MARZO
XII. GIORNO
San Gregorio.
Che non si può piacere in un tempo stesso a Dio, e agli uomini.
« An quaero hominibus placere? Si adhuc hominibus placerem, Christi servus non essem. — Cerco io forse di piacere agli uomini? Se tuttora piacessi agli uomini, non sarei servo di Cristo » (Lettera ai Galati 1, 10).
I.
Considera quanto sia difficoltoso di potere insieme piacere agli uomini, e a Cristo, mentre nè meno ciò si promise l’Apostolo delle Genti. Ben si sa quante contraddizioni, e quanti contrasti egli ebbe da superar per l’onor Divino. Tu qual vuoi di queste due cose? Piacere agli uomini? An quaeris hominibus piacere? Misero te, se lo cerchi; ti cerchi la confusione, giacchè « confusi sunt qui hominibus placent — furon svergognati quelli che studiaronsi piacere agli uomini » (Salmo 52, 6). L’amor degli uomini ha tre pessime condizioni. La prima è, ch’è difficile a conseguirsi. La seconda, ch’è facile a perdersi. La terza, che posseduto ti fa più male, che bene, perchè almeno non ti lascia intera la libertà di donarti a Dio. E questa forse fu la ragion principale, per cui l’Apostolo mostrò curarsene poco, quando egli disse: « Omnia mihi licent; sed ego sub nullius redigar potestate. — Tutto mi è permesso, ma io non mi farò schiavo di chicchessia » (Prima lettera ai Corinzi 6, 12). Sembra che possa lecitamente pretendere l’amor degli uomini, chi fatica per lor salvezza : ma non ha da curarsene. Non vedi tú in quanta soggezione ti trovi, quando le persone abbondantemente ti pagano uno stipendio, benchè per altro dovuto, di approvazione, di applauso, di altre simili testimonianze di amore? Redigèris quanto prima sub potestate. Perchè a poco a poco ti affezioni loro di modo, che più non resti assoluto padron di te. Par, se non altro, che tu per gratitudine sii tenuto a usar loro diverse condiscendenze, che non ti lasciano correre sì spedito per la via del Divin servizio. Adunque che hai da volere? Piacere a Cristo, vincendo animosamente per tal effetto i rispetti umani, sicchè o non curi di piacere agli uomini, o almeno non lo procuri. « An quaero? — Cerco io forse? ».
II.
Considera, che l’Apostolo non disse assolutamente, « si hominibus placerem, Christi servus non essem — se piacessi agli uomini non sarei servo di Cristo », ma « si adhuc placerem — se tuttora piacessi », perchè per un poco si può talvolta piacere a tutti gli uomini, e a Cristo, ma non a lungo : « Coangustatum est stratum — il letto è stretto, ita ut alter decidat — talmente che o l’uno o l’altro dee cadere ». Bisogna in decorso di tempo, che vada a terra o l’amor Divino, o l’amor umano. Non ti lasciar dunque ingannare, quasi che a te riesca felicemente aver l’uno, e l’altro. Può durar poco, se tu vuoi far da dovvero l’uffizio tuo. E però fa, che l’amor Divino getti a tempo per terra l’amore umano prima che ne venga gettato.
III.
Considera, che in due modi si può desiderar di piacere agli uomini. L’uno è non per altro, che per questo medesimo, per piacere. E questo è quello, che si è sin qui biasimato, perchè questo è un mal sommo. Questo è quel male che introdusse appunto nel Mondo l’Idolatria. L’artefice non per altro, che per piacere a chi lo condusse, procurò di farne ritratti al vivo, di adularlo, di assecondarlo. E questi furono i perniciosi lavori, i quali sopra tutti recarono la rovina al genere umano, tanto furono da Dio maledetti: « Artifex volens placere ei, qui se assumpsit, elaboravit arte sua, ut similitudinem in melius figuraret. Multitudo autem hominum abducta per speciem operis, eum qui ante tempus tamquam homo honoratus fuerat, nunc Deum aestimaverunt. — L’artefice per piacere a chi lo condusse fece ogni sforzo dell’arte per farne più perfetta l’immagine. Onde la turba, rapita dalla bellezza dell’opera, prende adesso per un Dio colui, che poco prima si onorava come uomo » (Sapienza. 14, 19). Così abbiamo nella Sapienza. L’altro modo, in cui si può desiderar di piacer agli uomini, è per potere, piacendo, tanto più agevolmente tirarli a Dio; e questo è lodevolissimo, perchè questo è il modo, che consigliò fino il medesimo Apostolo, quando disse: « Unusquisque vestrum proximo suo placeat in bonum ad aedificationem. — Ognun di voi si renda grato al prossimo suo nel bene per edificazione » (Lettera ai Romani 15, 2). E però mentre tu vuoi di proposito attendere alla virtù, hai da procurar di piacere sino a quel segno, che cagiona edificazione. Almeno hai da procurar di non dispiacere, cioè di non ti rendere zotico, incivile, indiscreto, perchè quei vizi, che sono del virtuoso, non vengano attribuiti alla virtù stessa, e così la misera non rimanga infamata quasi inamabile. Solamente conviene, che tu stii attento a mantener del continuo l’intenzion retta, e a rinnovarla : tanto è i1 pericolo, che tu, come i trafficanti, costituisca quanto prima il tuo fine in ciò, che da principio intendesti di procacciarti solo come mezzo.
