OTTOBRE
XII. GIORNO
Le grandezze di dio occultate a chi troppo curioso le cerca, svelate a chi divoto le adora.
« Accedet homo ad cor altura, et exaltabitur Deus. — L’uomo leverà in alto il cuore, e Dio si esalterà » (Salmo 64, 8).
I.
Considera come queste parole da alcuni si pigliano in senso reo : che fors’è il senso più conforme alla lettera : ed allora hanno doppio significato. Perchè per cuore può intendersi l’intelletto, conforme a quello: « Obscuratum est insipiens cor eorum. — Si ottenebrò lo stolto lor cuore » (Lettera ai Romani 1, 21): E per cuore può intendersi la volontà, conforme a quell’altro: « Cor suum posuerunt ut adamantem. — Si fecero un cuor di diamante » (Zaccaria 7, 12). Se tu per cuore intendi qui l’intelletto, allora il senso di queste voci si è, che quando l’uomo vuol troppo innanzi avanzarsi col lume suo naturale ad investigare i misteri altissimi della Trinità, della Provvidenza, della Predestinazione, della Grazia, ed altri sì fatti, che Dio riserbaci a discoprir sol in Cielo, allora Iddio col fuggir da lui si solleva tanto più in su, finchè rendasi impercettibile, come farebbe un galeone incalzato da una feluca sull’Oceano. Sicchè bisogna che la feluca, dappoi che si è discostata alquanto da terra per seguitarlo, ritorni indietro, confessando umilmente la sua fiacchezza; ch’è ciò che han fatto quei più modesti filosofi, i quali dopo discorsi lunghi han conchiuso, che le cose Divine sono superiori all’umana capacità: « Ecce Deus magnus, vincens scientiam nostram — Certamente Iddio è grande, e sorpassa ogni nostro sapere » (Giobbe 36, 26); o bisogna, che quando il voglia seguitar tuttavia con temerità giunta all’alto, non solo il perda interamente di vista, ma ancor si anneghi; ch’è ciò ch’han fatto quei filosofi audaci, i quali svanirono ne’ lor superbi pensieri: Evanuerunt in cogitationibus suis (Lettera ai Romani 1, 21), e perché non giunsero a capir le cose Divine, ardirono di negarle, con dire infimo in Divine, loro, che Dio non v’è: Dixit insipiens in corde suo: non est Deus (Salmo 14), e con dirlo talvolta non pur nel cuore, ma nelle conversazioni, ma nelle cattedre, come farebbe quella feluca insolente, che dicesse, che il galeone non è altrimenti nel mare, com’altri pensano, perché ella più che lo seguita, men lo vede. Ecco qui dunque ciò che in prima vuol dire: « Accedet homo ad cor altum, et exaltabitur Deus — L’uomo leverà in alto il cuore, e Dio si esalterà » : vuol dire: « Accedet homo ad cor altum, ut intelligat inscrutabilia Dei, et exaltabitur Deus fugiens ab Nomine — L’uomo leverà in alto il cuore per intendere le cose di Dio imperscrutabili, e Dio si esalterà togliendosi alla vista dell’uomo », che è ciò che volle intendere l’Ecclesiaste in quelle parole: Dixi: sapiens efficiar: et Sapientia longius recessit a me, multo magis quam erat. — Dissi : Io farò acquisto della Sapienza: ed ella andò lontano da me anche più che non era » (Qoèlet 7, 24). Che se tu per cuore qui intendi la volontà, allora il senso di queste voci si è, che quando l’uomo con profonda malizia, qual è la propria de’ politici iniqui, pretende per dir così di restar superiore a Dio nelle sue operazioni, Iddio si leva più di lui tanto in su, con avvantaggiarlo, che fa riuscire l’opposto di quel che l’uomo avea tentato di macchinar contro Iddio : « Adducit consiliarios in stultum finem. — Conduce gli uomini di consiglio a finire da insensati » (Giobbe 12, 17). Siccome apparve già nella vendita di Giuseppe, ne’ trattati di Aman, nelle trame di Achitofel, e sopra tutto nel consiglio, che presero i folli Ebrei di mettere Cristo in Croce, mentr’essi per quelle vie vennero appunto a render il nome di Gesù più glorioso al mondo, per cui tentarono di farvelo eternamente rimanere infame : « Scrutati sunt iniquitates: defecerunt scrutantes scrutinio. — Studiarono invenzioni per far del male : gli indagatori venner meno nell’ indagare » (Salmo 64, 7). E così ecco ciò, che appresso vuol dire : « Accedet homo ad cor altum, et exaltabitur Deus — L’uomo leverà in alto il cuore, e Dio si esalterà ». Vuol dire : « Accedet homo ad cor altum, ut eludat Deum, et Deus exaltabitur supereminens homini — L’uomo leverà in alto il cuore per eludere Iddio, e Dio si esalterà col soprastare ». Che dici tu per tanto? Che cuore è il tuo? Sei umile d’ intelletto, ed umile al tempo stesso di volontà? Se non sei tale, tieni pur per indubitato, che Dio si farà beffe di te, come se la fa del continuo di tutti quei, che ad imitazion de’ giganti di Babilonia, vogliono alzare ancor essi la loro torre, da giugnere sulle nuvole : « Accedet homo ad cor altum, et exaltabitur Deus — L’uomo leverà in alto il cuore, e Dio si esalterà ».
