SETTEMBRE
XII. GIORNO
Del Tempo.
« Videte quomodo caute ambuletis, non quasi insipientes, sed ut sapientes, redimentes tempus, quoniam dies mali sunt. — Badate al modo di camminare cautamente, non da stolti, ma da saggi, ricattando il tempo, perchè i giorni sono mali » (Lettera agli Efesini 5, 15, 16).
I.
Considera, che i giorni di questa vita ci sono da Dio donati a un fine grandissimo, che è per trafficare il negozia sommo della nostra eterna salute. Ma non può negarsi però, che ad un tanto affare per lo più non ci servano malamente. Perciocchè sono pochi, instabili, incerti; e di questi pochi medesimi molto ancora conviene che noi cediamo malgrado nostro a quelle necessità, che ci signoreggiano per cagion del primo peccato. Però come un istromento, qualor non serve troppo bene al suo fine, si dice malo; così pur mali si dicono i nostri giorni, dies mali. Si dicon mali, perchè pochissimo è quel che in essi è di buono a poterlo usare conforme si converrebbe: « Dies peregrinationis meae parvi, et mali — Sono pochi, e mali i giorni del mio pellegrinaggio » (Genesi 47, 9), ch’è quel luogo a cui qui alluse l’Apostolo. E pur di questo pochissimo, che si trova di buono nei nostri giorni, chi è che facciane quella stima infinita, che deve farsene? Molti lo perdono in cose inique, moltissimi in cose inutili, rari sono quei che interamente lo spendano a quell’effetto per cui ci è dato. E però ecco ciò che qui vuole l’Apostolo; vuole che tu prezzi il tempo, impiegandolo tutto bene più che tu puoi. Esamina te medesimo, e mira un poco se tu piuttosto hai reo costume di perderlo.
II.
Considera come l’Apostolo presuppone, che almeno molto tu già n’abbi perduto per lo passato, come suole il più della gente; e però qui ora ti dice che lo ricatti, redimentes tempus. Ma s’è perduto, come lo puoi ricattare? Con rifarti in quel poco, che ti rimane, di tutti i danni che incorresti in quel molto che si perdè; con accrescere la ritiratezza, con migliorare le opere, con moltiplicar l’orazione, con raddoppiare il consueto fervore di penitenza. « Anticipaverunt vigilias oculi mei. — Gli occhi miei prevennero le vigilie » (Salmo 77, 5). Così fanno quei pellegrini, che trattenutisi oziosamente per via, hanno perdute più ore della giornata. Se ne ricattano con allungar bene i passi nelle seguenti. Così gli agricoltori, così gli artisti, così tutti quei ch’hanno incorso qualche discapito a cagion del tempo perduto; tanto più poi si affaticano a ricattarlo. E pure il loro fu discapito temporale. Che devi adunque far tu, che ne hai facilmente incorso un eterno? Cala un poco i guardi all’Inferno, e colà domanda ciò che farebbe un dannato, se potesse ora tornare sopra la Terra e rimettere il tempo scorso. Credi tu che direbbeti di voler darsi al sonno, come tu fai, a giuochi, a cicalecci, a ciance, a novelle? Anzi chi può dire quanto egli prometterebbeti di affannarsi, affine di rimettere il molto in poco? Che fai tu dunque, che non pensi qui di proposito ai casi tuoi? Sei meno tu per ventura tenuto a Dio, perchè in cambio di cavarti or dall’Inferno, dove meriteresti di ritrovarti per le tue colpe, non ha voluto permettere che vi cadi? Adunque « redime tempus — ricatta il tempo » ; tanto più che se lo perdesti, il più delle volte fu colpa tua; lo sprezzasti, lo scialacquasti, o almeno non lo guardasti dagli assassini, cioè da quei che per niente te lo rubarono.
III.
Considera, che l’essere ricattato non è soltanto delle cose perdute, ma ancor di quelle che sono in rischio di perdersi. Così colui che con danaro ricompra la sua vita dagli assassini, che già già stanno col ferro in mano per togliergliela, si dice che la ricatta. E questo ancora qui t’impone l’Apostolo, quando vuole che tu ricatti il tuo tempo, redimentes tempus: vuole, che tu accorto lo salvi dagli assassini, e che lo ricomperi. E non sai tu come di tutti coloro, che ti rubano il tempo, si può dir propriamente che ti assassinano? Quanto di tempo ti rubano, tanto ti rubano parimente di vita, nè solo temporale, ma ancora eterna. Solleva qui dall’Inferno i tuoi guardi al Cielo, e colà domanda, come impiegherebbe ciascun Beato quel tempo che tu non curi, mentre egli è giunto finalmente a conoscere di presenza quanto di gloria, di grandezza, di gioia potrebbe accrescersi in un momento anche breve. Se in Paradiso potesse aver luogo il lutto, par che la porta, per cui verrebbe lo sventurato ad intrudersi, saria questa : non aver più tempo alcuno da meritare. E tu hai questo tempo ch’ è sì prezioso, e lasci rubartelo? Sei in uno stato per questo capo invidiabile al Cielo istesso, perchè sei in istato di meritare. « Dum tempus habemus, operemur bonum. — Fin che abbiam tempo, facciam del bene » (Lettera ai Galati 6, 10). Adunque non permettere, che veruno ti rubi il tempo : « Conserva tempus. — Bada al tempo » (Ecclesiastico o Siracide 4, 23). Tanto più che se il perdi, v’ è un doppio male : il lucro cessante, e il danno emergente. Il lucro cessante è quel frutto, che potresti accrescerti in Cielo con usar bene di presente un tal tempo, e non te lo accresci. Il danno emergente è la pena che devi incorrere per la poca cura tenuta del capitale. « Vocabit adversum me tempus. — Chiamò contro di me il tempo » (Lamentazioni 1, 15).
