’umiltà, che come sorelle si sogliono sempre dare tra lor la mano, spezialmente ai cattivi passi. Finalmente Cristo venne a portare in Terra quel bene, che non era mai possibile di trovare fuori di lui, cioè la quiete di cuore : che però tosto lui nato, calarono lieti gli Angeli ad annunziarla : « Gloria in excelsis Deo, et in Terra pax hominibus bonae voluntatis — Gloria a Dio ne’ Cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà ». Ma ad ottenere tal quiete, queste sono le due virtù, che conducono sopra tutte, come hai veduto. E però Cristo sopra tutte anche diedesi ad insegnarle: « Discite a me, etc. — Imparate da me, ecc. ».