NOVEMBRE
X. GIORNO
Sopra la beatitudine quarta : si parla di quei che bramano la giustizia.
« Beati qui esuriunt et sitiunt justitiam; quoniam ipsi saturabuntur.— Beati quelli, che hanno fame, e sete della giustizia; perchè questi saranno satollati » (Vangelo di Matteo 5, 6).
I.
Considera come per nome di giustizia dee intendersi in questo luogo tutto ciò, che opera l’uomo giusto, ch’è quanto dire ogni genere di virtù : « Beati qui faciunt justitiam in omni tempore. — Beati quelli, che in ogni tempo praticano la giustizia » (Salmo 106, 3). Nota però, come il Signore non si contentò qui di dire : « Beati qui faciunt — Beati quelli, che praticano », conforme disse il Salmista; ma passò innanzi, e disse « esuriunt, et sitiunt — hanno fame, e sete », perchè non è sufficiente il far sempre bene: bisogna sempre anelare a farne anche più, con ardore immenso. E però questa Beatitudine spetta agli Incipienti, spetta ai Proficienti, e spetta ai Perfetti : i quali tutti, come tanti affamati, e tanti assetati, non debbono dir mai : basta. Non pensino gl’Incipienti di entrare in questo bel numero di Beati, se nel principio della lor conversione si applichino a fare del bene con voglia languida, non altrimenti che se.andassero bensì a tavola, ma svogliati. Anzi è loro d’uopo applicarvisi con una risoluzione, se tanto potrà riuscire, di farsi Santi, e non dir mai come alcuni : Purchè abbia un luogo in Paradiso, mi avanza : sia qual si vuole. Oh che parlar da insensato ! E i Proficienti non pensino mai di entrare in un sì bel numero, se quando sono arrivati ad un certo segno, stimino di poter quivi mettere la loro meta. Non v’è meta in servire a Dio : « Qui justus est, justificetur adhuc — Chi è giusto, si faccia ancora più giusto » (Apocalisse di Giovanni 22, 11). E così sempre essi han da tendere ad una perfezion maggiore, e maggiore, come se allor cominciassero : « Cum consummaverit homo, tunc incipiet. — Quando l’uomo avrà finito, allora sarà da capo » (Ecclesiastico o Siracide 18, 6). E in sì bel numero, nemmeno possono entrare i Perfetti stessi, se paghi di quel bene che fanno in sè, non procurino di farlo, per quanto possono, e ancor in altri; poichè la fame, e la sete della giustizia non è ristretta solamente al ben proprio, ma si stende ancora all’altrui. E la ragion è, perchè quanto più del tuo pascolo corporale tu porgi ad altri, tanto men senza dubbio nutrisci te. Ma nello spirituale avviene il contrario. Tanto nutrisci più te, quanto più del tuo pascolo porgi ad altri. E però la fame, e la sete della giustizia che ti consuma, non può scusarti dall’aprir largamente tutti i granai, e tutte le grotte a tutto il tuo vicinato. Anzi chiama pur i lontani ancora a saziarsi abbondantemente : « Venite, comedite panem meum, et bibite vinum, quod miscui vobis. — Venite, mangiate il mio pane, e bevete il vino che ho annacquato per voi » (Proverbio 9, 5). Perchè così darai pienamente a conoscere di avere della giustizia una vera fame, una vera sete; sete in riguardo a quel bene, ch’è simile alla bevanda, cioè al più facile; fame in riguardo a quello, che è più simile al cibo, perchè è più duro. E così parimente « Beati qui esuriunl, et sitiunt justitiam — Beati quelli, che hanno fame, e sete della giustizia ». Che fame dunque, o che sete è giammai la tua, se ad ogni poco di bene che tu ti faccia, ti par già tanto?
II.
Considera come questa fame, e questa sete, ora dette, sono segni di Predestinazione. Perchè ti portano in Cielo ad un posto altissimo. E però disse Cristo : « Beati qui esuriunt, et sitiunt justitiam; quoniam ipsi saturabuntur — Beati quelli, che hanno fame, e sete della giustizia; perchè questi saranno satollati ». Che ti portino al Cielo, è fuor d’ogni dubbio, perchè se Cristo ti afferma ch’hai da saziarti, ciò non ti può mai succedere in altro luogo. In terra devi star sempre affamato, e sempre assetato. E la ragion è, perchè non puoi qui giammai giugnere a farti giusto tanto che basti. Anzi allora sol sarai giunto a qualche segno notabile di giustizia, quando conoscerai con approfittarti, quanto ancora ne stii lontano. Così dice Sant’Agostino : « Multum in hac vita ille profecit, qui quam longe sit a perfectione justitiae, proficiendo cognovit. — Molto progredì in questa vita colui, il quale conobbe con approfittarne quanto sia lontano dalla perfezione della giustizia ». Resta solo dunque, che ti abbia a saziare in Cielo, dove la giustizia è perfetta : « Satiabor cum apparuerit gloria tua. — Sarò satollato all’apparir della tua gloria » (Salmo 17, 15). Ma non meno ancora si prova che ti portino in Cielo ad un grado altissimo. Perchè la sazietà dev’essere in ogni genere a proporzione del desiderio. Non è bastevole a saziare un grande affamato, o un grande assetato ciò, ch’è sufficientissimo a chi si trova con una brama tenuissima di ristoro, o di refrigerio. E però mentre ti assicura il Signore, che ti sazierai di giustizia, postane ancora un’avidità, qual è quella che tu ne provi, convien che a te n’abbia senza dubbio a toccare un’imbandigione molto più lauta di quella che ne debba toccar ad altri, assai men curanti. E questo è giugnere in Cielo ad un posto altissimo: « Esurientes implevit bonis. — Ha ricolmati di beni i famelici » (Vangelo di Luca 1, 53) : non sol « refecit — ristorò », ma « implevit —ricolmò ». Perchè chi in Cielo è più giusto, vien premiato anche più di chi è meno giusto. Che fai tu dunque, che non adoperi tutti i mezzi ad accendere una fame in te, e una sete di sì gran pro? Vuoi conseguirlo? Caccia i cattivi umoracci. Prova a stare un poco digiuno, ma stabilmente, da quei diletti o sensuali, o sensibili, di cui pur troppo ti gravi. Comincia in vece a gustare un poco di quelli, che dà lo spirito. Datti all’ orazione frequente. Internati a contemplar, quanto bella cosa sia 1′ esser giusto : quanto utile, quanto gioconda, quanto gloriosa. E con ciò in te sveglierassi della giustizia così gran fame, così gran sete, che ti struggerai in ricordarti di non potertene mai su questa misera terra saziare appieno.
