AGOSTO
XV. GIORNO
L’Assunzion della Vergine.
Fondamento della gloria di maria assunta in cielo.
« Gloriam praecedit humilitas. — L’umiltà precede la gloria » (Proverbio 15, 33).
I.
Considera, quanta sia quella gloria, che in questo dì la Santissima Vergine ricevette, quando fu esaltata sopra tutte le Angeliche Gerarchie, sui Martiri, sui Profeti, sui Patriarchi, su tutti quei Santi Apostoli a Dio sì cari, e fu posta in Cielo a sedere su trono esimio qual Imperatrice sovrana dell’universo. Ora di tutta questa eccelsissima gloria conferita a Maria, val più (chi lo crederebbe?) val più quell’Umiltà, con cui Maria si eragià disposta a ottenerla. Però tu odi qui affermarsi dal Savio, che Gloriam praecedit Humilitas. L’Umiltà precede la Gloria per tre rispetti. La precede per merito, la precede per origine, e la precede per ordine. E su questi tre punti hai da fondar la presente Meditazione, perchè riesca egualmente e a venerazione della Vergine, e ad util tuo.
II.
Considera, come primieramente l’Umiltà precede la Gloria, perchè la precede di merito. Ond’è che se la Vergine avesse da restar priva o della Gloria, che guadagnossi coll’Umiltà, o dell’Umiltà con cui gùadagnossi la Gloria; sicuramente si eleggerebbe piuttosto di restar priva di tutta la Gloria insieme, che priva di un grado minimo di Umiltà. Come dunque sei tu così stolto ne’ tuoi dettami, che all’Umiltà non dubiti di anteporre continuamente l’istessa gloria terrena, che non val nulla, mentre neppur può anteporsele la celeste? Benchè saresti alquanto degno di scusa, se solo in Cielo l’Umiltà si apprezzasse più della Gloria; ma non è vero: si apprezza più ancora in terra. E che sia così: Chi sono al fine gli adorati fra gli uomini? Chi gli ammirati? Color che corsero dietro la gloria a gran passi, secondo gl’incitamenti dell’ambizione? Non già: ma quei, che cercati ancora da essa, la fuggirono a più potere. Un Francesco il Minore, un Francesco il Minimo, un Romualdo, un Arsenio, un Antonio, un Egidio, ed altri lor pari, che fin si andarono ad intanar nelle grotte, per ivi seppellir la notizia del loro nome: questi sono al fin gli esaltati: Humiles exaltati sunt. Va discorrendo, e vedrai quanto ciò sia vero. Adunque segno è, che la Gloria è necessitata anche sulla terra di cedere all’ Umiltà, mentre anche sulla terra è stimato più chi modestamente sposossi con l’Umiltà, che chi rigettatala, fece all’amore tutto dì con la Gloria, qual suo vanissimo drudo. Eccoti dunque qui la prima ragione, per cui si dice, che l’Umiltà precede la Gloria : Gloriam praecedit Humilitas: perchè la precede di merito. E tu la sdegni?
III.
Considera in secondo luogo, come l’Umiltà precede la Gloria, perchè la pre* cede di origine. Se la Vergine fu in questo dì sublimata a tanta eminenza di Gloria, quanta è quella, di cui si è detto, perchè vi fu sublimata? perchè umiliossi. Ond’è, che come già si disse di Cristo, così può dirsi in questo dì di lei pure: « Quod ascendit, quid est, nisi quia et descendit primum in inferiores partes terrae? — Perché ascese, se non perchè prima anche discese nelle parti inferiori della terra? » (Lettera agli Efesini 4, 9). E così è vero, che la sua divozione, la sua ubbidienza, la sua virginità, la sua fede, ed altre virtù sì fatte renderonla cara a Dio : ma più di tutte a ciò valse la sua Umiltà: Tanto che ci affermano i Santi, che con questa ella lo determinò finalmente a vestirsi almeno più presto di umana carne; perchè apparisse, che siccome la superbia d’una donna era stata quella, che lo avea concitato a sì grave sdegno contro il genere umano : così l’Umiltà poi d’una donna pur era quella, ché lo disponeva a placarsi. Quindi è, che la stessa Vergine disse chiaro, che in lei il Signore singolarmente mirata avea l’Umiltà: Respexit humilitatem ancillae suae, non perchè il Signore non rimirasse anche tutte l’altre virtù, che quasi a gara concorrevano a renderla sì perfetta; ma perché in riguardo dell’Umiltà spezialmente l’ aveva assunta all’ altissima dignità di Madre di Dio, ch’è ciò cui sembra, ch’ella volesse anche alludere, benchè con più oscura formola, dove disse : « Dum esset Rex in accubitu suo, nardus mea dedit odorem suum. — Mentre il Re stavasi alla sua mensa, il mio nardo esalò l’odor suo » (Cantico dei Cantici 1, 11). Questo Re « in accubitu suo — alla sua mensa » era il Re della Gloria nel sen del Padre, chi non lo sa? E pur da questo seno medesimo lo potè una fanciulla sì povera trar nel suo; tanta fu la fragranza, ch’esalò al Cielo con il suo balsamo non il Cedro, non il Cipresso, non il Cinamomo, non altra di quelle numerose piante odorifere, nelle quali ella venne simboleggiata; ma il puro Nardo, o vogliam dire, lo Spigo, pianta la più umile appunto, e la più dimessa, di quante furono elette a simboleggiarla. Che se l’Umiltà spezialmente fece alla Vergine conseguir la sua dignità di Madre di Dio, qual maraviglia si è, che le facesse conseguir parimente quell’alta Gloria, che come tale ora godesi in su le stelle, dov’ella da sè sola costituisce un Coro distinto, nel quale supera di moltissimo i Cori, che tutti a parte a parte i Beati costituiscono, e solo cede a quel che costituisce il Re suo Figliuolo? E però ecco perchè in secondo luogo si dice, che l’Umiltà precede la Gloria : Gloriam praecedit Humilitas: perchè la precede come cagione: « Qui humiliatus fuerit, erit in Gloria. — Chi fu umiliato, sarà in Gloria » (Giobbe 22, 29).
IV.
Considera in terzo luogo, come l’Umiltà precede la Gloria; perchè la precede di ordine. Conciossiachè se la Gloria vien data per l’Umiltà, convien che sia prima l’Umiltà e poi la Gloria, e non prima la Gloria, e poi l’Umiltà. E qui rimira attentamente le forme con cui la Vergine prima di giugnere alla sua Gloria, umiliossi; perchè sì bell’esempio a te sia di maggior profitto nell’odierna Meditazione. Si umiliò con la bassa stima, ch’ell’ebbe di se medesima, si umiliò col dispregiarsi, si umiliò con l’amare di essere dispregiata. A questi tre gradi di Umiltà, se ben vi badi, riduconsi tutti gli altri, e però questi a te bastino di presente. Si umiliò dunque la Vergine con la bassa stima, ch’ell’ebbe di se medesima, ch’è il primo grado di Umiltà dianzi detto : « Ero humilis in oculis meis. — Sarò abbietto negli occhi miei » (Secondo libro di Samuele 6, 22). Non perchè non conoscesse benissimo gli alti doni, che avea ricevuti da Dio, ma perchè ben intendeva, che erano doni: e come tali non ascrivevagli a sè, ma a cortesia, ma a bontà, ma a beneficenza del donatore : che però non prima udì per essi lodarsi da Elisabetta, e quasi invidiarsi : « Beata, quae credidisti — Te beata, che hai creduto », che tosto ella replicò : « Beatam me dicent omnes generationes — Beata mi chiameranno tutte le generazioni », non te lo nego; ma perchè ciò? « Quia fecit mihi magna qui potens est — Perchè grandi cose ha fatte a me colui che è potente » ; non « quia magna feci — perchè ho fatto grandi cose ». Dipoi se v’è questa differenza tra gli umili, e tra’ superbi, come notò San Gregorio, che i superbi, qualor hanno in sè niente di riguardevole, tengono sempre fissa in quello la mente, e la divertono da ciò ch’hanno di vile; laddove gli umili fanno appunto l’opposto; non ti figurar, che la Vergine rivolgesse sempre per l’animo tali doni. Oh come più volentieri si fissava ella in pensare alla sua bassezza! tanto che nel punto medesimo, in cui fu eletta alla dignità di Madre di Dio, neppur seppe dimenticarsene; e non pensò, che ella dovea concepire il proprio Signore, e portarlo, e partorirlo, ed averlo soggetto a sè; ma solamente, che dovea ministrargli in carne mortale: « Ecce ancilia Domini — Ecco l’ancella del Signore ». E finalmente come divertiva il pensiero da tali doni, così assai più ne divertiva il discorso. Onde suo proprio fu l’avere a noia le lodi, ch’udiva darsi, fu reprimerle, fu ribatterle, fu, se non potè far altro, il turbarsene gravemente, siccome accaddele, allorchè dall’Arcangelo si sentì celebrar