IV.
Considera, che sette sono quelle esimie prerogative, le quali fanno, che uno piaccia altrui virtuosamente. Son tutte e sette annoverate nelle Divine Scritture, e tutte e sette si possono procacciar da ciascuno con somma lode, e tutte sette da ciascuno ottenere. I. La Sapienza nel discorrere: « Placuerunt omnia verba haec coram Holoferne, et coram pueris ejus, et mirabantur sapientiam ejus. — Tutto questo ragionamento piacque ad Oloferne, e alla sua gente, e ammiravano la sua saggezza » (Giuditta 11, 18). La Sapienza in chi discorre piace ad ognuno per quella stessa ragione, per cui piace agli orecchi la melodia. II. La Prudenza nel consigliare: « Placuit Pharaoni consilium, et cunctis Ministris ejus; locutusque est ad eos: Num invenire poterimus talem virum, qui spiritu Dei plenus sit? — Piacque il consiglio a Faraone, e a tutti i suoi Ministri; ed egli disse loro: Potrem noi trovare uomo come questo, che pieno sia dello spirito di Dio? » (Genesi 41, 37). La Prudenza in chi consiglia piace ad ognuno, per quella stessa ragione, per cui piace agli occhi la luce. III. La Mansuetudine nel rispondere: « Si placueris populo huic, et lenieris eos verbis clementibus, servient tibi orni tempore. — Se tu seconderai questo popolo, e gli addolcirai colle buone parole, saranno tuoi servi per sempre » (Secondo libro delle Cronache 10, 7). La Mansuetudine in chi risponde piace ad ognuno, per quella stessa ragione, per cui piace al tatto la morbidezza. IV. La Modestia nelle cose prospere: « Puer Samuel proficiebat atque crescebat, et placebat tam Domino, quam hominibus. — Il giovanetto Samuele profittava e cresceva, ed era grato tanto a Dio, come agli uomini » (Primo libro di Samuele 2, 26). La Modestia in chi si ritrova in istato prospero, piace ad ognuno, per quella stessa ragione, per cui piace nello sposo la verecondia. V. La Fortezza nelle cose avverse: « Locuti sunt servi Saul in auribus David: Ecce places Regi, et omnes servi ejus diligunt te. — I servi di Saul dissero nell’orecchio a David : Orsù tu se’ in grazia del re, e tutti i suoi servi ti amano » (Primo libro di Samuele 18, 23). La Fortezza in chi si ritrova in istato avverso piace ad ognuno, per quella stessa ragione, per cui piace nel soldato il valore. VI. La Liberalità nel far bene a coloro cori cui si vive: « Quaesivit Simon bona genti suae, et placuit illis potestas ejus, et gloria ejus, omnibus diebus. — Simone cercò i vantaggi di sua nazione, la quale vide sempre con piacere la sua possanza, e la sua gloria » (Primo libro dei Maccabei 14, 4). La Liberalità di chi benefica chi è Sulla terra piace ad ognuno, per quella stessa ragione, per cui piace agli orti la pioggia. VII. La Pietà nel far bene a coloro che son già morti: « Flevit David super tumulum Abner etc. Omnisque populus audivit, et placuerunt ei cuncta, quae fecit Rex in conspectu totius populi. — Pianse David al sepolcro di Abnero ecc. E tutto il popolo udì questo, e furono grate nel cospetto di tutto il popolo tutte le cose, che il re avea fatte » (Secondo libro di Samuele 3, 32, 36). La Pietà di chi benefica chi è sotterra piace ad ognuno, per quella stessa ragione, per cui piace alle rupi il Sole. Ora queste sette sì belle prerogative furono appunto quelle sette donne bellissime: « Septem mulieres, le quali apprehenderunt virum unum — pigliarono un sol uomo » (Isaia 4, 1). Tutte, voglio dir, si sposarono unitamente col Pontefice San Gregorio, e tutte quasi unitamente gli dissero: « Aufer opprobrium nostrum.— Togli la nostra confusione » (Ibidem), trovandosi le meschine, in quei tempi calamitosi, abbandonate di maniera dal popolo Cristiano, che appena v’era chi si volesse congiungere con alcuna di loro, non che con tutte. E ben appare, che tutte sommamente poi fossero grate al Santo, che le sposò, mentr’esse furono quelle, che lo renderon sì glorioso. E qual altro v’è tra Pontefici, il quale si abbia riportato, com’egli, il nome di Grande? Però tutte queste prerogative medesime sono quelle, che tu secondo il tuo stato hai da procacciarti per piacere agli altri con lode, quantunque singolarmente convengano a un gran Prelato. Vero è, che modo da piacere anche agl’invidiosi non v’è. Ma ciò che rileva? Non però San Gregorio rimase alfin di risplendere ognor più illustre nel Trono del Vaticano, perchè vi furono alcuni, i quali mostrarono a lui quell’aborrimento, che dagli uccelli notturni si mostra al Sole.