FEBBRAIO
XII. GIORNO
Sopra la pazzia di chi pone la propria gloria negli onori mondani.
« Quod hominibus altum est, abominatio est ante Deum. — Quello che è fastoso secondo gli uomini, è abbominevole avanti a Dio » (Vangelo di Luca 16, 15).
I.
Considera quanto sia pazzo tanto di Mondo, mentre va così smoderatamente perduto dietro gli onori. Quello, che presso gli uomini si chiama altezza di posto, di grandezza, di gloria, dinanzi a Dio che cosa è? E’ abbominazione: Quod hominibus altum est, abominatio est ante Deum. Oh se tu ti scolpissi nell’animo, ma altamente, questa sentenza, uscita, non di bocca di un Angelo, di un Arcangelo, ma di Cristo, Sapienza eterna, quanto variamente comincieresti a discorrere delle cose! Ardiresti tu di arrivare infimo a vantarti di averci fatto star bruttamente quel tuo nimico, di aver sopraffatti quei poverelli, di aver vinta quella causa, di aver usurpato quel carico, di aver tenuto indietro quell’emolo, ancora per vie non giuste? Mira pur tutto ciò, che v’ha di fastoso: sfoggiare, scialacquare, sguazzare, signoreggiare, tutto dico ciò, « quod hominibus altum est — ch’è fastoso secondo gli uomini », ciò che è altiero, tutto, senz’alcuna eccezione, « abominatio est ante Deum — è abbominevole avanti a Dio».
II.
Considera dinanzi a chi sia pregiata la tua alterezza: dinanzi agli uomini, Hominibus; nè già dinanzi a tutti, Omnibus hominibus, no: dinanzi a pochissimi: Hominibus. Hominibus, che tra pochi dì saranno pasto di vermini: Hominibus, che spesso sono ingannevoli: Hominibus, che mutabili, come 1′ onde, non temeranno ad un tratto di sprofondare chi allora allora portavano sino al cielo : Hominibus, che si guidano per passione: Hominibus, che sono ingiusti: Hominibus, che sono iniqui : Hominibus, che sono per verità la feccia degli uomini, mentre sono i più animaleschi. Non vedi tu, che fin tra gli uomini stessi gli spirituali, ch’è quanto dire i veri uomini, i più retti, i più ragionevoli, tutti si attengono all’opinione di Cristo?
III.
Considera per contrario dinanzi a chi sia in abbominazione quello, che presso gli uomini è detto altezza: dinanzi a Dio: ante Deum. E vuoi tu mettere in paragone una vil massa di vermi con quello, ch’è il Signore di tanta maestà: « vincens scientiam nostram, magnus consilio, incomprehensibilis cogitatu — che sorpassa ogni nostro sapere, grande ne’ consigli, incomprensibile ne’ disegni ». Non istimi tu molto più d’essere apprezzato dal tuo Principe solo, che non da tutti i tuoi contadini di villa? E come dunque puoi fare a Dio tanto torto di pospor la sua stima a quella degli uomini? Quando tu sei abbominevole presso Dio, figurati, che si vuole ancora con ciò esprimere, che sei abbominevole dinanzi a milioni insieme di spiriti sublimissimi, di Principati, di Podestà, di Dominazioni, che non solo avanzano di numero tutti gli uomini o passati, o presenti, ma ancor futuri : dinanzi a milioni di Santi, a milioni di Sante, dinanzi a tutta la Corte del Paradiso, rispetto a cui, che può stimarsi tutto il fasto degli uomini? Un cumulo di letame. E tu sei contento di elegger quello, ch’è abbominazione dinanzi a Dio, ante Deum, purchè frattanto sia altezza dinanzi agli uomini, hominibus?
IV.
Considera, che ciò, che è altezza dinanzi agli uomini, non si dice, che presso Dio sia odio, com’è sicuramente ogn’iniquità, ma abbominazione; perchè tu sappia, che se il Signore ha a sdegno gli altri peccati, abbomina l’arroganza, abbomina l’ambizione, abbomina l’alterigia, e contro di questa ha rivoltate singolarissimamente tutte le sue più terribili batterie. Però tu vedi, che a questo fine particolarmente egli scese dal Cielo in Terra, per darci esempi i maggiori che mai potesse di umiliazione. E così laddove egli per altro menò una vita comune, sì nel vitto, sì nel vestito (perché fosse da tutti imitabile), e non curò le austerità del Battista : nel dispregio di sé passò tutti i segni: « novissimus virorum — l’infimo degli uomini» (Isaia 53, 3), mentre, benché fosse di prosapia reale, dispose le cose in modo, che gli convenisse di nascere in una stalla. Appena nato mostrò d’aver paura d’un uomo, qual era Erode, e benché potesse in tanti altri modi sottrarsi dal suo sdegno, salvarsi dalle sue spade, si elesse il più ignominioso; fuggì di notte. Di trentatre anni, che visse sopra la Terra, ne menò trenta in una ignobil bottega, servendo solo di vil garzone ad un Fabbro : e non dubitò di posporre a questo caro dispregio di se medesimo tuttociò, che avrebbe in tanto tempo potuto operar di bene, pellegrinando, predicando, insegnando, come fe’ nell’ultimo corso dell’età sua. Fra le morti tutte si elesse la più obbrobriosa, qual fu morire appiccato fra due ladroni; e a questa volle, che precedesse una quantità inesplicabile di strapazzi in qualunque genere, sicché ne morisse satollo. Onde laddove non mai si dice, ch’egli arrivasse a saziarsi di patimenti, di sudori, di stenti, di dolorose carneficine, ma che piuttosto ne morisse assetato, gridando, Sitio, mentre attualmente nuotava in un mar di sangue: si dice solo, che si saziasse di obbrobrii, tanto ne volle ricevere in abbondanza: « Saturabitur opprobriis. — Sarà satollato di obbrobrii » (Lamentazioni 3, 30). Ma perché al fin tutto ciò, se non per mostrarti, che s’egli ha in odio le comodità, i passatempi, i piaceri, dietro cui vanno così perduti i mortali, abbomina il fasto? « Quod hominibus altum est, abominatio est ante Deum — Quello che è fastoso secondo gli uomini, è abbominevole avanti a Dio».