MAGGIO
XV. GIORNO
Dei frutti dello Spirito Santo.
« Fructus autem Spiritus sunt Charitas, Gaudium, Pax, Patientia, Benignitas, Bonitas, Longanimitas, Mansuetudo, Fides, Modestia, Continentia, Castitas. — I frutti poi dello Spirito sono la Carità, il Gaudio, la Pace, la Pazienza, la Benignità, la Bontà, la Longanimità, la Mansuetudine, la Fedeltà, la Modestia, la Continenza, la Castità » (Lettera ai Galati 5, 22).
I.
Considera, che i frutti han due proprietà. La prima, che sono l’ultimo, dove arrivi la potenza dell’ albero : Ultimum potentiae: perchè l’albero getta rami, getta fronde, getta fiori : quando ha prodotto i frutti, non può far più: e però essi son la gloria dell’albero. La seconda, che sono dolci, dilettevoli, deliziosi, sicché il palato ne gode indicibilmente. Or ecco per qual ragione le opere dello Spirito, cioè le virtù Cristiane, vengono tanto bene chiamate frutti. Primo, perché sono esse quell’ultimo di potenza, a cui giunga l’uomo. Cavalcare eccellentemente, schermire, saltare, dipingere, che cos’è? Tutto è niente, perchè son opere, che procedono dall’uomo secondo la potenza sua naturale. Quello, che ci dimostra, quanto egli possa, son l’opere di virtù, che da lui procedono secondo la sua potenza, non naturale, ma soprannaturale, e però queste sono ancora la sua gloria. Di più sono soavissime, perchè chi lo prova sa quanto arrechino di dolcezza, di gradimento, di giubilo. Chi non lo prova, veramente non lo sa. Che però disse la Sposa : « Fructus ejus dulcis gutturi meo. — I suoi frutti dolci al mio palato » (Cantico dei Cantici 2, 3). Perchè forse all’altrui palato non erano sempre tali. Solo v’ è quesfa differenza, che gli altri frutti poco giovano all’albero, che li produce; imperocchè gli produce, e poi non gli gode : ma questi sono di godimento a quell’uomo, che gli ha prodotti, più che ad altrui. Ora di questi frutti conviene, che t’invaghisca, e se ti alletta l’udire, che sono sì dolci, non ti spaventi l’udire, che son l’ultimo de’ tuoi sforzi : perchè a produrli non hai da esser solo tu colla tua fiacchezza, ti ha da avvalorare colla sua grazia lo Spirito del Signore. Anzi esso è quegli, che più di te farà il tutto; e però vedi, che vengono attribuiti più a lui che a te, mentre sono detti frutti dello Spirito, e non frutti dell’uomo spirituale: « Fructus autem Spiritus sunt, etc. — I frutti poi dello Spirito sono, ecc. ».
II.
Considera questi frutti in particolare per più invaghirtene. Questi sono dodici, e vedrai con quanto bell’ordine sono addotti. Primieramente tu già devi presupporre, che le virtù sono quelle, le quali ti perfezionano. Alcune ti perfezionano nel di dentro, ed altre ti perfezionano nel di fuori. A cominciar da quello che è dentro te (cioè da te stesso), qual è la prima virtù, che ti perfeziona? la carità: nerchè siccome in tutte le cose naturali il primo moto di esse, la prima inclinazione, il primo impeto è andare al centro; così nelle soprannaturali il primo moto del cuore umano è l’andare a Dio, che