OTTOBRE
X. GIORNO
Incertezza di nostra salvazione.
« Nescit homo utrum amore, an odio dignus sit, sed omnia in futurum servantur incerta. — Non sa l’uomo s’ei sia degno di amore, o di odio; ma tutto rimane nell’incertezza fino al tempo che verrà » (Qoèlet 9, 1, 2).
I.
Considera come l’Ecclesiaste non parla in questo luogo di qualunque genere di uomini, o giusti, o peccatori ch’ eglino sieno, parla de’ giusti, perchè i peccatori sanno apertamente d’essere degni d’odio : ma i giusti non sanno apertamente d’essere giusti, e però nemmen sanno apertamente di esser degni d’amore. E la ragion della differenza si è, perchè il peccato è tutt’opera nostra, e però facilmente noi possiamo sapere se ne siamo rei. La grazia infusa, e inerente, che ci fa giusti, tutta è opera di Dio, ed opera intima, ed opera impercettibile, e così non possiamo saper se ne siamo adorni. Sappiamo noi bensì, che questa infallibilmente si conseguisce, quando sian precedute le debite disposizioni: ma di questo chi ci assicura? I canali per li quali in noi discende la grazia santificante, sono due soli: il Battesimo, e la Penitenza. Il primo ci cancella il peccato originale, il secondo il peccato attuale. Quanto al primo è necessaria l’intenzion del Ministro, e questa rimane a noi occultissima. Quanto al secondo, oltre all’intenzion del Ministro, è necessaria dal canto nostro la detestazion del peccato, la quale abbraccia un vero pentimento, e un vero proponimento. E di questa chi ci fa certi, che giunga sin a quel segno, che si conviene? giacchè non si può negar, che si trova scritto : « Cum quaesieris Dominum, invenies eum — Quando cercherai il Signore, lo troverai », ma ancora si trova aggiunto : « si tamen toto corde quaesieris eum, et tota tribulatione animae tuae — se però con tutto il cuore lo cercherai, e con tutta la contrizione dell’anima tua » (Deuteronomio 4, 29). E qui sta l’ambiguità. « Nescit, adunque, nescit homo utrum amore an odio dignus sit, sed omnia in futurum servantur incerta — Non sa l’uomo s’ei sia degno di amore, o di odio; ma tutto rimane nell’incertezza fino al tempo che verrà »; cioè a dire « in futurum tribunal Christi — al futuro tribunale di Cristo ». Fino a tanto che non compariremo colà, sempre vivremo in una grave incertezza di noi medesimi, senza neppur sapere se ci salveremo. Che però quando qui si dice: Nescit homo utrum amore, an odio diinus sit — Non sa l’uomo s’ei sia degno di amore, o di odio », s’intende di qualunque odio. S’intende di quell’odio semplice, il qual Dio porta al peccatore, mentre lo vede in peccato, e per quel peccato lo ha egli sì bene a sdegno, ma pur lo tollera; ch’è odio d’indignazione. E si intende di quell’odio sommo, il qual Dio gli porta, quando lo vede in peccato, e per quel peccato non solamente lo ha a sdegno, ma permette anche, che in quel peccato egli muoia, e così si danni, ch’è odio di reprobazione. E tu ti trovi in un’incertezza sì orribile qual è questa, e non ti commovi? « Timor, et tremor venerunt super me, et contexerunt me tenebrae. — Il timore, e il tremore mi han sorpreso, e nelle tenebre sono involto » (Salmo 55, 6); cioè, « quia contexerunt me tenebrae — perchè nelle tenebre sono involto ». « Timor — Timore » quanto allo stato presente; « tremor — tremore » quanto al futuro.
II.