con un titolo non più udito, di persona colma di grazia : Gratia piena. E ciò quanto al primo grado osservato nell’Umiltà, che consiste nel nutrire in sè bassa stima di se medesimo. Quanto al secondo poi, che consiste nel dispregiarsi: « Ludam, et vilior fiam plusquam factus sum — Seguirò a farmi abbietto più di quello che mi son fatto » (Secondo libro di Samuele 6, 22), ciò adempì perfettamente la Vergine in tre maniere. I. Con dissimulare altamente di se medesima tuttociò che potè di grande (che però fu detta già simile a un Orto chiuso : Hortus conclusus; perchè non fe’ mai vaga pompa de’ frutti, che in lei fiorivano) con dissimular la Divina Maternità, con dissimular la saviezza, con dissimular la sapienza, con dissimulare la santità, con dissimular la grazia, che ben anch’ella possedea di far prove miracolose. II. Con soggettarsi a quelle leggi medesime, a cui non era tenuta, quantunque fosse con pregiudizio notabile della propria ripu tazione; come fece assai volte, ma speziolmente quando comparve nel tempio, qual donna immonda, ancor ella a purificarsi dopo il suo parto. III. Con soggettarsi egualmente a quelle persone, ch’erano ancor di tanto inferiori a lei, ad un Giuseppe, ad un Giovanni, anzi a qualunque de’ Discepoli del Signore, fra cui, com’è manifesto, là nel Cenacolo ella sedette bensì, ma in ultimo luogo. E ciò quanto al secondo grado, ch’è posto nel dispregiarsi. Quanto al terzo finalmente, ch’è posto non solo in dispregiarsi, ma in amare di essere dispregiato, ciò fece a maraviglia la Vergine parimente in tre altri modi. Il primo fu, con incontrar volentieri quei vilipendi, che le potevano venire usati a cagion del suo basso stato, come fu quando ributtata da tutti là in Betlemme, non dubitò di andare a ricoverarsi dentro una stalla anche in occorrenza di parto. Il secondo fu incontrar volentieri quegl’improperii, che le potevano venir detti a cagione de’ suoi congiunti, ridotti a stato anche infame; che però quanto fuggì di Gerusalemme, allora che il suo Figliuolo v’entrò trionfante, altrettanto vi corse frettolosissima, allora ch’ei per contrario n’uscì deriso, schiaffeggiato, sferzato, e qual assassino di strada strascinato dal popolo fra due ladri sino al Calvario. Il terzo fu incontrar finalmente volentierissimo ancora i biasimi, che le potevano venir dati a cagione di quei difetti, di cui pur era esentissima : che però con animo grande si espose spesso a riprensioni, a rimproveri; e con somma serenità portò le risposte aspre, che il suo Figliuolo medesimo per occulta disposizione giudicò bene di darle in varie occorrenze, ma soprattutto quand’ei mostrò di non curare per niente le istanze d’essa, benchè tanto regolate : « Quid mini, et tibi est, mulier? —Donna, che ho io a far teco? ». Con questi esercizi dunque di umiliazione, quasi con tanti gradi stabili, e saldi, si fe’ scala la Vergine a quella Gloria, la quale ella oggi possiede nel Paradiso. E però si afferma per ultimo che l’Umiltà precede la Gloria : Gloriam praecedit Humilitas, perchè come la precede qual cagione di essa, così è forza, che la preceda anche d’ordine. Dalla valle si deve salire al monte. Ora se ancora tu vuoi mai giugnere a quella Gloria, che Dio ti tien preparata nel Paradiso, umiliati pure in terra più che tu puoi, perciocchè questa è la regola universale per ciascun uomo, sia chi si vuole, che dal basso deve ire all’alto : «Antequam glorificetur, humiliatur. — Prima di essere glorificato deve umiliarsi » (Proverbio 18, 12), « antequam glorificetur — prima di essere glorificato » nella vita futura, « humiliatur —deve umiliarsi » nella presente. Vuoi tu vedere, se veramente ell’è regola universale, com’io ti ho detto? Per essa passò la Vergine. E perchè dissi la Vergine? Per essa ebbe a passare anche il suo Figliuolo, benchè Divino, di cui però trovi scritto : « De torrente in via bibet, propterea exaltabit caput. — In suo viaggio berrà al torrente (delle umiliazioni) perciò andrà esaltato » (Salmo 110, 7).