OTTOBRE
XIII. GIORNO
I patimenti fatti dagli uomini come seguaci di Cristo son glorie, non ignominie.
« Nemo vestrum patiatur ut homicida, aut fur, aut maledicus, aut alienorum appetitor. Si autem ut Christianus, non erubescat: glorificet autem Deum in isto nomine. — Nessuno di voi abbia a patir come omicida, o ladro, o maldicente, o insidiatore del bene altrui. Se poi come Cristiano, non se ne vergogni: ma glorifichi Dio in questo nome » (Prima lettera di Pietro 4, 15).
I.
Considera come avendo S. Pietro voluto enumerare qui alcuni di quei delitti, i quali sono puniti più dalle leggi, ha scelti quegli, che sono riputati i più vergognosi, perchè sono di danno al prossimo, e però ha detto : « Nemo vestrum patiatur ut homicida, aut fur, aut maledicus, aut alienorum appetitor. — Nes suno di voi abbia a patir come omicida, o ladro, o maldicente, o insidiatore del bene altrui ». « Homicida — Omicida » è, com’è noto, chi danneggiò il prossimo nella vita : « Fur — Ladro » è chi lo danneggiò nella roba; « Maledicus — Maldicente » è chi lo danneggiò nella reputazione; « alienorum appetitor — insidiatore del bene altrui » è chi, se non giunse ad arrecargli tali danni con l’effetto, riuscito vano, si studiò almeno, e s’ingegnò di arrecarglieli col tentativo. Che però « alienorum appetitor — insidiatore del bene altrui » è qui propriamente come « alienorum invasor — usurpatore del bene altrui » o veramente « inspector ad invadendum — attento per usurpare », perciocchè la legge non si stende a discutere i desideri, ma gli attentati. E questi delitti sono tutti vergognosissimi, perchè dipendendo là stabilità degli stati dalla giustizia scambievole, che gli uomini si mantengono tra loro, è dovere, che chi la rompe, sia non solo punito con quei supplizi, i quali sono evitabili con la fuga, ma con l’infamia la quale arriva per tutto : « A udierunt Gentes ignominiam tuam. — La tua ignominia è divulgata tra le Genti » (Geremia 46, 12). Però « nemo vestrum patiatur ut homicida, aut fur, aut maledicus, aut alienorum appetitor — nessuno di voi abbia a patir come omicida, o ladro, o maldicente, o insidiatore del bene altrui », dice San Pietro, perchè essendo questo un patire qual uomo ingiusto, è conseguentemente un patir qual disonorato. Non così già succede poi nel patire qual Cristiano. L’esser Cristiano è cosa di gloria somma : e conseguentemente è cosa ancora di gloria somma il patir come Cristiano; conciossiachè il male della vergogna non consiste nel riceverla, consiste nel meritarla : « Si quid patimini propter justitiara, Beati — Se alcuna cosa patite per la giustizia, Beati voi » (Prima lettera di Pietro 3, 14). Che l’esser Cristiano sia cosa di gloria somma, è manifestissimo, perchè ciò non solo è mantener a ciascuno la sua giustizia, ma ancora la Carità: « In hoc cognoscent omnes, quia discipuli mei estis, si dilectionem habueritis ad invicern. — Da questo conosceranno tutti, che siete miei discepoli, se avrete amore l’uno per l’altro » (Vangelo di Giovanni 13, 35). E così non solo è non danneggiare il prossimo nella vita, come fa l’omicida; ma ancora salvargliela, a costo se bisogni infin della propria : e non solo è non danneggiare il prossimo nella roba come fa il ladro; ma ancor donargliela, con ispogliare fin sè per vestire altrui : e non solo è non danneggiare il prossimo nella riputazione, come fa il detrattore; ma ancora accrescergliela con cedergli fin gli onori talvolta dovuti a sè. E si può trovare mai gloria maggior di questa? No certamente. Adunque qual maggior gloria, che il patir per esser Cristiano : ch’è quanto dire per esser professor di sì bella legge? « Si autem ut Christianus — Se poi come Cristiano »; cioè : « Si patiatur ut Christianus, non enibescat — Se abbia a patire come Cristiano, non se ne vergogni », perchè quantunque l’esser punito sia cosa nel suo genere di vergogna, non è più tale, quando la punizione non solo è fuor di ragione, ma ancora contro. « Erubescite super viis vestris, domus Israel —Vergognatevi de’ costumi vostri, o casa d’Israele », dice il Signore (Ezechiele 36, 32). Non « super opinione aliena — del pensare altrui »; ma « super viis vestris — de’ costumi vostri ». Che sarebbe però se tu operassi tutto il contrario di ciò? E non temessi di meritare la vergogna, temessi di riportarla?
II.
