LUGLIO
XVI. GIORNO
Come la virtù della pietà sproni l’uomo ad amar Dio.
« Exerce te ipsum ad pietatem: nam corporalis exercitatio ad modicum utilis est, pietas autem ad omnia utilis est; promissionem habens vitae, quae nunc est, et futurae. — Esercita te stesso alla pietà: poichè è utile a poco l’esercitazion corporale, ma la pietà è utile a tutto; giacchè ha seco le promesse della vita presente, e futura » (Prima lettera a Timoteo 4, 7).
I.
Considera, che la pietà è una virtù, la quale c’inclina ad amare il nostro principio: e però ella è stata introdotta a significare l’amore a’ progenitori, l’amore alla patria. Ma perchè il nostro principio altissimo è Dio, però la prima pietà è quella, che riguarda Dio con quella propensione speziale, che deve aversi a chi sì cortesemente ci ha dato l’essere. Ecco pertanto ciò che in sostanza intende qui l’Apostolo sotto questo vocabolo di pietà. Intende il culto di Dio, ma non un culto generico; perciocchè questo vien sotto nome di Religione: intende un culto più divoto, più affettuoso, più ardente, qual sogliono dimostrare quelle persone, che da noi sono dette pie. A questa pietà sono promessi premi grandissimi, non solo nella vita futura, che già si sa, ma ancora nella presente. Perchè siccome là nel Decalogo a quella minor pietà, che riguarda gli uomini, fu da Dio promesso premio speziale anche in questa vita : « Honora Patrem tuum et Matrem tuam, ut sis longaevus super terram — Onora il tuo Padre e la tua Madre, affincliè ,tu viva lungamente sulla terra » ; così nel Vangelo a quella maggior pietà, che riguarda Dio, fu assai più promesso da Cristo: « Quaerite primum Regnum Dei, et justitiam ejus, et haec omnia adjicientur vobis — Cercate in primo luogo il regno di Dio, e la sua giustizia, ed avrete di sopra più tutte queste cose ». Questa è quella virtù, la quale dal Padre ha la benedizione dell’una, e dell’altra mano, della destra, e della sinistra, « de rore Coeli, et de pinguedine terra — la rugiada del cielo, e la pinguedine della terra » (Genesi 27, 28), tanto gli è fra tutte gradita! E però non pare a te, che l’Apostolo con ragione esorti sì vivamente ad esercitare una tal virtù chi già gli era sì caro, come Timoteo? Tu come ti senti inclinato alle opere di pietà? Le fai con propensione, o con ripugnanza? Se con ripugnanza, segno è, che ancor non possiedi virtù sì bella, perchè l’indizio, da cui si conosce l’abito, è la propensione a’ suoi atti.
II.
Considera, che affinchè tu ti disponga a conseguire un tal abito, dice ora dal Cielo l’Apostolo ancora a te : Exerce te ipsum ad pietatem, perchè così finalmente si forma l’abito, con l’esercizio dei suoi atti iterati. Tutta la scienza astratta non basta a renderti pio, se non al più in decorso di lungo tempo : ciò che ti rende speditamente, è la pratica. Nota però, che qui non dice l’Apostolo : « Exerce te ipsum in pietate — Esercita te stesso nella pietà », ma « ad pietatem — alla pietà », perchè qualora ti manchi alcuna occasione urgente di esercitarti in opere di pietà, hai da procedere come fanno coloro, che, quando non han battaglia, in cui cimentar le loro forze, le vanno a cimentare in alcuna giostra, solo per tenerle addestrate : che però il vocabolo greco di cui qui si valse l’Apostolo, tanto suona, quanto dire « exerce te athletice ad pietatem — qual atleta ti esercita alla pietà ». Nella palestra, ch’è il campo, dove gli atleti si addestrano a duellare, a correre, a cavalcare, a lottare, non si fanno queste opere per urgenza di alcuna sorta, ma per un puro esercizio : tanto il mondo stima, che giovi il loro uso pronto. E così vuole l’Apostolo, che si facciano l’opere di pietà; si facciano se non altro per esercizio : Exerce te ipsum ad pietatem: perciocchè chi può dir quanto sia giovevole, non avere nelle occasioni di necessità, a durare in tali opere stento alcuno, ma saperle già praticare speditamente? Senza che presso il mondo non si guadagna egualmente nel campo della palestra, e nel campo della battaglia, ch’è il campo vero. In quello della palestra si tratta di guadagnar premi leggieri, un pallio, una collana, un cinto, un anello, i quali servono di semplice incitamento a bene addestrarsi : laddove in quello della battaglia trattasi fin talvolta di guadagnare un intero regno. Ma presso Dio non così. Tanto guadagna chi combatte nella palestra per prova, quanto chi in battaglia per debito. E però chi sarà, che non attenda volentieri a far opere di pietà, mentr’ella, in qualunque caso si eserciti, frutta tanto?
