La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

NOVEMBRE

 

XIII. GIORNO

Sopra la Beatitudine settima : dei pacifici.

« Beati pacifici, quoniam filii Dei vocabuntur. — Beati i pacifici, perchè saranno chiamati figli di Dio » (Vangelo di Matteo 5, 9).

 

I.

Considera, che la pace fu ditlinita già da S. Agostino divinamente in due sole voci, mentre chiamata fu « tranquillitas ordinis — tranquillità di ordine ». Un ordine, qual è quello che si ritrova in una Repubblica, ben concertata sì, ma tumultuante, a cagion delle ribellioni frequenti, che quivi accadono, non è sufficiente alla pace, perchè all’ordine manca la tranquillità. Una tranquillità, qual è quella, che si ritrova in una Repubblica quieta, ma sconcertata, per mancamento di subordinazione nel reggimento, non è nè anche bastevole a formar pace, almeno durevole, perchè alla tranquillità manca l’ordine. Bisogna, a goder vera pace, che vi sia ordine, e che vi sia parimenti tranquillità. Osservato ciò, tu vedrai chi sieno coloro, di cui favella più propriamente il Signore, mentr’egli dice qui: « Beati pacifici — Beati i pacifici ». Sicuramente questi non sono mai gli empii, perchè se in essi qualche volta si trova tranquillità, come accade ne’ più perduti, non si trova ordine, essendo il loro interno pienissimo di sconcerto, mentre alla parte inferiore tocca di comandare, alla superiore di ubbidire: « Non est pax impiis, dicit Dominus. — Pace non è per gli empi, dice il Signore » (Isaia 48, 22). Nemmeno questi sono i giusti ordinari, perchè se in essi si trova l’ordine, non si trova tranquillità, tornando ogni poco l’ordine a sconcertarsi per la ribellione frequente delle passioni, che in essi ardiscono ancor di tumultuare : « Expectavimus pacem, et ecce turbatio. — Aspettammo la pace, ed ecco il conturbamento » (Geremia 14, 19). Pacifici sono pertanto quei giusti più segnalati, che mortificate già le loro passioni, fanno che ubbidiscano tutte alla volontà, come a loro dominatrice, e fan che la volontà stia soggetta a Dio, non solamente ubbedendogli con prontezza, e con puntualità, ma lasciandosi in tutto guidar da lui, come fa un figliuolo da un padre amorevolissimo : che però, in qualunque accidente, che loro accada, tu vedi ch’essi sono sempre i medesimi, sempre lieti, sempre piacevoli, sempre paghi. Oh ! questi sì, che sono i veri pacifici: « Pax multa diligentibus legem tuam — Pace molta per quelli che amano la tua legge » (Salmo 119, 165), perciocchè in questo si trova per verità « tranquillitas ordinis —tranquillità di ordine ». V’è ordine, perchè v’è nell’interno loro la subordinazione perfetta delle potenze; e v’è tranquillità, perchè una tale subordinazione non è facile a sconcertarsi; non perchè talora ne’ Santi ancora grandissimi non succeda qualche perturbazione tra i loro affetti: « Quis est enim homo, qui non peccet? — Qual è in fatti quell’uomo, che non pecchi? » (Qoèlet 7, 21), ma perchè ell’è perturbazione leggiera. E ben tu sai, che un lieve moto eccitato talor da qualche insolente in una Repubblica, massimamente qualor sia sopito presto, non toglie punto la tranquillità universale, e così non toglie la pace: siccome molto meno la tolgono que’ fracassi esteriori, che in loro nascono dalle suggestioni diaboliche : conciossiachè, chi dirà mai, che sia perduta la pace in una Repubblica, perchè ivi i cani della città non fanno altro che strepitare? Che dici dunque in questo luogo tu ancora di te medesimo? Se non hai pace vera, impara almeno ciò che si ricerchi ad averla. Un ordine regolato di tutte le tue potenze, ma che sia stabile, mercè la subordinazione perfetta con cui dipendi dal santo voler Divino : « Acquiesce igitur ei, et habeto pacem. — Rimettiti dunque a lui e avrai pace (Giobbe 22, 21).

II.

