La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

FEBBRAIO

XI. GIORNO

Apparecchio alla morte qual debba essere.

 

«Videte, vigilate, et orate: nescitis enim quando tempus sit. — Vedete, vegliate, e orate: perocchè non sapete quando sia il tempo » (Marco 13, 33).

 

I.

Considera, che in questi tre punti è compreso tutto ciò, che tu devi fare per viver sempre apparecchiato alla morte: vedere, vegliare, ed orare. La prima cosa, che ti è dunque richiesta si è, che tu vegga; e ciò vuol dire, che non ti lasci accecare dal peccato mortale, come fan tanti miserabili, di cui sta scritto: «Excaecavit illos malitia eorum. — La loro malizia gli ha accecati » (Sapienza. 2, 21). Oh ! questa sì, ch’è cecità luttuosa! I. Perchè quella del corpo ti può almeno recar molti beni all’anima, mentre non ti lascia veder tanti oggetti pericolosi, che facilmente potrebbono indurti a male; la beltà delle donne, lo splendor dell’oro, lo sfavillar dell’ostro, la presenza dell’avversario, che t’inasprisce: ma questa dell’intelletto ti reca infiniti mali all’anima, e al corpo. «Obscurentur oculi eorum ne videant. — Si offuschino i loro occhi, sicchè non veggano » (Salmi 69, 24); che ne segue? « et dorsum eorum semper incurva — e aggrava mai sempre il loro dorso ». Quando il Demonio ti ha accecato, ti domina come vuole. II. Perchè chi soggiace a cecità corporale, cerca aiuto, cerca appoggio, come faceva quell’Elimasso, che accecato da S. Paolo, subito «circumiens quaerebat, qui ei manum daret — aggirandosi intorno cercava chi gli desse mano » (Atti degli Apostoli 13, 11). Ma chi ha la intellettuale, lo sdegna superbamente, non vuol guida, non vuol governo, stima di veder più di tutti, e così tanto più va a trascorrere in perdizione. «Vae qui sapientes estis in oculis vestris, et coram vobismetipsis prudentes. — Guai a voi, che siete saggi negli occhi vostri e nel cospetto vostro prudenti » (Isaia 5, 21). III. Perchè al più la cecità corporale ti può precipitare in qualche alta fossa, donde molte volte non sarà ancora gran cosa, che ti rilevi : ma l’ intellettuale ti precipita nell’ Inferno, donde se tu vi cadi una volta, non ti alzi più: « Cadit justus, et resurgit, impii autem corruent in malum. — Cade il giusto e risorge; ma gli empii precipitano nel male » (Proverbi 24, 16). Con tutto dunque lo studio bisogna, che tu procuri di non incorrere in una così terribile cecità. Che se per disgrazia vi fossi pur troppo incorso, tien per costante, che il miglior rimedio a guarire è quello, il quale usò Gesù Cristo col cieco nato. Mettiti il tuo loto su gli occhi, « Collyrio inunge oculos tuos, ut videas. — Ungi gli occhi tuoi col loro medicamento per vedere » (Apocalisse. 3, 18). Pensa, che sei di creta, che sei di cenere, e che così tu puoi morire ad ogni ora; e di poi va, non tardare, e ricorri al bagno della Confessione Sagramentale: «Vade ad natatoria Siloe — Va alla piscina di Siloe » (Vangelo di Giovanni 9, 11); e quivi disciogliendoti tutto in amaro pianto, lavati bene, che questo poi ti finirà di donar la perduta vista: « Videte: nescitis enim quando tempus sit. — State attenti: imperocchè non sapete quando sia il tempo » (Marco 13, 33).

II.