III.
Considera, che per alludere appunto a ciò ch’io ti dico, aggiugne l’Apostolo : « Nam corporalis exercitatio ad modicum utilis est; pietas autem ad omnia. — Poichè l’esercitazion corporale è utile a poco; la pietà è utile a tutto ». Paragona egli l’esercizio della pietà con l’esercizio del corpo, che fan gli atleti nelle loro palestre, ch’erano allor nella Grecia di sommo grido; e però appunto si vale de’ lor vocaboli. Dico de’ ‘or vocaboli, perciocchè questo di esercitazion corporale, che qui tu odi, exercitatio corporaus, dee corrispondere a quel che in greco egli usò, clic fu « gymnastica lucta — ginnastica lotta ». posto ciò, a dimostrare quanto più volentieri debba un Cristiano addestrarsi alla pietà, di quello che gli atleti si addestrino alle loro prodezze, dice che gli. esercizi degli atleti, qualunque sieno, giovano a poco, ad modicum: laddove la pietà giova a tutto, ad omnia. Gli esercizi degli atleti, oltre la perizia, che recano ne’ cimenti, partoriscono al più due frutti. Uno è la sanità, la quale nel frequente agitar del corpo si assoda di tal maniera, clic rende la vita lunga, e l’altro è l’usato premio. Ma che ha da fare tuttociò con quei frutti, che i eca la pietà, a chi l’esercita virilmente? « Corporalis exercitatio ad modicum utilis est — L’esercitazion corporale è utile a poco », perchè può allungare la vita temporale, ma non può dare l’eterna, e può donare premi terreni, ma non può dare i celesti. Laddove la pietà giova a tutto: Pietas autem ad omnia utílis est: perchè non solo allunga la vita temporale, ma dà l’eterna, nè solamente dona premi terreni, ma dà i celesti : ch’è ciò che spiegasi appresso in quelle parole: Promissionem habens viti quae nunc est, et futurae. Che la pietà rechi seco la vita eterna, e i premi celesti, che sono le promesse spettanti alla vita futura, non ve n’ha dubbio. Più potresti dubitar s’ella rechi la vita temporale, e i premi terreni, che sono le promesse spettanti alla vita presente. Ma questo ancora è certissimo. Perchè quanto alla vita dice il Savio, che « Timor Domini apponit dies — Il timor del Signore allunga la vita »; e la ragione il conferma; perciocchè i giusti vivon lontani da infiniti disordini, che scorciano la vita assai più de’ patimenti tollerati per Dio; e, quanto a’ premi terreni, certo è che la pietà generalmente è più prosperata del vizio; se non che nella pietà la prosperità non si osserva, come cosa ch’è conveniente; nel vizio si osserva subito, e si detesta, come cosa, ch’è mostruosa. Ma questo istesso dimostra, ch’ella è più rara, mentre ha sembiante di mostro. Nel resto talor avviene, che Iddio scorci la vita temporale ad un giusto, e che gli nieghi terrene prosperità: ma non però manca in tal caso alle sue promesse, perchè se niega un benefizio minore, lo ricompensa ogni volta con un maggiore. Se scorcia la vita temporale, il compensa con mandare il giusto più presto a goder l’eterna, ch’è sì più bella; e se niega terrene prosperità, il compensa con le consolazioni spirituali, che frattanto infonde nell’anima, col godimento del cuore, col gaudio della coscienza, che sono il centuplo molto più segnalato di quanto Iddio doni in terra a chi gli è fedele. Oh come dunque è vero, che « corporalis exercitatio ad modicum utilis est; pietas autem ad omnia — l’esercitazion corporale è utile a poco; ma la pietà a tutto »! E pure, chi il crederebbe? E pur tanti nella palestra del mondo si esercitano con fatiche smisuratissime, nè vogliono esercitarsi in quella di Dio ! Questa è la sciocchezza universale degli uomini. Ma che sarebbe di te, se questa fosse parimente la tua? Fatichi tanto per servizio del mondo, ch’è quanto dire « ut corruptibilem coronam accipias — onde ricevere una corruttibile corona ». E perchè non fai dunque assai più per amor di Dio, che ti promette una corona incorrotta?