altro non è, che l’amare il suo vero bene; e però in primo luogo si dice « Charitas — Carità ». « Super omnia Charitatem habete. — Sopra tutto abbiate Carità ». Questa poi tira seco le altre virtù, e così ancora « est vinculum perfectionis — è il vincolo della perfezione », perciocchè tirale tutte. Ma quali saranno quelle, ch’ella tirerà prima seco, come più proprie? il gaudio, e la pace. Perchè chi ama Dio, ha quello, che ama. Se tu ami il denaro, se tu ami i piaceri, se tu ami i parenti, non hai subito ciò, che ami. Giacobbe amava Rachele infinitamente, e tuttavia quanto stentò per averla in isposa? Ma se ami Dio, tu l’hai subito : è tutto tuo : « Qui manet in charitate, in Deo manet, et Deus in eo. — Chi sta nella carità, sta in Dio, e Dio in lui » (Prima lettera di Giovanni 4, 16). E però subito in te risulta anche il gaudio, ch’ è il godi mento di posseder ciò che si ama. E pianto a ciò dice « Gaudium — Gaudio » ; « Gaudete in Domino semper, iterum dico gaudete. — Sempre godete nel Signore, vel torno a dire, godete » (Lettera ai Filippesi 4, 4). Ma questo gaudio non ha da esser fallace, frivolo, falso, qual è quello del mondo, che non ti quieta. Bisogna che sia perfetto, e però ancora l’Apostolo aggiunge Pax; perchè allora l’anima ha pace, quando il bene, ch’ ella possiede, ha queste due condizioni, d’esser sommo, e d’esser sicuro. Ora queste due cose ha l’anima amando Dio; perchè, e possiede un ben sommo, cioè un ben bastevolissimo a far che « gaudium sit plenum — il gaudio sia compiuto » (Vangelo di Giovanni 16, 24); e possiede un bene sicuro, perchè nessuno, s’ella non vuole, glielo potrà giammai togliere: gaudium vestrum nemo tollet a vobis (Vangelo di Giovanni 16, 22). E però l’anima, pensando a ciò, dice lieta : « Facta sum coram eo, quasi pacem reperiens. — Dinanzi a lui son divenuta come quella che trova pace » (Cantico dei Cantici 8, 10). Sicchè il gaudio dinota la fruizione della carità, la pace, la perfezione. Vero è, che come in terra non ci è carità perfetta, così nemmen ci può essere intera pace : e perchè? perché l’anima sempre può dubitare di non lasciarsi dagli avversari spogliare del ben, che gode. Sono tante le turbolenze, tante le tentazioni, tanti i contrasti, ch’ella può temer giustamente di non arrendersi. E però affin di resistere a tanti assalti, succede la pazienza, Patientia, che è quella virtù, la qual fa, che si sopporti ogni avversità senza cedere. Eccoti però qui l’opera perfetta; perchè la pazienza finisce in te di assicurare il possesso del tuo Signore; e così con queste virtù resti abbastanza interiormente ordinato, sì intorno ai beni, sì intorno ai mali: « Per arma justitiae a dextris, et a sinistris. — Merce l’armi della giustizia a destra, e a sinistra » (Seconda lettera ai Corinzi 6, 7). Perchè le tre prime ti perfezionano intorno a ciò, che godi, e la pazienza intorno a ciò, che sopporti : « Patientia autem opus perfectum habet. — La pazienza fa che l’ opera sia perfetta » (Lettera di Giacomo 1, 4).
III.
