SETTEMBRE
XVII. GIORNO
Sopra il Nome Santissimo di Maria.
« Ave, Maria, gratia plena. — Dio ti salvi, o Maria, piena di grazia » (Vangelo di Luca 1, 28).
I.
Considera, che quantunque l’Arcangelo Gabriello, quando salutò la Sacratissima Vergine con dir « Ave — Dio ti salvi » (che fu una voce auguratrice di grandezza, e annunziatrice di giubilo), non espresse incontanente il nome di Lei, come ha poi costumato di far la Chiesa; lo presuppone nel dirla piena di grazia : Gratia piena. Perciocchè, se Maria fu piena di grazia, perchè mai fu? Fu per la somma congiunzione ch’ell’ebbe con quell’Oceano, da cui la grazia deriva, fino ad averlo in sua balia come suddito. A dunque se Maria fu piena di grazia, fu perchè era appunto Maria, che secondo la principale etimologia di sì degno nome, vuol dir padrona del mare: Domina maris. Nota però come nel suo favellare non inserì l’Arcangelo tempo alcuno; e così non disse: « Ave, quae fuisti gratia piena — Dio salvi te, che fosti piena di grazia »; « Ave, quae es — che sei »; « Ave, quae eris — che sarai »; ma disse assolutamente: « Ave, gratia piena — Dio ti salvi, o piena di grazia », per così meglio comprendere tutti i tempi. Ond’è, che di tre pienezze di grazia intese egli senza alcun dubbio di favellare. Di quella che avea la Vergine ricevuta per lo passato, di quella che ricevea di presente, e di quella che se le riserbava ancora in futuro. Che se tu vuoi saper quali sieno queste pienezze, sono quelle medesime, ch’hanno poi tutti in Lei parimente riconosciute i sagri Dottori. Pienezza di sufficienza, pienezza di soprabbondanza, e pienezza di sopreccedenza. La prima rendè la Vergine piena in sè. La seconda rendè la Vergine piena in sè, e piena per altri. La terza rendè la Vergine piena in sè, piena per altri, e piena su tutti gli altri, anche uniti insieme. Ammiri sì gran pienezze? Ma ti cesserà tosto ancora la maraviglia, se ti rammemori in tempo, eh’ ella è Maria, cioè dire: « Domina Maris —Padrona del Mare ». Ha l’Oceano in potere: Ipsius est Mare, et ipse fecit illud. Qual maraviglia è però s’ella sia sì ricca? E’ come una città padrona del mare, che presto supera l’altre, che non son tali: « Numquid melior es Alexandria populorum, cujus divitiae mare? —Se’ tu forse migliore della popolosa Alessandria, il tesoro della quale è il mare? » (Naum 3, 8). Di una cosa bensì tu devi ammirarti; ed è, ch’essendo tu sì mendico per te medesimo, non ponga in questa Città la tua stanza ferma.
II.
Considera la prima pienezza di sufficienza, ch’è quella la qual cominciò nella Vergine dal primo istante della sua Concezione: che però non disse a lei l’Angelo, « repleta gratia — riempiuta di grazia », ma « piena — piena », per non dar ombra che ne fosse mai stata vuota un sol momento. Questa rendè la Vergine piena in sè: e così fece, che primieramente ella fosse piena di grazia quanto a tutte le parti di se medesima, ch’è la pienezza che dicono del subbietto. Piena nell’ intelletto, piena nell’ affetto, piena negli appetiti, piena ne’ sensi, e piena in tutte le porzioni dell’anima, che sempre furono perfettissimamente soggette a Dio. II. Fece che fosse piena quanto alla rimozion de’ contrari ripugnanti alla grazia, che in lei non ebbero luogo, perchè ella sola fra tutti i Santi non ebbe mai minima sorta di macchia, non intorbidazione di mente, non ignoranza, non imprudenza, non ripugnanza ad alcuna sorta di bene, non surrezion di fantasmi, non suggestione di fomite, non altro che la ritardasse mai dal volare alla santità. E così avvenne, che senza tali contrari fosse più capace di grazia. III. Fece che fosse piena ancor quanto agli atti, operati sempre da lei con pienezza di virtù, di vigore, e di perfetta corrispondenza ai gran lumi da Dio donatile. IV. Fece che fosse piena quanto a tutte le specie di grazia, le quali perfezionano l’uomo in sè, che sono quelle di cui fin da principi() si trovò ricca. E tali sono la grazia gratificante : cioè quella grazia, per cui antecedentemente Iddio si compiacque