La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

SETTEMBRE

 

I. GIORNO

Della Scuola del Redentore e come debba seguirsi al confronto delle altre scuole.

« Beatus homo, quem tu erudieris, Domine, et de Lege tua docueris eum. — Beato l’uomo, cui tu avrai dirozzato, o Signore, e a cui avrai insegnata la tua Legge » (Salmo 94, 12).

 

I.

Considera come nessuna cosa incende tanto gli scolari allo studio, quanto la bontà del Maestro. Ma qual Maestro è stato al Mondo migliore di Gesù Cristo? Questo è quel Maestro, promessoci tanto innanzi per Isaia, con quelle parole : « Erunt oculi tui videntes Praeceptorem tuum. — Gli occhi tuoi vedranno il tuo Precettore » (Isaia 30, 20). E però parea, che tutti di ragion dovessero correre alla sua scuola, con somma calca. E pure appena v’è chi vi vada, non che vi corra. Non ti stupire, se però qui esclama il Salmista : « Beatus homo, quem tu erudieris, Domine — Beato l’uomo, cui tu avrai dirozzato, o Signore! ». Notano tutti, che egli dice « homo — l’uomo », non « homines — gli uomini » perchè raro è chi s’induca a studiar davvero sotto di un tal Maestro, benchè sì degno. Più volentieri si corre ogni dì a coloro, che sono « prurientes auribus — solleticanti le orecchie », cioè a Maestri ingannevoli, i quali ti promettono, se gli ascolti, di farti a un tratto beato con quei loro dogmi, che porgono, di vendicarsi, di ambire, di accumulare, di dare al senso ogni sfogo; e poi ti tradiscono, perchè ti rendono reo di eterna miseria: « Popule meus, qui te beatum dicunt, ipsi te decipiunt. — Popolo mio, quei, che te dicono beato, t’ingannano » (Isaia 3, 12). Beato veramente sarà, chi si farà discepolo, ma fedele, di Gesù Cristo, perchè egli solo conseguirà il sommo bene. Rendi grazie al Signore, perchè tu puoi con tanta facilità goder, se vuoi, di presente sì gran Maestro, massimamente nella scuola sua eletta, ch’è quella dell’Orazione, e confonditi se non l’odi.

II.

Considera, che i Sovrani Legislatori danno sì bene le Leggi a’ popoli loro; ma non le insegnano. Lasciano ai Dottori la cura di montar poi sulle cattedre, e di spiegarle. Non così già questo Maestro Divino. Questo dopo aver promulgata di sua bocca la Legge sul Monte Sinai, è giù disceso in persona a montare in Cattedra, affine di spiegare la Legge già data, e di mostrare a chiunque fosse la forma di praticarla con la maggior perfezione che sia possibile, affinchè cessi la scusa, se non si pratica : « Ego ipse, qui loquebar, ecce adsum. — Io stesso, che parlava, ecco che sono presente » (Isaia 52, 6). Però gli disse qui Davidde : « Beatus homo, quem tu erudieris, Domine — Beato l’uomo che tu avrai dirozzato, o Signore »; non « lui — i tuoi », ma tu. Non aveva egli la sua invidia a coloro, che avean sortito per Maestro un Mosè, o che sortirebbono un Isaia, un Geremia; ma bensì a quegli, i quali un dì sortirebbono Gesù Cristo Figliuol di Dio. E questi appunto siam noi. Com’è però mai possibile, che non c’infiammiamo di tutto cuore allo studio? Tanto più, che gli altri Maestri, qualunque siano, che posson fare? Possono dare i loro precetti agli orecchi, ma non al cuore. Egli solo è che « dat viam sonanti tonitruo — segna la strada a tuono che romoreggia » (Giobbe 38, 25). E fa che giunga la voce de’ suoi Ministri, de’ suoi Predicatori, de’ suoi Profeti, a risvegliare la mente, e ad illuminarla. E però non solo può dirsi per verità, ch’egli sia il Maestro migliore sopra la terra, ma ancor l’unico: « Ne vocemini Magistri, quia Magister vester unus est Christus. — Non vi chiamate Maestri, poichè l’unico vostro Maestro è Cristo » (Vangelo di Matteo 23, 10). Mercecchè tutti gli altri che spacciansi per Maestri, sono Maestri che giungono ad operare solamente al di fuori, ma non di dentro. Nessun altro fa che tu intenda ciò che ti è detto, nessun che tu lo eseguisca.

III.