Considera la seconda cosa, la quale ti vien richiesta, ch’è, che tu vegli : « Vigi — vegliate » ; e ciò vuol dire, che non ti lasci addormentare da’ peccati veniali. « Evigilate justi, et nolite peccare. — Vegliate, o giusti, e non peccate » (Prima lettera ai Corinzi 15, 34). Questo è quel sonno, di cui parlò qui parimente l’Apostolo. Ma benchè questo sia sonno comune a’ giusti, non lo sprezzare, perchè è nocevole, forse assai più che non credi. I. Perchè è vero, che non ti perverte l’intelletto, come fa il peccato mortale, che è cecità; ma l’adombra, l’appanna, lo sbalordisce, sicchè non sei pronto a discorrere nelle cose di tuo profitto, come un che veglia. Piuttosto fa, che tu perdati dietro i sogni, cioè dietro le vanità. Quei che sono « dormientes —addormentati », che genti sono? Lo dice Isaia, 56, 10; sono altresì « amantes somnia — amanti de’ sogni ». II. Perchè ti riduce a grandissima povertà: « Noli diligere somnum, ne te egestas opprimat. — Non amare il sonno, affin di non essere oppresso dall’indigenza» (Proverbi 20, 13). E che guadagno è il tuo, se non ti guardi da’ peccati veniali, dalla vanagloria, dalle impazienze, dalle invidiette, dalle continue trascuratezze, che usi nella vita spirituale? Quello, che ti fa ricco, è la vigilanza. «Aperi oculos tuos, et saturare panibus. — Apri gli occhi tuoi, ed avrai pane da saziarti » (ibidem). III. Perchè, dormendo, perdi la custodia di te, e così resti facilmente esposto agl’insulti de’ tuoi nemici, come fu di Sansone, di Sisara, di Oloferne, e di altri infiniti: che però gridava’ Isaia : « Surgite Principes, arripite clypeum. — Alzatevi, o Principi, date di piglio allo scudo » (Isaia 21, 5). Non vedi tu, quanto i Demonii son abili a sopraffarti, mentre san che tu sprezzi i peccati piccioli? A poco a poco ti persuadono i grandi, e così mentre dormi, ti dan la morte, quando tu meno te ‘l credi. «Venerunt in Lais ad populum quiescentem, atque securum, et percusserunt eos in ore gladii. — Arrivarono a Lais, a quel popolo dormiglioso e senza sospetto, e ne fecer macello » (Giudici 18, 27). Che hai però da fare? Svegliarti con dare orecchio alla voce del tuo Signore, che da tanto tempo ti chiama a vita perfetta. E poi per non tornare di nuovo a cadere nel sonno, pensa al dì ultimo, che si accosta presto, presto. Non vedi tu, che non ci è tempo da perdere? In questo Mondo sarebbe desiderabile vegliar sempre, tanto breve è la nostra vita. Che voglio dire? Sarebbe desiderabile non commettere mai peccati veniali; ma non si può. Bisogna dunque far come i Santi, i quali per dormir meno, che mai potessero, usavano industrie somme, digiunavano, studiavano, salmeggiavano. Così fa tu. Sopra ogni cosa guardati sempre dall’ozio, di cui tu forse fai leggerissimo caso, e pur quest’è, che ti genera tanto sonno : «Pigredo immittit soporem. — L’ozio fa venire il sonno » (Proverbi 19, 15). La vita è breve, dunque sta occupatissimo, e così farai come i Santi, che non cedevano al sonno, se non oppressi: «Vigilate, nescitis enim quando tempus sit. — Vegliate, perocchè non sapete quando sia il tempo ».

III.

