DICEMBRE
XIII. GIORNO
Quali verità debba proferire la lingua e quali tacere.
« Veritatem meditabitur guttur meum, et labia mea detestabuntur impium.— La mia bocca mediterà il vero, e le mie labbra detesteranno l’empietà » (Proverbio 8, 7).
I.
Considera come a te, che sei tanto inclinato a dir male del prossimo, che te lo rechi non di rado anche a gloria, con affermare, che tu sei uomo di genere libertino, leale, limpido, franco, e che però non puoi far di meno di non dir sempre la cosa com’ella sta, parrà che questo sì degno luogo del Savio, sicuramente militi a favor tuo. Ma t’inganni molto. Senti com’egli parla : « Veritatem meditabitur guttur meum — La mia bocca mediterà il vero », non dice « proferet, promet, loquetur — manifesterà, svelerà, dirà », ma « meditabitur — mediterà », perchè non ogni verità, che ti viene in bocca, dee da te dirsi sol perchè sei uomo di genere libertino : ha da dirsi quella, che dopo matura considerazione apparisce esser già convenevole che si dica. Par a te però convenevole, che si dica ogni mal del prossimo per questa sola ragione, perchè egli è vero? Non però piace a te che si dica il tuo. E perchè dunque ti vuoi far lecito di dir tu quello degli altri, perchè egli è vero? « Veritatem meditabitur guttur meum — La mia bocca mediterà il vero ». Pesa prima fra te quelle ragioni, le quali t’inducono a dire una verità pregiudiziale alla riputazion del tuo prossimo, e quelle che ti inducono a non la dire : e quando quelle dinanzi a Dio preponderino a queste, allor passa a dirla, per non far anche tu come fa taluno, il quale ne’ tribunali stessi tradisce la verità per un vil guadagno di nulla : « Pro buccella panis deserit veritatem. — Per un tozzo di pane abbandona la verità » (Proverbio 28, 21). Ma prima di far teco un tale bilanciamento, non la dir mai. Credi tu per ventura, che sia gran vanto l’esser uomo di sensi liberi? Questo in alcuni vuol dire, non saper mai tenere la lingua a freno. Eppure per arrivare a saper tenervela, dovresti spendere, e spandere, quanto v’ è dentro i tuoi scrigni più ricchi : « A urum tuum, et argentum tuum confla, et verbis tuis facito staterarn, et fraenos ori tuo rectos — Fondi il tuo oro, e il tuo argento, e fanne una bilancia per le tue parole, ed un freno di giustizia per la tua bocca » (Ecclesiastico o Siracide 28, 29) : « facito stateram — fanne una bilancia » per giudicare se il vero dee dirsi, o non dirsi; e « facito fraenos — fanne un freno » per saperti regolare nel dirlo, ove abbia a dirsi, o contenerti ancora dal dirlo, ove questo non si abbia a dire. Nel resto sai tu, perchè facilmente ti persuadi, che il presente luogo del Savio difenda te, dato a mormorare? Perchè ti figuri, che queste voci : labia mea detestabuntur impium voglian significare : « le labbra mie detesteranno l’uomo empio ». E non è così. Voglion significare, detesteran l’empietà: id quod impium est. Tal è il valor della lettera. Altro è detestar l’ empietà in astratto; altro è detestarla ora in questo uomo, ora in quello. Che se fino a detestar l’empietà in astratto, protesta il Savio, che prima penserà bene a quello ch’egli ha da dir : veritatem meditabitur guttur meum: che sarà a detestarla ancora in concreto, cioè dire sull’altrui dosso?
II.
Considera, che se impium qui non vuol dire l’uomo empio, ma l’empietà, pare adunque che dopo aver lui premesso: « Veritatem meditabitur guttur rneum — La mia bocca mediterà il vero », dovesse il Savio soggiugner per legittimo contrapposto : « et labia mea detestabuntur mendacium — e le mie labbra detesteran la menzogna », perchè la menzogna è quella che si oppone alla verità. Eppure egli dice « detestabuntur impium — detesteranno l’empietà ». E dice così, affinchè tu intenda bene qual verità sia quella di cui qui parlasi. E’ quella verità che appartiene alla nostra legge. Devi però tu saper, come in questo passo sostiene il Savio la persona di Cristo, Sapienza eterna. Ora è certissimo, che Cristo dovea venirper insegnare al mondo la verità, cioè qual sia il vero fine a cui debbono tendere i nostri affetti, e quali sieno i veri mezzi da conseguirlo. Quindi è, che meum, no, labia mea: tanto pronta hai d’ avere una tale detestazione fin sulle labbra. Non è vergogna, se dalla tua bocca si sentano uscir talvolta delle parole in lode di che? del vendicarsi, dell’accumulare, dell’ambire, dello sfoggiare, del far altre cose, che son sì contrarie alle dottrine di Cristo? Detestabuntur labia mea impium.
III.
Considera, che se Cristo è quegli, che qui parla in bocca del Savio, par che dovesse egli dire : « Veritatem loquetur guttur meum — La mia bocca dirà la verità », e non « meditabitur — mediterà »; perchè Cristo, Sapienza eterna, non avea bisogno di pensar prima a quello che si dicesse, ma bastava che aprisse bocca. Era egli sempre certo di non fallire. Contuttociò dice « Veritatem meditabitur guttur meam — La mia bocca mediterà il vero », affinchè ti rimembri quanti anni stette ad aprir sua bocca egli stesso, che pur era Sapienza eterna. Non istette egli già tanti anni ad aprirla, per pensar bene a quello, che aveva a dire; ma per mostrare a te quanto hai da pensarvi giacchè innumerabili son quelle azioni, che Cristo si degnò di fare, non per suo pro, ma per nostro addottrinamento. E poi non sai tu, che v’ è ancor doppio modo di meditare? V’è il meditar con la mente le cose che si hanno a dire, e v’è il meditarle di più con le operazioni : ch’è il doppio significato di quelle voci : « Bealus vir qui in lege Domini meditabitur die ac nocte — Beato l’uomo, che di giorno, e di notte medita la legge del Signore » (Salmo 2, 2). E in questa seconda forma meditò Cristo ancora la verità, prima di insegnarla, giacchè non aveva egli bisogno di meditarla punto in quell’ altra forma, come abbiamo noi. Mira qual precetto egli diede di povertà, di umiltà, di ubbidienza, di carità, di mansuetudine, di modestia, di Religione, che prima non praticasse, anche lungo tempo ! « Factus est Principatus super humerum ejus — Ha sopra gli omeri suoi il Principato » (Isaia 9, 6), perchè egli portò prima sulle sue spalle tutto quel peso, che poi doveva qual Principe imporre agli altri. Fai tu così? Anzi, quanto sei facile in dire agli altri quello che loro convien fare di bene, altrettanto sei prima renitente, o rimesso a provarlo in te. Qual maraviglia è però se nulla affatto han di forza le tue parole? Veritatem meditabitur guttur meum, et labia mea detestabuntur impium. Vuoi tu negli altri detestar l’empietà di maniera tale, che al primo aprire di bocca la confondi, la conquidi, la mandi poco meno che esule della terra? Medita prima bene, e con la mente fra te stesso, e con l’opera, quelle verità cristiane, in virtù delle quali tu l’hai da abbattere: « Ante judicium para justitiam. — Prima del giudizio procurati la giustizia » (Ecclesiastico o Siracide 18, 19).