IV.
Considera chi sieno questi assassini, dai quali devi ricattare il tuo tempo per l’avvenire, affine di non lo perdere. Sono quegli istessi che te l’hanno rubato già tante volte per lo passato; son gli uomini, tra cui vivi. Questi dividonsi generalmente in due schiere; alcuni sono amici, alcuni nimici. I primi ti vogliono spesso rubare il tempo con invitarti ad inutili passatempi; e tu ricattalo, ancora a qualunque costo, ancora con lasciar che ti tengano per un incivile. I secondi te lo voglion rubare perseguitandoti, ti muovono dei contrasti, t’inquietano, t’importunano, quasi che per forza pretendano di obbligarti a perdere di gran tempo per tua difesa ; e tu ricattalo parimente da questi, benchè con qualche notabile pregiudizio, o di riputazione, o di roba. Perde aliquid, come solea spesso dire Santo Agostino, « perde aliquid, ut redinias tempia, quo vaces Deo. — Perdi qualche cosa, per ricattar tempo d’attendere a Dio » (Hom. 20 inter 50, etc.). Questo è « redimere tempus — ricattare il tempo ». Ed oh quanto è savio chiunque proceda così! ma pochi l’intendono. I più apprezzano ogni altro ben temporale più del medesimo tempo : e pure il tempo val molto più di ogni altro ben temporale, perchè senza ogni altro da un uomo di sana mente può comperarsi finalmente l’eterno; ma senza il tempo non si può comperare.
V.
Considera, che siccome per non avere a ricattarti con alto costo la vita, tu molto bene ti guardi di non dar nelle mani degli assassini; così pur hai da procedere per non avere a ricattarti anche il tempo. Però in primo luogo dice l’Apostolo « Videte quomodo caute ambuletis — Badate al modo di camminare cautamente ». Perchè questa è la prima cosa ch’hai tu da fare: camminar cauto per riguardarti da quei che ti vogliono rubar tempo : quando poi non puoi riguardarti, ricomperartelo. Benchè non dice solo : « Videte ut caute ambuletis — Badate di camminar cautamente », ma dice, « quomodo — al modo »; perchè hai da studiare ancor le maniere che sono le più opportune a schivar gl’incontri. Così fan gli uomini saggi; laddove gli stolti vanno a dar da sè nelle mani degli assassini. Che però dopo aver qui detto l’Apostolo, « Videte quomodo caute ambuletis —Badate al modo di camminar cautamente », soggiugne subito, « non quasi insipientes, sed ut sapientes — non da stolti, ma da saggi ». Gl’insipienti sono quei che neppure conoscono il mal presente: « Vir insipiens non cognoscet. —L’uomo insensato non intenderà » (Salmo 92, 7). I sapienti quei che antiveggono anche il futuro, e così lo scansano : « Sapiens timet, et declinat a malo. —Il saggio teme, e schiva il male » (Proverbio 14, 16). E tale appunto devi essere ancora tu, prevedendo quelle occasioni che possono molti darti, di perder tempo, e schivandole destramente. Non mirare in questa materia (la quale importa forse più che non credi), non mirar dico a quello che operi il comun della gente, perchè « stultorum infinitus est numerus — il numero degli stolti è infinito ». E tali sono quei, che non prezzano il tempo, vivendo oziosi: sono tutti stolti, o per dir meglio, stoltissimi: « Qui sectatur otium, stultissiinus est. — Chi ama l’ozio, è stoltissimo » (Proverbio 12, 11). Mira piuttosto a quello che ti piacerà di aver fatto al punto della tua morte. Oh come allora goderai di quel tempo ch’hai speso bene! oh come allora piangerai crudelmente quel che hai lasciato di spendere! ma che pro? nol potrai più ricattare: « Tempus non erit amplius. — Non saravvi più tempo » (Apocalisse di Giovanni 10, 6). Perchè se i giorni medesimi della vita sì malamente ci servono a far del bene come dovremmo, che però si dicono mali, dies mali, quel della morte non ci potrà servir niente, che però chiamasi piuttosto notte, che giorno : « Venit nox, quando nemo potest operari. — Viene la notte, quando nessuno può operare » (Vangelo di Giovanni 9, 4). E questo è ciò che vuol dire l’Apostolo quando dice: « Videte quomodo caute ambuletis, non quasi insipientes, sed ut sapientes, redimentes tempus, quoniam dies mali sunt — Badate al modo di camminar cautamente, non da stolti, ma da saggi, ricattando il tempo, perchè i giorni sono mali ».