nell’anima della Vergine, più che in quella di qualunque altra pura creatura: la grazia abituale, ch’è quella che ci santifica; la grazia attuale, ch’è quella che ci sostiene; le Virtù infuse, sì teologiche, sì morali, che nella Vergine non furono divise come negli altri Santi, tra cui chi si segnalò nella Fede, chi nell’ Umiltà, chi nell’Ubbidienza, e chi in altra tale di esse; ma furono unite insieme: e finalmente i Doni dello Spirito Santo, che son quegli abiti che ci fanno operare con modo eroico; i lor frutti, che sono le opere dilettevoli, che da essi procedono; le loro Beatitudini, che sono le opere dilettevoli in sommo. V. Fece che fosse piena rispettivamente all’ uffizio, cioè piena di quella propria sorta di grazia, che conveniva a chi destinavasi ad essere Madre di Dio; e conseguentemente « Domina Maris — Padrona del Mare », come ti dimostra il suo nome : ch’è una sorta di grazia, la quale non solo accoglie tutte le grazie annoverate di sopra, ma le trasporta ad un ordine superiore a quanto mai possa fingersi il pensier nostro : avendo la dignità di Madre di Dio una specie di infinità che le dà, come dicono, affinità con l’istesso Dio. Questa fu la pienezza di sufficienza, la qual ebbe in sè fin da principio la Vergine. Ma ciò non toglie che sempre più non l’andass’ella di giorno in giorno crescendo, ed aumentando; atteso che sempre fu vera viatrice, ma non mai stanca. Contuttociò si dice ella piena di grazia, gratia piena; perchè questa voce piena, in un vaso ordinario, come sarebbe una catinella, una conca, dinota termine; in un vaso vastissimo, qual è un lago ch’è quasi emulo al Mare, non lo dinota. Tu a questa pienezza di sufficienza hai da godere in estremo, perciocchè non può essere, che chi è tanto piena in sè, non versi volentieri le sue ricchezze sopra degli altri: così fa la nutrice ch’ha abbondanza di latte: va da sè cercando Bambino che brami cibo : « Transite ad me, omnes, qui concupiscitis me, et a generationibus meis implemini, cioè ab uberibus meis. — Venite a me, voi tutti, voi che siete presi dall’amore di me, e saziatevi de’ miei frutti, cioè del mio seno » (Ecclesiastico o Siracide 24, 26).
III.
Considera la seconda pienezza, detta di soprabbondanza, ch’è quella la qual cominciò nella Vergine, dacchè ella concepì nelle sue purissime viscere il Verbo Eterno, e la rendette soprabbondante in sè, perchè tutta quella pienezza di sufficienza, che fino allora la Vergine avea ritenuta dentro il letto dell’anima, le ridondò, quasi già rotti gli argini, ancor nel corpo, il quale fu fatto degno di divenire abitacolo dell’Altissimo, anzi di somministrargli del suo quella prima materia, di cui l’Altissimo abbisognò per vestirsi di umana carne, e dipoi gli alimenti, e gli accrescimenti per tutta l’età infantile. Soprabbondante a pro d’altri, non solamente perchè in quel punto entrò la Vergine in possesso di tutte le grazie gratis date, che la perfezionarono a ben di altrui, come sono i doni di lingue, di profezia, di prodigi, di santità, ed altri tali, che senza dubbio in lei furono tutti uniti in grado eminente, benchè poco se ne valesse: ma molto più perchè in quel punto medesimo ella pigliò un altro possesso, assai più elevato, di Mediatrice tra l’uomo e Dio, in virtù di cui ha poi ella riportati quei titoli sublimissimi, ch’ora gode, di Ristoratrice dei nostri mali, di Riparatrice del nostro Mondo, di Dispensatrice immediata di que’ tesori, che in noi discendono dalle mani divine; mercecchè in quel punto ella diventò veramente, quale il suo splendido nome ce lo dichiara, diventò Maria, diventò « Domina Maris — Padrona del Mare » ; onde potea già dispor d’esso, con quella facilità, e con quella fiducia, con cui una Regina Madre dispone, quand’ella è cara, del Re suo Signor sì, ma ancor suo Figliuolo. Tu, se alla pienezza di sufficienza godesti per la speranza di venire beneficato da Maria Vergine, a questa di soprabbondanza hai da giubilare per la certezza; giacchè quivi fu dov’ebbe per uffizio il beneficare.