Considera quanto l’Apostolo sia discreto. Non dice che l’uomo non si affligga, quando gli accade patir alcuna ignominia come Cristiano : dice solo, che non se ne vergogni; non erubescat: non dice che non se ne affligga, perchè ben sa egli, che il senso vuol fare qualche poco, ancora ne’ santi, l’ufficio suo; ma dice che non se ne vergogni, perchè sa ancora, che se il senso vuol far in essi l’ufficio suo, lo dee fare altresì con moderazione: e però se risveglia in loro qualche rincrescimento del mal che soffrono, ancora come Cristiani; non dee risvegliare vergogna : perchè la vergona negli uomini sensati dev’ essere solamente di ciò, ch’è vituperabile, benchè fin a tanto che la virtù in loro è fiacca, sia qualche poco ancora del vitupero, e però abbiano ad ora ad ora bisogno di chi gl’inanimi a non temerlo : « Nolite timere opprobrium hominum. — Non temete gli obbrobri degli uomini » (Isaia 51, 7). Se però niuno di tutti quei che patiscono senza colpa, ha mai da vergognarsi di un tal patire (come han voluto fino i filosofi stessi) ma l’ha da disprezzare con cuor magnanimo; quanto meno, chi patisce come Cristiano, cioè patisce per sostenere l’onor di Cristo, patisce per la pietà, patisce per la pudicizia, patisce per la carità, patisce per non lasciar tra le genti allignar gli errori. Ha il Cristiano da calpestare la gloria di questo mondo, come fragile, come falsa, e ha da gloriarsi nella speranza di quella gloria, che gli verrà poi nell’altro come a figliuolo di Dio : « Gloriamur in spe glorie filiorum Dei. — Ci gloriamo nella speranza della gloria de’ figliuoli di Dio » (Lettera ai Romani 5, 2). Qual cagione ha dunque egli di vergognarsi per quella gloria, che gli è levata ingiustamente di qua, mentre quella gloria che gli è levata ingiustamente di qua, gli dovrà valere ad accrescer tanto quella, che gli verrà sì giustamente di là? Più ch’egli è vituperato come Cristiano, più cresce nella speranza di una tal gloria, e però tanto meno allora ha da vergognarsi, quanto più vien vituperato : Si autem ut Christianus, non erubescat.
III.
Considera come però appunto S. Pietro non è contento che chi patisce qual Cristiano, non si vergogni, non erubescat. Vuoi che egli di più glorifichi Dio, e il glorifichi in un tal nome appunto di Cristiano : glorificet autem Deum in isto nomine. Ma che vuol dire glorificarlo in tal nome? Vuol dire, glorificarlo con istar saldo tra le ignominie nel nome di Cristiano? Sì : ma non basta. Vuol dir di più, glorificarlo col non far cose tra esse, che disconvengano a chiunque porta un tal nome. Se quando tu patisci alcun vituperio, che ti vien fatto come a cristiano, o sincero, o retto, o religioso, o zelante, tu ti lamenti con modi brutti di quelli, che te l’han fatto, se ti alteri, se ti adiri, se interiormente tu brami loro alcun male, onde manifestisi che il Cielo, col punir essi, difende te, si può dir che patisci un tal vituperio da Cristiano? « glorificas Deum in isto nomine — glorifichi Dio in questo nome »? No certamente; perchè la legge di Cristo t’insegna a pregar per coloro che ti calunniano, t’insegna a benedirli, t’insegna a beneficarli, t’insegna ad amarli ancora dopo tutte le ingiurie più orribili come prima, cioè come ami te stesso. Adunque questo hai da fare. Se lo farai, buon per te: allora sì che glorificherai il tuo Signore come si conviene; perchè qual gloria può egli riportar da’ suoi servi maggior di questa : veder, che per amor suo si contentino essi amar coloro, da’ quali furono non pur offesi, ma oppressi? E per qual cagione? Sol perchè vollero salvar con petto di Cristiani veraci il suo onore a Cristo. Quindi è, che da tutti i Martiri fu senza dubbio glorificato il Signore infinitamente; ma da chi più? da quei che tra’ tormenti medesimi arrivarono a rendere ben per male ai tormentatori, or discacciando dal corpo stesso di que’ crudeli il demonio, ora sanando loro la vista, or salvando loro la vita, or costituendoli eredi di quanto avevano, come fece il gran Vescovo S. Cipriano con quel carnefice, che stava già col ferro alzato a spiccargli il capo dal busto. Aspira ancora tu nel tuo stato ad imitar più che puoi così degni esempi : « Noli vinci a malo, sed vince in bono malum — Non voler esser vinto dal male, ma vinci col bene il male » (Lettera ai Romani 12, 21), e allora nel patire qual Cristiano, non solo glorificherai Dio semplicemente, come fa chi non però lascia di professarsi Cristiano, ma lo glorificherai col modo più nobile, ch’è quanto dire, operando ancora in quell’atto tanto penoso, da Cristiano.