Considera come questa pace ora detta è segno altissimo di Predestinazione, perchè se tutti coloro, che la posseggono sono figliuoli di Dio, è manifesto, che a tutti dovrà parimente toccare l’eredità, la quale altro finalmente non è che la vita eterna : « Si filii, et haeredes. — Se figliuoli, (siamo) anche eredi » (Lettera ai Romani 8, 17). E pur così dice Cristo: « Beati pacifici, quoniam filii Dei vocabuntur — Beati i pacifici, perchè saranno chiamati figli di Dio ». Sono però questi chiamati con titolo sublimissimo figliuoli di Dio, perchè appunto procedono da figliuoli. I servi si sottomettono anch’essi a’ loro padroni, ma perchè non ne possono far di manco: si sottomettono per timore, si sottomettono con tristezza, si sottomettono almen con ritrosità. Laddove i figliuoli si sottomettono al padre per riverenza, e si sottomettono con alacrità, e con amore. E così fan questi giusti sì segnalati di cui parliamo. Si lasciano da Dio governare di buona voglia, come a lui piace. E però gli sono figliuoli : « Qui Spiritu Dei aguntur, hi sunt filii Dei (Lettera ai Romani 8, 14), non qui Spiritui resistunt. — Quelli che sono mossi dallo Spirito di Dio, sono figliuoli di Dio, non coloro che resistono allo Spirito ». Nè ti maravigliare, che Cristo non dica : « Beati pacifici, quoniam sunt filii Dei — Beati i pacifici, perchè sono figli di Dio », ma « Beati pacifici, quoniam filii Dei vocabuntur — Beati i pacifici, perchè saranno chiamati figli di Dio » : perchè nella frase ebrea tanto è moltissime volte dir « vocabuntur — saranno chiamati », quanto dir « erunt — saranno ». « Domus mea, domus orationis vocabitur. — La casa mia sarà chiamata casa d’orazione » (Isaia 56, 7). E poi dir « vocabuntur — saranno chiamati » in questo caso dà maggior enfasi, che non sarebbe il dir « erunt — saranno ». Conciossiachè, che credi tu che volesse Cristo inferire con tal linguaggio? Volle inferire, che questi giusti ora detti, non solamente saran figliuoli di Dio, siccome sono ancora i giusti ordinari, mercè la loro adozione soprannaturale; ma che chiaramente saran da tutti riconosciuti per tali, come da tutti riconosciuto è per oro, quel ch’è già lustro. Così fu detto parimente di Cristo : « Filius Altissimi vocabitur — Sarà chiamato figliuolo dell’Altissimo », non perchè non dovesse esser vero figliuol di Dio, e figliuol ancor naturale; ma perchè doveva essere in modo tale, che non sarebbe potuto mai dubitarsene, se non da chi per invidia avesse a bello studio serrato gli occhi, come fan le nottole al Sole: tanta sarebbe stata la sua integrità, la sua sapienza, il suo senno, la sua dolcissima affabilità verso tutti. Tu per ventura sei figliuolo di Dio, perchè sei giusto. Ma vivi in modo, che chiunque ti considera, o ti conosce, abbia tosto ragione di stimarti tale? Il segno più indubitato, che ne hai da dare, ha da esser questo : I’ abbandonamento totale di te medesimo in mano al Padre, ch’è la soggezion più perfetta, che possi usargli. Ma come darai segno di un tale abbandonamento, tu che sei tanto facile ad alterarti in ogni occasione? La pace fu paragonata ad un fiume, che sempre simile a sè, corre a letto pieno: non fu giammai paragonata a un torrente: « Utinam attendisses mandata mea: facta fuisset sicut flumen pax tua. — Avessi tu avuto a cuore i miei precetti : quasi fiume sarebbe la pace tua » (Isaia 48, 18).

III.