Considera, che dopo quelle virtù, che ti perfezionano nel di dentro dell’Anima, hanno a succedere quelle, che ti perfezionano nel di fuori. Ma quali sono le cose di fuori a te? Sono di tre sorta, al cime sopra di te, altre intorno a te, ed altre sotto di te. Sopra di te è Dio; intorno a te il prossimo; sotto di te è il tuo corpo, i tuoi sensi, la tua sensualità: Subter te erit appetitus tuus. Sopra di te dunque è Dio; ma questi è fuor di te di maniera, ch’egualmente è dentro ancora di te; e però essendosene ragionato fin qui, come cosa di dentro, soverchio è ragionarne, come di cosa, che sia di fuori. Resta ciò, che è d’ intorno, e che è di sotto. In quanto al prossimo, il quale è intorno a te. in prima ti perfeziona la Benignità: perchè bisogna in prima avere un tratto piacevole, cortese, civile, ed alieno da ogni rozzezza : « Estote invicem benigni. — Siate benigni a vicenda » (Lettera agli Efesini 4, 32). Valendo ciò grandemente in un virtuoso per affezionar chi pratica alla virtù; e però si dice « Benignitas —la Benignità ». Ma finalmente, che vagliono tutti i tratti amorevoli senza i fatti? Convien di vantaggio al prossimo far del bene, soccorrerlo, sollevarlo, giovargli; e però soggiungesi « Bonitas — la Bontà », la qual è quella virtù, che inclina a fare altrui molto giovamento : Bonitas est virtus quae prodest (S. Hier.). E questa è quella virtù, che più di tutte sa far l’uomo simile a Dio, cioè a quello, di cui sta scritto : « Dante te illis colligent, aperiente te manum tuam omnia implebuntur bonitate.— Tu distribuisci alle creature, ed esse raccolgono : tu allarghi la mano, e tutto si ricolma di bene » (Salmo 104, 28). Ma a fare ad altri del bene, due cose l’Uomo ritardano più che Dio. La prima è vedere, che il prossimo non si approfitti del bene, che gli si fa; per esempio, lo scolare non impari, l’ingrato non riconosca, l’infermo non risani, il malvagio non si converta : la seconda è il vedere, che non solo non si approfitti, ma di più ti offende, ti oltraggia, e ti corrisponde con modi ancora ingiuriosi. Ora per armarsi nel primo caso vale la Longanimità: Longanimitas, ch’è quella virtù, che giammai non perdesi d’animo d’ottenere : onde se ne va, come sorella, congiunta colla Misericordia : « Longanimis, et multa miserationis. — Longanime, e di grande misericordia » « Longanimis, et multum misericors. — Longanime, e misericordioso assai » (Salmo 103, 8). E per armarsi nel secondo caso vale la Mansuetudine: Mansuetudo, la qual è quella virtù, che reprime l’ira: « Ego quasi Agnus mansuetus. — Io qual Agnello mansueto » (Geremia 11, 19). Ma tutte queste virtù non ti ordinano neppur anche bastevolmente verso del prossimo, se non ve ne aggiungi anche un’altra, la quale è la Fedeltà, perchè questa ti accredita, e ti assicura, e fa, che niuno sospetti in te di doppiezza; e questa è qui detta Fides: « Vir fidelis multum laudabitur. —L’uomo leale sarà lodato assai » (Proverbio 28, 20). Rimane ora quello, ch’è sotto te, ch’è il tuo corpo, i tuoi sensi, la tua sensualità; e quanto a ciò prima si annovera la Modestia: Modestia, la quale regola tutti i tuoi moti esteriori; poi la Continenza: Continentia, la quale rattiene i tuoi sensi, il vedere, l’udire, il gustare, e così pur gli altri, da soverchi diletti, quantunque leciti; e poi la Castità: Castitas, la quale reprime la tua sensualità dai diletti, che son vietati: « Sub te erit appetitus tuus. — Sotto di te sarà il tuo appetito » tanto il sensitivo, quanto il sensuale, « et tu dominaberis illius — e tu gli comanderai » (Genesi 4, 7). Or mira un poco, che bei frutti son questi: non ti paiono tutti degni, tutti divini? A te ora tocca invaghirtene.
IV.