Considera come a prima vista pare, che il Signore proceda verso noi molto duramente, mentre ci tiene tutta la vita nostra in così profonda incertezza, quando, sol che volesse, sarebbe a lui tanto facile il liberarcene. Contuttociò non potea forse provveder egli meglio al nostro bisogno. Perchè, se fossimo certi del nostro buon stato presente, quanto facilmente verremmo ad insuperbire, e così a decadere da un tale stato? E se fossimo certi della nostra buona fine futura, quanto facilmente verremmo a trascurar lo stato presente? Dirai, che il Signore potrebbe darci all’istesso tempo tanta abbondanza di grazia, che non incorressimo alcuno di tali rischi. Sì certamente: ma mentre tuttavia non lo fa, segno è che ha ragion grandissima di non farlo, più che di farlo. E qual è quel medico, che debba prender dagli ammalati le regole intorno al modo di governarli? Egli è, che sa quali sieno le più giovevoli, non son essi. Oh quanto frutto hanno cavato ancora i maggiori Santi da una tale incertezza, acerba sì, ma beata! Anzi questa incertezza è stata quella appunto, la quale ha dati alla Chiesa i maggiori Santi : perchè questa ha fatto, che essi non solo si mantenessero del continuo umilissimi innanzi a Dio, nelle cui mani vedevano le loro sorti, ma che si mantenessero del continuo ancora umilissimi innanzi agli uomini, che giustamente potevano giudicare di sè migliori. E quanti sono quegli uomini che tu sprezzi, perchè follemente ti reputi più di loro? « Nescit homo utrum amore an odio dignus sit; sed omnia in futurum servantur incerta —Non sa l’uomo s’ei sia degno di amore, o di odio; ma tutto rimane nell’incertezza fino al tempo che verrà »: e tu contuttociò ti reputi francamente da più di tanti, che sono forse dinanzi agli occhi di Dio in uno stato tanto maggiore di grazia, che non è ‘l tuo; e che saranno in uno forse tanto anche maggiore di gloria? Oh che presunzione insensata! « Vidi impios sepultos, dice l’Ecclesiaste (8, 10), qui etiam cum adhuc viverent, in loco sancto erant, et laudabantur in civitate, quasi fustorum operum. — Vidi degli empi portati alla sepoltura, i quali mentre tuttor vivevano, stavano nel luogo santo, ed erano celebrati nella città, come persone date al bene ». Eppure erano empi a quel tempo stesso. Che sarebbe dunque, se un dì si avesse a potere ciò scrivere ancor di te, sopra la tua sepoltura? Però sta umile, mentre pendono ancora le cose incerte.
III.
Considera come questa incertezza, se ben la ponderi, è di tal pro, che quando ancora fosse riposto in tua elezione di uscirne, con ricever da Dio su questo stante medesimo avviso certo della tua salute futura, contuttociò, fui per dire, che non dovresti curartene in modo alcuno. E per qual cagione? per dipendere tutto con gran fiducia dalla misericordia del tuo Signore: « Ecce Deus Salvator meus: fiducialiter agam, et non timebo. — Ecco Dio mio Salvatore: agirò con fidanza, e non temerò » (Isaia 12, 2). Oh se sapessi, che gran merito è questo, a pensarvi bene! che vantaggio! che utile ! Non puoi forse fare al Signore un onor maggiore. Quindi è, che un suo servo vero, dopo essere stato più anni afflitto per la sollecitudine, che gli dava il pensiero orribile della sua predestinazione, pigliò poi tanta confidenza, che quando Dio gli avesse un dì posta in mano scrittura autentica, in cui lo assicurasse del Paradiso, egli disse a lui con gran cuore, che gliel’avrebbe voluta stracciare in faccia, per seguitare a dipendere come prima dalla sua bontà sola. Basta pertanto, che tu provi in te il testimonio della tua buona coscienza, la qual ti dica, che tu non hai sicurezza di colpa tale, che ti costituisca nello stato presente nemico a Dio, perchè allora qual dubbio c’è, che converrebbe andar subito a confessarsi? Basta che tu anzi desideri di servire a Dio più che puoi, nell’ufficio tuo, di dargli gusto, di dargli gloria; basta che ad occhi aperti tu non vogli ammetter colpe, neppur leggiere: e dipoi figurati, che il Paradiso è per te : « Si cor nostrum non reprehenderit nos, fiduciam habemus ad Deum. — Se il nostro cuore non ci condanna, abbiamo fiducia dinanzi a Dio » (Prima lettera di Giovanni 3, 21). Dirai, che i giudizi Divini sono occultissimi. Chi nol sa? « Judicia Dei abyssus multa. —Abisso grande (sono) i giudizi di Dio ». Ma però, qual è l’àncora in tanto abisso? Sempre ricorrere a Dio, sempre raccomandarsi a Dio, sempre dire a Dio, che si degni di non permettere, che tu mai gli sii traditore. Fatto ciò, la fiducia, che fermi in lui, ti varrà più di qualsisia sicurezza : giacché quanto questa più ti accrescerebbe di quiete, tanto più ancor ti varrebbe a scemar di merito : « Erit tibi anima tua in salutem, quia in me habuisti fiduciam, ait Dominus. — Tu salverai l’anima tua, perchè hai confidato in me, dice il Signore » (Geremia 39, 18).