IV.
Considera, che molti per esercitazion corporale hanno voluto qui intendere la penitenza, che noi diciamo di corpo : e così poco meno che non si sono di questo luogo valuti a discreditarla. Ma se si crede a S. Giovanni Grisostomo, che fu sì fedele interprete dell’Apostolo, erra affatto chi dà tale esposizione: Omnino errat; e così appresso han pur mostrato altri esimii Commentatori. I. Perchè la penitenza corporale fatta per Dio è verissima opera di pietà, comunissima a tutti i Santi, e conseguentemente non può contrapporsi ad essa, come esercizio da lei diverso : « Corporalis exercitatio ad modicum utilis est; pietas autem ad omnia. — L’esercitazion corporale è utile a poco; ma la pietà a tutto ». II. Perchè la penitenza non è esercizio di corpo, exercitatio corporalis; ma è di spirito, exercitatio spiritualis; e così vedesi chiaro, che lo spirito è quello, il qual con tale esercizio acquista vigore; laddove il corpo piuttosto lo viene a perdere. III. Perchè non è vero, che la penitenza non giovi se non « ad modicum — a poco ». Giova, se non altro, a sottomettere la ribellione della carne, e per conseguente è vero che non contiene tutto il bene della santità, perchè è preambolo ad essa, ma è utile ad ottenerlo : Ad omnia utilis est. IV. Perchè ancor’ella ha le sue promesse, che spettano sì alla vita presente, sì alla futura, come tutte le altre opere di pietà. V. Finalmente perché non ritrovasi che l’Apostolo abbia dissuasa mai punto la penitenza corporale, piuttosto l’ha persuasa, fin con proporre il suo medesimo esempio : « Castigo corpus meum — Castigo il mio corpo ». E se all’istesso Timoteo ordinò nel seguente capo di questa lettera, che alquanto la rallentasse con usar vino, parlò di modo, che poco può recar di conforto a color che lo amano : perchè nella quantità glie lo limitò con dir « modico — poco » : e nella cagione glie lo limitò con dire « propter frequentes infirmitates tuas — per le tue frequenti infermità ». Sicchè quando fosser cessate tali infermità, ben si scorge, che non gli avrebbe negato di tralasciarlo. Non può l’Apostolo dunque per esercitazion corporale avere inteso giammai di significare la penitenza, se non forse la penitenza di quelli, i quali la facciano senz’alcun sentimento di divozione, perchè in tal caso ella non è più che una pura opera materiale; e perciò non è maraviglia s’ella sia parimente di picciol pregio. Hai qui tu dunque a notare per tuo profitto, che nelle opere penitenziali che fai, sei necessitato a congiugnere del continuo gli atti interiori di compunzione, di carità, di umiltà, che sono lor proprii, affin che così sieno anche opere di pietà. Altrimenti è certo, che tu, per quanto venissi a maltrattare il tuo corpo con le percosse, co’ pungoli, co’ cilizi, non faresti altro più, ch’esercitarti, come fanno gli atleti nella palestra, con opere materiali. E però allora sì che verresti ad avverar l’interpretazion di coloro, i quali intendendo per esercitazion corporale la penitenza, dicono che « exercitatio corporalis ad modicum utilis est — è utile a poco l’esercitazion corporale », perchè in tal caso non tanto faresti opere da penitente, quanto, se vogliam così dire, da gladiatore.