Considera la terza cosa, la quale ti è richiesta, ch’è, che tu ori: Orate: e ciò vuol dire, che non lasci mai di raccomandarti al Signore: « Sine intermissione orate. — Orate senza intermissione » (Tessalonicesi 5, 16). Ma come può praticarsi? E’ manifesto, che orare non vuol dir altro, se non che palesare a Dio il desiderio, che hai del suo aiuto di acquistar l’umiltà, di acquistar l’ubbidienza, e di conseguire altri beni spettanti all’anima, che è ciò, di cui qui si parla. Il Signore sa molto bene il tuo desiderio, contuttociò ti ha richiesto, affine di esaudirti compitamente, che glielo scuopri. Posto ciò, tu devi, se tu vuoi orare senza intermissione, aver primieramente i tuoi tempi debiti, in cui tu scuopri giornalmente al Signore un tal desiderio. Se sono brevi, siano almeno frequenti, perchè questi vagliono assai: «Multum valet deprecatio justi assidua. — Molto può l’assidua preghiera del giusto » (Lettera di Giacomo 5, 16). Quando poi lasci di palesare, come si è detto, al Signore un tal desiderio per la stanchezza, per lo studio, o per altre tue convenevoli occupazioni, tu devi almeno tenerlo vivo nel cuore, e così sempre in qualche modo orerai; se non orerai in atto, orerai almeno in virtù. Quando perdi un tal desiderio, meschino te! allora è quando le cose tue vanno male: finchè v’è questo, benchè di tanto in tanto tu cada inconsideratamente in qualche difetto, puoi con facilità rilevarti, perchè stai sempre in qualche modo dimandando al Signore il suo santo aiuto. E benchè sia vero, ch’egli molto più ti esaudisce, quando tu chiedi in atto l’aiuto suo; contuttociò ti esaudisce anche spesso quando tu lo chiedi in virtù: « Desiderium pauperum exaudivit Dominus. — Il Signore ha esaudito il desiderio de’ poveri » (Salmi 10, 17). — Qui convien dunque, che tu adesso rivolga tutti i tuoi sforzi ad orare. E ciò non solo in virtù, ma quanto più ti è possibile, ancora in atto; perchè questo è quell’orare, di cui il Signore singolarmente favellò, quando disse: Videte, vigilate et orate. Vuoi farlo bene? Pensa spesso alla morte: pensa, ch’è pronta, pensa, ch’è prossima, pensa, che forse è imminente, e non dubitare. Oh come ti raccomanderai caldamente! Non passerà quasi momento tra ‘1 giorno, che tu non ti ricordi di Dio; mercecchè il timor grande è un affetto, il quale molto più incita di sua natura a raccomandarsi, che non fa il desiderio. « Josaphat timore perterritus — Giosafat pien di timore » (Secondo libro delle Cronache 20, 3), sai cosa fece? « totum se contulit ad rogandum Dominum — si rivolse tutto a pregare il Signore ». Così farai ancor tu. Ma tu ti figuri sempre la morte lontana assai, e però non ti raccomandi. « Orale, nescitis enim quando tempus sit. — Pregate, perocchè non sapete quando sia il tempo ».

IV.

Considera quanto è vero che tu non sai quando abbia a giugnere l’ora tua: Nescis quando tempus sit. Nessuna cosa vi è, che ti possa promettere un sol momento di vita: e per contrario qual cosa v’è, che non sia bastante a levartela ogni momento? La morte ti sa cogliere in tutti i modi; ti sa cogliere per assalto, ti sa cogliere per agguato. E non può essere, ch’ella già ti abbia raggiunto, e non te ne avveda? Mira quel povero pesce, ch’è nella rete, mentre ella ancora è sott’acqua : non ne sa niente: gode, guizza, tripudia, come fan gli altri, a cui non sovrasta male alcuno; ma frattanto egli è già spedito. Così può essere agevolmente di te. Forse già la rete è gittata; non ci vuol altro, che con velocissimo tratto recarla a terra. E tu non vi badi? Oh che compassione! « Illaqueavi te, et capta es, Babylon, et nesciebas. — Io ti ho colta al laccio, o Babilonia, e se’ stata presa senza saperlo » (Geremia 50, 24). Non tardar però di riflettere a’ casi tuoi. Sta apparecchiato, sta attento, fa quanto prima una confessione, quale appunto vorresti farla, se adesso avessi a morire; giacchè veramente non sai « quando tempus sit — quando sia il tempo ». Puoi sperare, ma « nescis — non sai » : puoi sospettare, ma « nescis — non sai » : puoi procacciarti natività dagli Astrologi quanto vuoi; ma per questo saprai mai nulla? Io sto a vedere, che tu pretenda di far con esse restare bugiardo Cristo. Egli ti dice, che « nescis — non sai». Ti basti ciò: non dar più fede alle lusinghe di alcuno. Non credere ad età fresca, non credere a sanità, non credere a carnagione, non credere a complessione, non credere a qualunque alto vigor di mente, perchè, quando Cristo disse: « Videte, vigilate, et orate, nescitis enim quando tempus sit — Vedete, vegliate, ed orate, perocchè non sapete quando sia il tempo », che pretese? Parlare ai soli Apostoli? No ti dico : parlare a tutti. E così conchiuse: « Quod autem vobis dico, omnibus dico. — Quello poi, che io dico a voi, lo dico a tutti ». Or va tu dunque con le tue fole, ed escluditi, se tu puoi, dal numero di coloro, a cui parlò Cristo. Tu chiunque sii, o sano, o malato, o giovane, o vecchio, o grande, o vile, o ricco, o mendico, tu, ritorno a dire, « nescis quando tempus sit — non sai quando sia il tempo »: non dico « erit — sarà », ma «sit — sia », perchè non v’è circostanza, in cui l’ultim’ora non possa per te già essere di presente.

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