MAGGIO
XIV. GIORNO
Il mal uso che fanno gli uomini del dono dell’Intelletto.
« Homo, cum in honore esset, non intellexit; comparatus est jumentis insipientibus, et similis factus est illis. — L’uomo, posto in grado onorevole, nol conobbe; si è paragonato agli stolidi giumenti, ed è divenuto simile ad essi » (Salmo 49, 13).
I.
Considera, come quello, che qui il Salmista principalmente affermò di Adamo, che fu il primo uomo del mondo, egualmente bene intendesi di ogni altro uomo a lui simile nella colpa : « Cum in honore esset, non intellexit. — Posto in grado onorevole, nol conobbe ». Qual è l’onore dell’ uomo? è 1′ intendimento. Questo è ciò, che lo rende simile a Dio, capace de’ doni di grazia, capace de’ doni di gloria, atto a partecipar tutto ciò, che possiede Iddio nella sua sublime natura. E pur quest’uomo medesimo, costituito in un grado così onorevole, nol conobbe: non intellexit; o almeno si portò, come se egli nol conoscesse. Sprezzò quei beni, de’ quali egli era capace, come tutti spirituali; e piuttosto egli volle ad imitazione de’ bruti aderire ai sensibili: « Comparatus est jumentis insipientibus — Si è paragonato agli stolidi giumenti » nel discorrere, e così ancora « similis factus est illis — è divenuto simile ad essi » nell’operare. Questo è il maggior rimprovero, che forse in tutte le sagre Carte ritrovisi fatto all’uomo. Ma chi l’apprezza? Il primo uomo almeno ritenne dopo il peccato la verecondia, perchè se ne vergognò; e in ciò mostrossi dissimile agli animali: ma i suoi figliuoli hanno perduta anche questa: erubescere nescierunt (Geremia 6, 15); e così sono agli animali già simili interamente.
II.
Considera qual fu la ragione, onde l’uomo « cum in honore esset, non intellexit — essendo posto in un grado onorevole, nol conobbe ». Fu questa principalmente, che qui si dice; perchè « in honore erat — era posto in grado onorevole », non « ad honorem pervenerat — era pervenuto a tal grado d’onore ». Si ritrovò collocato senza fatica in onor sì grande; e però tanto meno egli appresene la grandezza: « Cum in honore esset, non intellexit. — Essendo posto in un grado onorevole, nol conobbe ». Se non vi si fosse trovato, ma l’avesse dovuto acquistare a forza e di sudori, e di sangue, qual dubbio c’ è, che n’avrebbe fatto una stima molto maggiore? L’ebbe il fortunato per nulla, e non ne fe’ caso: non intellexit. Questa è la ragione, per la qual tu ancora non apprezzi tanti benefizi sovrani, che Iddio ti fa: perché « es in honore — sei in onore », non « adipisceris — l’acquisti ». Ma questa ragion medesima non ti condanna tanto più per ingrato?
III.
Considera come in prima si dice, che « homo comparatus est jumentis insipientibus — l’uomo si è paragonato agli stolidi giumenti » perchè il misero non capì, non conobbe, ma discorrendo piuttosto a modo di bruto, assecondò non 1′ intelletto, ma i sensi. Quindi è, che nemmen si dice, che « comparatus est — si è paragonato » a qualunque sorta di bruti assolutamente; ma « jumentis — ai giumenti », e « jumentis — giumenti » anche « insipientibus —stolidi », perchè tra bruti ve ne sono molti, che mostrano qualche sorta di mente più che brutale, come fan gli Alcioni, come fan l’Aquile. Ma tra i giumenti, qual è che non sia sopraffatto da stoltezza? Eppure l’uomo non fu contento d’imitare ogni genere di giumenti nel suo discorso; s’abbassò ad imitare i più scimuniti : Comparatus est jumentis insipientibus. E che fai tu, quando giudichi, che sia giusto di preferire il ben temporale all’eterno, solo perchè quello è presente, e questo è futuro? Fai altro in verità, che discorrere da giumento sì mentecatto?
IV.
Considera, che conformandosi l’uomo nell’intelletto ai giumenti vili, non è da maravigliarsi, se loro conformossi ancora nella volontà; e però si dice appresso, che « similis factus est illis — è divenutosimile ad essi »; perchè nulla più gli manca a rassomigliarli. Dice « factus — divenuto », non dice « natus — nato », perchè se l’uomo è già simile agli animali, non è per nascimento, è per elezione; e così riesce anche tanto peggior di loro, quanto che non è loro simile, ma vuol essere, calando a terra per dispetto quel volto, ch’era stato formato a mirare il Cielo : « Oculos suos statuerunt declinare in terram. — Stabilirono di tenere gli occhi loro rivolti a terra » (Salmo 17, 11). In che però consiste principalmente una similitudine sì obbrobriosa, che l’uomo ha con gli animali? Consiste in assecondare ogni più scorretta passione, come fanno essi senza risparmio, non pensando più quasi ad altro, che a sfogar l’irascibile, che a sfogar la concupiscibile. Però tu vedi alcuni, furiosi coane Serpenti, risentirsi di subito ad ogni oltraggio : Furor illis secundum similítudinem serpentis (Salmo 58, 5). Altri arditi come leoni, altri avidi come lupi, altri sordidi come porci; e così va discorrendo per tutti gli altri, che nelle Scritture si contano senza numero. E non è un vero spettacolo di pietà, veder tanti uomini, che del continuo procedono come bruti? Anzi oh quanto procedono ancora peggio ! perchè tra i bruti, qual è soggetto ad un vizio, quale ad un altro. Il leone non fa da orso; e l’orso non fa da leone, e così nel resto. Ma l’Uomo spesso avvien, che in se solo abbraccili tutti : « Ursus insidians factus est mihi; Leo in absconditis. — Egli è divenuto per me qual orso che tende insidie; qual leone che sta in agguato » (Lamentazioni 3, 10).
V.
Considera, che quanto fin qui si è detto, può convenir a più d’uno ancor di coloro, i quali sono esaltati alle dignità : « Cum in honore esset, non intellexit — Essendo posto in grado onorevole, nol conobbe » : perchè dove prima egli era cortese, mansueto, modesto, di vita angelica; dipoi si muta di modo, che « comparatus est jumentis insipientibus, et similis factus est illis — si è paragonato agli stolidi giumenti, ed è divenuto simile ad essi ». Tal è la magia dell’onore : dementa gli animi, sicchè appena più si discernono per umani. E qual è quella verga, che gli trasmuta in sì brutta forma? Sopra ogni altra è l’adulazione : « Laudatur peccator in desideriis animae suae. — Lode riscuote il peccatore, seguendo i desideri del suo cuore » (Salmo 10, 3). E così egli a poco a poco incomincia a non vergognarsi di quelle malvagità, che si sente esaltare quasi prodezze. Quanto dunque alcuni di essi sarebbero fortunati, se avessero uno, che mettesse loro dinanzi agli occhi, come uno specchio questo versetto di Davidde, sì opportuno a far loro conoscere il loro stato ! Ma come possono averlo, se non vogliono? Lo specchiarsi è proprio degli uomini, non dei bruti.