III.
Considera qual sia la ragione, che indusse Cristo a collocare questa Beatitudine in quarto luogo. La ragion è, come ci dicono i Santi, perchè avendo egli con le Beatitudini precedenti rimosso l’uomo dal male : dall’affetto a quei beni ch’ha sotto sè, con farlo giugnere ad una rinunzia totale di tutto il suo; dall’affetto di sovrastare, con rintuzzargli per mezzo della Mansuetudine l’irascibile, e dall’affetto al piacere corporeo, con reprimergli ancor la concupiscibile per mezzo di un alto lutto; restava ora che lo promovesse anche al bene, conforme a quella gran legge : « Declina a malo, et fac bonum. — Fuggi il male, e opera il bene » (Salmo 37, 27). E però in prima egli cominciò dal mettergli di questo una fame, e una sete ardente. Perchè la prima disposizion che ci voglia a far del bene assai, è bramar di farlo. Vero è, ch’ogni virtù, perchè giunga a Beatitudine, vuol essere, come già più volte si è detto, in grado non solamente comunale, ma eroico. E però Cristo non appagossi qui di qualunque brama, ancorchè sia di giustizia, con dire : « Beati qui cupiunt, et concupiscunt justitiam — Beati quelli, che bramano, e desiderano la giustizia », ma volle ch’ella fosse una brama simile a quella di un affamato, e di un assetato, ch’è la più viva, che possa trovare un uomo; e così usò questi termini sì espressivi : « esuriunt, et sitiunt — hanno fame, e sete ». Degli Israeliti assediati in Gerusalemme disse il Profeta, che « dederunt pretiosa qu.Tque pro cibo ad refocillandam animam — diedero tutte le cose più preziose per aver cibo da ristorarsi » (Lamentazioni 1, 11). Non « ad sustentandam — da sostentarsi », che già più non potevano sperar tanto, ma solo « ad refocillandam — da ristorarsi ». E così devi parimente far tu : devi non curar cosa alcuna di questo mondo, qualor si tratti di dare all’anima tua questo pascolo sì nobile di giustizia, che tanto più è da stimarsi. Ciò dimostrerà, che tu abbia per verità quella brama che Cristo intende: brama simile a quella di un affamato, o di un assetato. Che se tu con tutti que’ mezzi di sopra addotti non sai giugnere a conseguire una brama tale, sappi per lo meno desiderare di giugnervi. Desidera di desiderare: « Concupivit anima mea desiderare justificationes tuas in omasi tempore. — L’anima mia bramò di desiderare le tue giustificazioni in ogni tempo » (Salmo 119, 20). Fa come quell’ammalato, il qual è vero ch’è privo d’ogni appetito : ma oh quanto Io pagherebbe! Fa dico tu similmente: tanto più, che non è in potere dell’ammalato il conseguir l’appetito per questo solo, ch’egli il desideri. Laddove se tu desideri questo appetito sì ardente della giustizia, di cui parliamo, già con ciò cominci ad averlo.
IV.
Considera come a questa Beatitudine corrisponde il Dono della Fortezza. E la ragion è, perchè a superare quelle difficoltà, che s’incontrano affine di soddisfare un appetito di giustizia sì veemente, sì vivo, quale abbiam detto, non basta qualunque ardore, ci vuol coraggio. Mira un poco quanti sono i pericoli a cui si espone quell’affamato per provvedersi di ristoro, o quell’assetato per provvedersi di refrigerio. Va fino ad inoltrarsi talor tra le squadre armate, come facevan gli assediati in Betulia. Però Fortezza ci vuole. Senza questa non si fa nulla : « Desideria occidunt pigrum — I desideri uccidono il pigro » (Proverbio 21, 25). Perchè il pigro ha cuore da bramar quanto ogni altro la perfezione, ma non ha cuore da mettersi quant’ogni altro all’acquisto di essa. Ed ecco ciò che ritarda te per ventura da tanto bene, quanto del continuo faresti. Avere uno spirito fiacco. Temi gli incontri, temi i detti, temi le derisioni, temi i pericoli, che puoi sovente anche incorrere della vita. Però alla voglia, che forse provi grandissima di far bene, questo è necessario di aggiugnere, la Fortezza : « Manus fortium divitias parat — La mano de’ forti accumula ricchezze » (Proverbio 10, 4).