Considera, che quando anche gli altri Sovrani Legislatori s’inducono ad insegnare, ch’è caso raro, le loro Leggi, non vogliono la fatica di porgere agli scolari i primi elementi : ma lasciano altrui la cura di dirozzarli nelle scuole inferiori di grado in grado, ed essi poi gli ricevono già introdotti alle dottrine più alte. Il nostro Legislatore non fa così: « Ego eruditor omnium eorum. — Io sono instruttore di tutti loro » (Osea 5, 2). Egli è che insegna a color che son dirozzati, ed egli è che li dirozza : Beatus homo, quem tu erudieris, Domine, et de lege tua docueris eum. Anzi chi può mai dire con qual pazienza egli eserciti un tale uffizio singolarmente di dirozzare? « Sicut homo erudit filium suum — Siccome l’uomo dirozza il suo figlio » (Deuteronomio 8, 5), quando il figliuolo è per appunto più incapace, e più inetto, « sic Dominus Deus tuus erudivit te — così il Signore Dio tuo ha dirozzato te ». Tu per te stesso puoi intendere facilmente quanto di fatica ebbe a durare il Signore con te, nelle prime lezioni ch’egli ti diede, per dirozzar il tuo spirito, ch’è quanto dire, per distaccar da te quelle inclinazioni cattive, che t’impedivano a poter mai ben apprendere la sua Legge; per toglierti l’alterigia, per toglierti l’ambizione, per toglierti il sommo amor che avevi a te stesso. « Eruditus sum, puoi forse ancora tu di te dire con verità, eruditus sum quasi juvenculus indornitus. — Fui dirozzato qual giovenco indomito » (Geremia 31, 18). E piaccia al Cielo, che ancor egli abbiati dirozzato abbastanza, benchè già da tanti anni ti tenga a scuola. E ti stupisci, s’egli poi non ti dà quelle lezioni sublimi, che son sue proprie? La ragion è, perchè ti trova anche rozzo. Tu vorresti nell’Orazione esser tosto partecipe di quei lumi, che da lui ricevono i Santi. Te lo concedo. Ma questo appunto è il mal tuo, che tu vorresti essere addottrinato da così degno Maestro, ma non vorresti ancor esser dirozzato. Lascia prima ch’egli ti tolga il soverchio affetto, che ritieni ancora alle proprie comodità, e ai proprii capricci; e poi non temere ch’egli non ti dia quelle lezioni sì nobili che ameresti. Ma se prima tu non permetti che ti dirozzi perfettissimamente, non v’è pericolo ch’egli giammai ti addottrini. Senti come parla il Salmista « Beatus homo, quem tu erudieris, Domine, et de Lege tua docueris eum — Beato l’uomo, cui tu avrai dirozzato, o Signore, e a cui avrai insegnata la tua Legge ». Prima « erudit — dirozza », poi « docet — insegna »; non prima « docet — insegna », poi « erudit — dirozza ».

IV.

Considera, che il proprio di un tal Maestro è l’insegnare non solo ciò che appartiene all’adempimento della sua Legge; ma ancora i misteri altissimi della Fede, quali sono quei delle tre Persone Divine, della Predestinazione, della Provvidenza, della Grazia, ed altri non mai più uditi : « Eructabo abscondita a constitutione Mundi. — Manifesterò cose nascoste sin dalla formazione del Mondo » (Vangelo di Matteo 13, 35). Contuttociò nota altissima maraviglia. Il Salmista non chiama qui beato alcun di costoro, che vengono sì da Dio ammaestrati in tali misteri, ma sì bene nella sua Legge: « Beatus homo, quem tu erudieris, Domine, et de Lege tua docueris eum — Beato l’uomo, cui tu avrai dirozzato, o Signore, e a cui avrai insegnata la tua Legge »; non « de arcanis tuis —i tuoi misteri », non « de judiciis tuis — i tuoi giudizi », non « de incomprehensibilibus tuis — l’incomprensibile », ma « de Lege tua — la tua Legge ». Perchè, senza la scienza specolativa di misteri sì alti tu puoi salvarti; ma senza la scienza pratica della Legge ora detta, tu mai non puoi. E però mira un poco quanto rilieva, che in questa scienza procuri di approfittarti, più che in ogni altra! Questa è quella scienza la quale ti fa beato. La Beatitudine è doppia. Una perfetta, ed è quella della patria; l’altra imperfetta, ed è quella della via. La Beatitudine della patria è il veder Dio. La Beatitudine della via è il camminare diritto per quella via che ti conduce alla patria. Ma la via che ti conduce alla patria, non è la scienza esattissima de’ misteri, ma della Legge: « Beati immaculati in via, qui ambulant in Lege Domini. — Beati quelli che nella via del Signore sono senza macchia, che camminano nella Legge del Signore » (Salmo 119, 1). Ecco quei che son detti Beati in via: quei che serbandosi immacolati dal fango, che pur troppo attraversasi in quella medesima strada che guida al Cielo, van sempre innanzi nella, Legge Divina con piè costante, ambulant in Lege Domini. E s’è così, chi non vede quanto più di studio hai da porre in saper la Legge di Dio, che in saper tutte le dottrine del Mondo? Che ti varrà la tua scienza di poesia, di jus civile, di jus canonico, di morale, di Teologia sublimissima, se ti danni? E pur con tutte queste e con altre tali, per così dire infinite, tu puoi dannarti: ma non con quella della Legge Divina, se hai quella scienza, la qual s’insegna, com’abbiam detto, immediatamente da Dio, ch’ è la scienza pratica. La specolativa medesima della Legge si apprende ancora da’ libri spirituali che ne discorrono; la pratica da Dio solo. E però qui dice parimente il Salmista: « Beatus homo, quem tu erudieris, Domine, et de Lege tua docueris eum — Beato l’uomo, cui tu avrai dirozzato, o Signore, e a cui avrai insegnata la tua Legge », perchè neppure di questa materia stessa così importante, qual è la Legge Divina, egli curava più che tanto la scienza specolativa: volea la pratica. Tu, qual puoi già gloriarti di possedere? Nè l’una sorta, nè l’altra, ma bensì le scienze profane che apprezza il Mondo.

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