IV.
Considera la terza pienezza di sopreccedenza, che rendè la Vergine, non solo piena in sè, e piena per altri, ma piena in modo, che sopravanzò tutti quanti mai sono i beati Spiriti uniti insieme, e quanti saranno. Questa cominciò in Lei almeno verso l’ultimo di sua vita : ma è verisimile, che cominciasse anche innanzi. Perchè convengono tutti, che al primo istante della sua santificazione ella ricevesse in dono da Dio grazia maggiore di quella che si trovasse nel prinio Serafino del Paradiso : ch’è una grazia indicibilissima. A questa grazia ella corrispose subito in atto, come dotata di tutta quella pienezza di sufficienza, che si è descritta di sopra. E così operando con tutta la virtù e con tutto il vigore, meritò almeno (giusta la dottrina già volgatissima fra teologi) meritò dico l’aumento di tanta grazia, quanta era quella che l’era stata cortesemente donata : e così tosto raddoppiò il capitale. Dipoi non tenendo mai morto un tal capitale (come vogliono alcuni) neppure in sonno, venne coi nuovi frutti, che avvalorata dall’aiuto Divino gli facea rendere, a moltiplicarlo per settantadue anni non solo ad ogni ora, ma quasi ad ogni minuto, ad ogni momento, di tal maniera, che non può mai la nostra mente comprendere i gran tesori ch’ella così accumulossi. Perchè se per qualunque atto, che ella andava operando, diveniva ogni volta il doppio più ricca di quello ch’ella era prima, figurati, che ricchezza fu mai la sua verso l’ultimo de’ suoi giorni. Che se di più a questa grazia, accresciuta quasi premio per via di proporzionata corrispondenza, aggiungi quella che Gesù Cristo dovettele conferire cortesemente a titolo di regalo, in varie occorrenze di straordinaria solennità, come fu nella sua Incarnazione, nel suo Nascimento, nella sua Risurrezione, nella sua Ascensione, ed in altre tali: chi può spiegare l’abisso di un tal moltiplico? Non v’è di certo Aritmetica che l’arrivi. Però alla Vergine ben si adatta assai più la famosa benedizione, che Giacob diede al suo Figliuolo Giuseppe, per l’alto crescere che egli andava facendo : « Filius accrescens Joseph, Filius accrescens. — Figliuolo crescente Giuseppe, Figliuolo crescente » (Genesi 49, 22). « Omnipotens — gli disse egli, — Omnipotens benedicat tibi benedictionibus caeli desuper, benedictionibus abyssi jacentis deorsum, benedictionibus uberum, et vulvae. — L’Onnipotente ti benedica colle benedizioni dell’alto del Cielo, colle benedizioni dell’abisso profondo, colle benedizioni della fecondità » (Genesi 49, 25). Oh quanto meglio si avvera ciò nella Vergine! Eccola benedetta « benedictionibus coeli desuper —colla benedizione dell’alto del cielo », ch’è la pienezza di sufficienza versatale in sen da Dio sin dal primo istante, che la santificò nel ventre materno. Eccola benedetta « benedictionibus abyssi — colle benedizioni dell’abisso », ch’è la pienezza di sopreccedenza, la qual al confronto di tutti i Beati Spiriti la rende similissima ad un abisso, e ad un abisso profondo: jacentis deorsum, tanto ella ha in sè più ricchezze, che tutti i loro alti erari congiunti insieme. Ma queste due pienezze donde le vennero? Da ciò che il Patriarca avvedutamente ripose in ultimo luogo, per serbar l’ordine di dignità, non di tempo ; « benedictionibus uberum, et vulve — colle benedizioni della fecondità »; dall’esser Madre di Dio, dall’averlo portato nelle sue viscere, partorito, allattato, allevato, e finalmente dall’aver come Madre esercitato sopra di lui quel dominio, che ci discuopre il suo nome augustissimo di Maria, mentre fa saperci, che come tale fu Padrona del mare, Domina Maris: e di qual mare? dell’alto? no, dell’altissimo : di quello, da cui derivano tutti i fiumi, che ci fan ricchi.