Considera, che S. Giovanni vide già in Paradiso l’albero della vita, il quale partoriva dodici frutti: Lignum vitae afferens fructus duodecim (Apocalisse di Giovanni 22, 2). E questo albero figuraci l’uomo giusto, il quale mediante la grazia dello Spirito Santo partorisce quei dodici frutti fin qui spiegati. Vero è, che quell’albero ne produceva uno il mese: Per menses singulos producens fructum suum. Tu gli hai da produrre ogni giorno; perchè ogni giorno ti vengono le occasioni di esercitare queste virtù; ma singolarmente te ne puoi proporre uno il mese da segnalarti un poco più specialmente. Nel primo ti proporrai la Carità, con esercitarti in fare atti frequenti di amor di Dio, e particolarmente di aspirazioni, di anditi al sommo bene: « Quis mihi det te fratrem meum sugentem ubera matris meae? — Chi ti darà a me tratel mio succhiante le mammelle della mia madre? » (Cantico dei Cantici 8, 1). Nel secondo ti proporrai il Gaudio, con esercitarti nella presenza Divina per via di affetto, che ti faccia quasi vedere, non che godere il tuo ben presente: « Ecce Deus Salvator meus, fiducialiter ugam, et non timebo. — Ecco Dio mio Salvatore, opererò con fidanza, e non temerò » (Isaia 12, 2). Nel terzo ti proporrai la Pace, con voler mettere tutto il tuo cuore in Dio solo, staccandolo, ad una ad una, da tutte le creature, siccome da quelle che possono perturbarti, ma non quietare: « Quid mihi est in caelo, et a te quid volui saper terram? — Cosa ho io in cielo, e cosa pretendo da te sopra la terra? ». Nel quarto ti proporrai la Pazienza, con superare più costantemente che mai tutte le avversità, sì esterne, come interne, che ti succedono : « Patior, sed non confundor.— Soffro, ma non mi confondo » (Seconda lettera a Timoteo 1, 12). E ciò, che si è detto di queste virtù, che ti perfezionano nel di dentro, farai in quelle che ti perfezionano nel di fuori; e così nel quinto ti proporrai la Benignità, nel sesto la Bontà, nel settimo la Longanimità, nell’ottavo la Mansuetudine, nel nono la Fedeltà, nel decimo la Modestia, nell’undecimo la Continenza, nel duodecimo la Castità; con esercitarti più vivamente del solito in atti proprii di tutte quelle virtù. In capo all’anno, se farai così, mira un poco, che alte radici avrà piantato quest’albero nel cuor tuo! Sempre acquisterai più facilità nel far frutti; e questi frutti te ne prometteranno poi uno molto maggiore, ch’è l’eterna beatitudine. Conciossiachè non devi credere, che le virtù siano solo frutti; sono frutti insieme, e son fiori: « Flores mei fructus honoris, et honestatis. — I fiori miei son frutti di gloria, e di onestà » (Ecclesiastico o Siracide 24, 23). Perchè le nostre opere buone, in quanto sono da noi prodotte, son frutti: in quanto ci dispongono alla beatitudine, sono fiori. Anzi siccome ne’ fiori si scorge quasi un principiamento del frutto, così nelle virtù si scorge quasi un principiamento di quelle felicità, ch’esse ti promettono in Cielo. Però fatica pure in far opere di virtù, perchè alla fine ti accorgerai, quanto è vero, che « bonorum laborum gloriosus est fructus. — Glorioso è il frutto de’ buoni travagli » (Sapienza 3, 15).
V.
Considera, quanto è meglio operar secondo lo spirito, di quello che sia operar secondo la carne. Perchè la carne che frutti ti può mai dare? Nessuno affatto : « Quem fructum habuistis tunc in illis, in quibus nunc erubescitis? — Qual frutto aveste allora da quelle cose, da cui ora avete vergogna? » (Lettera ai Romani 6, 21). Le opere della carne, che sono i vizi, non sono frutti: frutti sono le opere dello spirito, che son le virtù. Prima, perchè se le virtù sono l’ultimo della potenza dell’uomo, i vizi sono l’ultimo della sua gran fiacchezza : né son prodotti secondo la natura di esso, ma fuori della natura, sicchè sono ben suoi germogli, ma sproporzionati, ma spuri, ma adulterini. Secondo, perchè se le virtù sono dolci, i vizi sono per contrario amarissimi. Che però l’Apostolo, quando ebbe da enumerare quei vizi, che si oppongono alle virtù da noi annoverate, li chiamò, « Opera carnis. — Opere della carne » (Lettera ai Galati 5, 19), non « Fructus carnis — Frutti della carne ». Eppure tanta gente si reca a frutto maggiore, operare secondo la carne, che non secondo lo spirito! Confonditi, se sei stato uno di costoro, e proponti di non volere più cavare i tuoi frutti da un orto tale, se pur son frutti, e non piuttosto e debolezze, e dolori.