FEBBRAIO
X GIORNO
Qual debba esser la corrispondenza dovuta a Dio per essere stati posti alla luce della Fede.
« Sicut in die honeste ambulemus: non in commessationibus, et ebrietatibus: non in cubilibus, et impudicitiis: non in contentione, et aemulatione: sed induimini Dominum Jesum Christum, et carnis curam ne feceritis in desideriis– Camminiamo con onestà, come è proprio di giorno: non nelle crapule, e nelle ubbriachezze, non nelle morbidezze, e nelle disonestà, non nella discordia e nella invidia: ma vestitevi del Signore Gesù Cristo, e non abbiate cura della carne nelle sue con cupiscenze»
(Lettera ai Romani 13, 13, 14).
I.
Considera il favore, che Dio ti ha fatto in collocarti laddove è giorno; in die, non tra le tenebre della Gentilità, o del Giudaismo, o della Eresia, ma in un paese cattolico, e forse ancora in un Ordine Religioso, dove il giorno è più chiaro. Che hai però tu da fare per corrispondere a un benefizio sì grande? Hai da procedere, come si costuma di giorno: « honeste ambulare – camminare con onestà». Di giorno è proprio assettarsi onorevolmente, star composto, star culto; e di giorno è anche proprio di camminare, perchè di notte s’inciampa. Questo dunque è il tuo debito: honeste ambulare, honeste dinota l’ornamento delle virtù: ambulare l’avanzamento: perchè non bisogna mai fermarsi, ma sempre andare di bene in meglio, « de virtute in virtutem – di virtù in virtù» (Salmi 83, 7). Adempi tu questo debito interamente?
II.
Considera, che di giorno non ti con vengono le opere della notte, quali sono le opere di coloro, che non conoscono Cristo. Queste sono di due sorti. Alcune appartengono alla concupiscibile, e sono smoderato mangiare, Smoderato bere, Smoderato dormire, a cui finalmente succedono tante bruttissime impudicizie. Altre appartengono alla irascibile, e sono tante contese, che s’intraprendono per arricchire, per avvantaggiarsi, per giugnere ad alto posto, a cui va sempre congiunta l’emulazione, ch’è quanto dire in questo luogo, l’invidia del bene altrui. Mira se in te si ritrova alcuna di tali Opere tenebrose, e confonditi: giacchè tutte queste opere « commessationes, ebrietates, cubilia, impudicitiae, contentiones, aemulationes — le crapule, le ubbriachezze, le morbidezze, le disonestà, le discordie, le invidie» sono opere tali, che al cospetto di persone savie recano confusione, però si fanno più volentieri di notte: «Opera tenebrarum – opere delle tenebre» (Lettera ai Romani 13, 12),
III.
Considera, che in cambio di queste opere sopraddette tu t’hai ora a vestire di Gesù Cristo, cioè d’uno spirito, che fu tutto ad esse contrario, come tu, scorrendo per esse, potrai vedere. Ma che vuol dire: « Induere Dominum Jesum Christum – vestirsi di G. Cristo» ? Vuol dire imitarlo di modo, che chi ti vede ravvisi in te Gesù Cristo, il suo parlare, il suo procedere, il suo faticare ecc., come appunto si dice, che sulla scena taluno veste la persona reale, tanto sa bene imitarla. Questa è quella perfettissima imitazione, a cui se non giungi, almeno devi aspirare; giacchè « induere – vestire», secondo la frase Ebrea, non solo è un coprire semplicemente, è un coprire con abbondanza. « Spiritus Domini induit Gedeonem. – Lo Spirito di Dio investì Gedeone » (Giudici 6, 34). « Spiritus Dei induit Zachariam. — Lo Spirito del Signore investi Zaccaria » (2. Par. 24, 20). « Sacerdotes tui induantur justitiam. — I tuoi Sacerdoti s’investano di giustizia » (Salmi 132, 9). Hai dunque da imitar Gesù Cristo di tal maniera che « induas illum – te ne investa», cioè lo imiti con una imitazione totale.
IV.
Considera, che a questa imitazione nessuna cosa pregiudica più, che quel grande affetto, che abbiamo alla carne nostra, giacchè la vita di Cristo fu tutta spirituale, cioè tutta contraria alla carne. Però si soggiunge: « et carnis сuram, nе feceritis in desideriis – e non abbiate cura della carne secondo le sue concupiscenze»: non si dice assolutamente, « et carnis curam ne feceritis — e non abbiate cura della carne», ma «in desideriis – secondo le sue concupiscenze »: perchè tu hai da governar a tua carne non secondo quello, ch’essa desidera, ma secondo quello, che la ragion ti prescrive, Se tu soddisferai la carne, perche ella te lo domanda, non farai mai punto di bene, Mira prima s’è ragionevole il soddisfarla. E così: « carnis curam ne feceris in desideriis – non avrai cura della carne secondo le sue concupiscenze », ma « Secundum rationem – secondo la ragione».