II.
Considera come da altri queste parole si pigliano in senso buono. Ed allor significano, che quando l’uomo con intelletto, non curioso, ma pio, si mette a contemplar le grandezze del suo Signore, più che n’intende, più conosce, che restagli ancor d’intendere : « Supervalebit enim adhuc. — Perocchè egli sarà sempre al di sopra » (Ecclesiastico o Siracide 43, 32). Perchè a quei che lo cercano con superbia, Iddio s’innalza al tempo stesso, e si asconde nella sua luce. A quei che lo cercano per divozione, Iddio si scopre al tempo stesso, e s’innalza. Sicchè si dà a conoscere sempre più, ma sempre più da lontano : « Unusquisque intuetur procul. — Ciascuno lo mira da lungi » (Giobbe 36, 25). A segno tale, che lo spirito resta assorto in ammirazione di tanta gloria: e divenuto come un’aquila al Sole più che sa di Dio, più confessa che ne sa meno, e più che confessa di saperne meno, più invogliasi di saperne, tant’è lo splendore che scorge ad un medesimo tempo in così bel volto, e tanta è l’elevatezza : « Accedet homo ad cor altum, et exaltabitur Deus — L’uomo leverà in alto il cuore, e Dio si esalterà »; cioè « Accedet homo ad cor altum ut contempletur celsitudinem Dei, et exaltabitur Deus apparens celsior — L’uomo leverà in alto il. cuore per contemplare la grandezza di Dio, e Dio si esalterà col dimostrarsi più grande ». E ciò, se per cuore qui tolgasi l’intelletto. Che se per cuore si tolga la volontà, il significato si è, che quanto l’uomo più s’alza ad amare Dio, tanto più Dio gli apparisce degno d’esser amato più, e così Dio viene in un caso tale ad alzarsi, non in se stesso, perché in se stesso non può divenir più alto di quel ch’egli è, ma nella stima dell’uomo, il qual rapito da sì eccessiva bontà, fa come l’ago, che più che scorge innalzarsi la calamita da lui diletta, più piglia forze d’innalzarsi ancor egli, e di andarle dietro, benché convengagli di vincer fin il peso del proprio corpo con voli strani. E ciò qui significa : « Accedet homo ad cor altum, et exaltabitur Deus. Accedet homo ad cor altum, ut alte diligat Deum, et Deus exaltabitur altiore dilectione dignum se monstrans — L’uomo leverà in alto il cuore, e Dio si esalterà. L’uomo leverà in alto il cuore per amar grandemente Iddio, e Dio s’esalterà col farsi conoscere degno d’un più grande amore ». Oh se tu avessi in questo senso un cuor alto, beato te! Ma come si acquista un tal cuore? Con capir bene, che tu sei fatto per Dio, e che però troppo eccessiva è la tua viltà, se ti contenti, lasciato Dio, di restartene sempre al basso, come farebbe ogni verme dannato al loto : « Consurge, consurge, induere fortitudine tua, Sion — Sorgi, sorgi, vestiti di tua fortezza, o Sionne » (Isaia 52, 1), per alzarti su più che puoi.
III.