Considera qual sia la ragione onde Cristo mise quella Beatitudine in settimo luogo, cioè dopo la mondezza di cuore. La ragion è, perchè a disporre un giusto perfettamente in ordine a Dio (che è quello che si è preteso con la sesta Beatitudine, e con la settima) era necessario procedere in questa forma : prima purgarlo con la mondezza di cuore, che importa nel suo genere perfezione sol negativa, quantunque somma; e poi promuoverlo alla totale unione di un tal cuore a Dio, significata con questo nome dí pace, che importa perfezione ancor positiva. La mondezza è propria disposizione a vedere Iddio, l’unione ad amarlo. E perchè prima è il vedere così gran bene, dipoi è l’amarlo, però all’unione ha dovuto prima precedere la mondezza, e non la mondezza all’unione, ch’è quello appunto che notò già San Giacomo a suo proposito quando scrisse : « Quae autem desursum est sapientia, primum quidem pudica est, deinde pacifica. — Ma la sapienza di lassù primieramente è pura, dipoi pacifica » (Lettera di Giacomo 3, 17). Nel resto qui scorgi l’uomo arrivato all’ultimo segno di quella perfezione anche eroica, a cui possa aspirare sopra la terra. Perchè se la perfezione consiste nell’amar Dio, è indubitato, che colui l’ama più, il quale al santo voler si congiunge in tutte le cose con più imperturbabilità, con più intrepidezza, e però gli serba più pace : « Justificati ergo ex fide — Giustificati adunque per mezzo della fede », che dobbiamo fare, se vogliam essere non solo giusti, ma Santi? « Justificati ergo ex fide, pacem habeamus ad Deum — Giustificati adunque per mezzo della fede, dice l’Apostolo, abbiam pace con Dio » (Lettera ai Romani 5, 1). So, ch’è d’apprezzarsi altresì la interpretazione di chi per pacifici intende qui coloro, i quali dànno opera di riconciliare a Dio i peccatori da lui ribelli. Ma questi per verità non solo sono pacifici, ma ancor pacificatori, il che non è dato a tutti di poter essere. E pure Cristo, se vogliamo star forti nella volgata, ha detto solo qui Beati pacifici: non perchè i pacificatori non sieno anch’essi Beati, anzi Beatissimi, mentre fan sulla terra l’ufficio proprio, per cui vi venne il Figliuol di Dio naturale; ma perchè avendo egli in tutte le precedute Beatitudini voluto sol collocare quella virtù a cui ciascuno può giugnere, pur ch’ei voglia (come tu scorrendo per esse puoi da te scorgere) pareva più conveniente, che facesse il medesimo ancor in questa. Si aggiugne, che in nessun altro luogo delle Scritture, coloro i quali attendono a trattar pace sono detti pacifici, ma sì ben « pacificantes — pacificatori ». « Homines divites in virtute, etc. pacificantes in domibus suis. — Uomini ricchi di virtù, ecc. pacificatori nelle loro case » (Ecclesiastico o Siracide 44, 6). Che però se tu vivi solo a te ritirato nella tua cella, se sei indisposto, se impedito, se inabile ad essere ancora tu pacificatore, non però ne succederà, che resti escluso da questa Beatitudine, se ancora tu ne’ tuoi mali sarai pacifico.

IV.

Considera come a questa Beatitudine corrisponde il Dono della Sapienza : perciocchè consistendo la Pace, come si è detto, nella tranquillità del buon ordine, chiara cosa è, che ciò non può conseguirsi senza un tal Dono, mentre la Sapienza si è quella, alla quale in qualunque genere si appartiene stabilir l’ordine, e mantenerlo da poi ch’egli è stabilito, e ricomporlo, e ridurlo, se mai sconcertisi. Così tu scorgi, che in qualunque Repubblica tocca ai Savii invigilare sull’ordine in lei dovuto : così nella milizia, così nella medicina, e così in tutte l’arti ancora meccaniche : mercè che in tutte non ne può giudicare, fuorchè chi è savio in tal arte, cioè chi conosce le cose spettanti ad essa per la lor cagione suprema : « Ut sapiens Architectus fundamentum posui. — Da perito Architetto gettai il fondamento » (Prima lettera ai Corinzi 3, 10). Se non che quella Sapienza, la qual è Dono dello Spirito Santo, è quella Sapienza altissima, la qual conosce la cagion propria ch’è Dio, e secondo quella si regola in ogni affare, affinchè sia retto. Anzi nemmeno è una Sapienza tale, qual è quella che acquistasi da più d’uno per via di studio, o per via di sagacità. E’ una Sapienza infusa in noi dal medesimo Spirito, la qual ci fa praticamente conoscer ad ora ad ora quello che più piace a Dio nelle circostanze occorrenti per muoverci ad operarlo. E però di questa convien che tu t’innamori, chiedendola sempre a Dio con tutto l’affetto, giacchè non l’ha chi è più  dotto, chi più erudito, chi più eloquente, ma chi è più da Dio favorito nell’Orazione « Invocavi, et venit in me spiritus sapientiae. — Invocai lo spirito della sapienza, ed ei venne in me » (Sapienza 7, 7). Ond’è che ancor una semplice vecchiarella può possederla talor più d’ogni scienziato, che renda sublimi oracoli dalle cattedre. E però attendi a chieder sempre a Dio, che t’illumini, che ti assista, che ti ammaestri in tutte le cose tue, e vedrai con quanta Sapienza arriverai a serbare ogn’ora il buon ordine nel tuo interno, sicchè in tutte le cose soggettisi sempre a Dio, come si ricerca per goder in esso alta pace.

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