Considera, che se tu non intendi ciò che sia l’estasi, l’hai qui chiaro, perchè ella tutta si fonda su questo detto, ma tolto nel senso pio. L’estasi è doppia. Una è d’intelletto, l’altra di volontà. La prima si fonda sull’ammirazione. La seconda sull’amore : ma non già su qualunque ammirazione, o qualunque amore. Anzi sulla sola ammirazione, e sul solo amor di chi si trovi già pervenuto « ad cor altum — a levar in alto il cuore ». Si mette l’anima a contemplare altamente sì la bellezza, sì la bontà del suo Dio, e scorgendola sempre maggiore assai di quel che avrebbe saputo mai immaginarsi, riman così sopraffatta dallo stupore, che alla fine esce estatica ancor di sè come fe’ la Regina Saba, veduta già l’alta gloria di Salomone : «Videns autem Regina Saba omnem sapientiam Salomonis, etc. non habebat ultra spiritum. — Vedendo dunque la Regina di Saba tutta la sapienza di Salomone, ecc. ne restava fuori di sè ». E quivi formasi l’estasi, ch’è d’intelletto. O veramente si mette l’anima a contemplar la bellezza, e la bontà del suo Dio, e Dio toccandola nel più profondo del cuore, la tira a sè con amor sì soave, ch’ella non potendo più regger a tal dolcezza, convien che partasi in certo modo da sè per unirsi a lui, che a sè da lungi la chiama con quelle voci con cui già chiamava la Sposa : « Surge, propera, amica mea, et veni — Sorgi, affrettati, o mia diletta, e vieni ». E qui si forma quell’estasi, ch’è chiamata di volontà. In ambedue « accedit homo ad cor altum — l’uomo leva in alto il cuore », sì nell’ammirazione, sì nell’amore, perchè alta vuol esser l’ammirazione, ed alto l’amore ! E in amendue « Deus exaltabitur supra hominem — Dio si esalterà al di sopra dell’uomo ». Perchè se Iddio non si mostrasse sempre più superiore a tutta l’ammirazione, e a tutto l’amore che n’abbia l’anima, l’anima resterebbe ne’ suoi cancelli come già capace di lui, nè uscita d’essi, anelerebbe a levar sè sopra sè, per volar dietro a quel bene che sta tant’alto « Quamobrem elegit suspendium anima mea. —Per questo l’anima mia si elesse una fine violenta » (Giobbe 7, 15). Se gli vola dietro, è perchè lo vede avanzarsi sempre più su di quel che ci vuole a raggiungerlo : « Accedet homo ad cor altum, et exaltabitur Deus. — L’uomo leverà in alto il cuore, e Dio si esaìterà ».
IV.
Considera come queste estasi dianzi dette vanno ordinariamente tra loro unite, non potendo avvenire, che il Sol Divino, entrato in un’anima, la illumini di modo, che non la infervori, o la infervori di modo, che non la illumini. E così l’ammirazione accende l’amore, e l’amore aumenta l’ammirazione. Contuttociò non sono tanto quest’estasi le medesime, che non possano andar divise. E la ragion è, perchè ad amar Dio sulla terra non è necessario conoscerlo quanto s’ama. Può il calore, che viene dal Sol Divino essere non di rado maggior del suo splendore. Ond’ è, che una semplicissima vecchierella può amar Dio, più di quel che l’amino molti teologi insigni, che senza dubbio il conoscono più di lei, come a Frate Egidio affermò San Bonaventura. Però dove l’ammirazione eccede l’amore, si attribuisce l’estasi all’intelletto; e dove l’amore eccede l’ammirazione, si attribuisce l’estasi alla volontà. L’estasi d’intelletto con poco amore, non è impossibile, perchè può essere puro dono di Dio, ma non è solito darsi. E però ell’è più sospetta; sì perchè può mescolarvi molto di naturale, e sì perchè soggiace alle illusioni diaboliche, potendo di leggieri il demonio rappresentare alla mente mirabili intelligenze, che la rapiscano, ed eccitare per più malizia fra tanto qualche poco nel cuore d’amor bugiardo, cioè di amore più tenero che virile. L’estasi della volontà è più sicura, se l’amor sia tale però ch’apparisca eguale nell’orazione, e nell’opere. Perciocchè quando nell’ orazione l’amore è sì poderoso, che può cavar quasi l’anima fuor del corpo, a par della morte, anzi può far talora, che ‘l corpo stesso, benchè quasi privo di vita, si levi da sè di terra, contro il suo naturale, per correr dietro a nulla più che all’odore di quell’immenso diletto, che prova l’anima; come può stare, che poi riesca nell’opere un amor fiacco? Anzi co9viene, ch’in queste ancora egli mostrisi così eccelso, che faccia all’anima adempir la legge Divina con perfezione, non comunale, ma eroica, qual è quella di chi non solo sprezza per Dio volentieri i piaceri impuri, i guadagni fallaci, la gloria falsa, e tutto ciò che si oppone anche leggiermente al voler Divino; ma di più abbraccia con animo generoso ogni patimento, gode nella povertà, giubila nelle persecuzioni, e ben dimostra, che egli non vive più a sè, ma vive a Dio solo, anzi con una foggia di vita estatica, vive in Dio, come una gocciola, che sommersa nel mare non è più quella, tanto ella sta quivi ascosa : « Quae sursum sunt quaerite, quae sursuni sunt sapite; mortui enim estis, et vita vestra est abscondita cum Christo in Deo. — Cercate le cose di lassù, abbiate pensiero delle cose di lassù; imperocchè siete morti, e la vostra vita è ascosa con Cristo in Dio » (Lettera ai Colossesi 3, 1). Però laddove non si scorge ancora quest’estasi, che può nominarsi di vita, ogn’altra la qual provisi al tempo stesso, o sia di volontà, o sia d’intelletto, troppo è infedele.