La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

MARZO

I. GIORNO

Sopra la Morte.

 

« Deus meus es tu: ne discesseris a me: quoniam tribulatio proxima est, quoniam non est qui adjuvet. — Tu se’ il mio Dio, non allontanarti da me: perocchè la tribolazione è prossima; perocchè chi soccorra non è » (Psal. 21, 11).

 

I.

Considera, che queste parole dovresti avere sempre in bocca, considerandoti oramai vicino alla morte, giacchè furono appunto parole dette dal Salmista in persona di chi stava già moribondo: « Deus meus es tu, ne discesseris a me: quoniam tribulatio proxima est, quoniam non est qui adjuvet. — Tu se’ il mio Dio, non allontanarti da me: perocchè la tribolazione è prossima; perocchè chi soccorra non è ». E quando hai maggior bisogno, che il Signor tuo non si allontani da te, che in quell’ultim’ora? Pensa che dipende da essa una eternità, o di premio, o di pena.

II.

Considera, che la morte è chiamata tribolazione, perchè ella è quasi un compendio di quante tribolazioni mai sono al mondo. Gran tribolazione è riputato l’esilio. Ma nessun esilio aver puossi maggiore della morte. Non ti resta più allora neppur un luogo sopra la terra. Gran tribolazione è perdere i conoscenti, perder i confidenti, perdere quei parenti a te sì diletti. E la morte ti toglie tutti. Gran tribolazione è scapitare di splendide facoltà. E la morte neppur ti lascia un soldo. Anzi colle facoltà ti spoglia ancor degli ossequii, ti spoglia de’ maneggi, ti spoglia de’ Magistrati. Gran tribolazione è perder l’uso sì caro de’ sentimenti, perder la vista, perder l’udito, perdere la favella. E così ti accade alla morte. Aggiungi a ciò le infermità dolorose, che l’accompagnano, le nausee, le amarezze, gli ardori, le convulsioni. Ma sopra tutto ella è intitolata tribolazione, perchè reca seco quella tribolazione, ch’è la maggiore di quante mai se ne provino. E qual è questa? Il tormento che dà la mala coscienza: Oh quanto questo alla morte sarà crudele! « Cur timebo in die mala? disse il Salmista. — E perchè avrò io a temere del giorno estremo? » « Iniquitas calcanei mei circumdabit me. — L’iniquità or non appresa dell’opre mie da per tutto mi circonderà di terrore » (Salmi 48, 5). Quella iniquità, che ora tieni, per dir così, sotto le calcagna, quella che non apprendi, quella che non apprezzi, ti comparirà alla tua morte come un gigante, che da per tutto ti circonderà di terrore. Dovunque ti volti non ti parrà su quell’ora di vedere altro, che il tuo peccato. Ti sfuggiran dalla mente tutti i diletti, tutti i guadagni, tutte le glorie, e sol ti parrà di vedere la tua iniquità. Contentati dunque un poco di mirar ora, ma seriamente, qual è quell’iniquità, che alla morte è per darti maggior travaglio, affine di ripararvi. Non la sprezzare, non la sprezzare, perciocchè allora non sarà come adesso. Adesso ti riesce in qualche maniera di fare star cheto il cane, ch’è la coscienza, con gettargli dinanzi un boccone melato di qualche trattenimento, che lo diverta, con lisciarlo, con lusingarlo, con dargli a credere, che non sia sì maligno, sì brutto com’è dipinto. Ma allor non sarà così. Allora conoscerai molto bene il peccato per quel ch’egli è, per un’opera pessima, per un’opera portentosa; e dall’altra parte non vi sarà più pascolo alcuno da dare al cane, perchè sarà già arrivato « dies finitionis — il dì che tutto finisce » (Ecclesiastico o Siracide 40, 2). Finite conversazioni, finiti conviti, finite caccie, finiti trattenimenti: però giudica tu, se così digiuno dovrà il cane mandarne latrati orrendi. Vuoi tu davvero acquietarlo? Caccia via quanto prima il ladron dal cuore, altrimenti oh come la coscienza ti farà alla morte conoscere chiaramente la tua sciocchezza, la tua infedeltà, la tua ingratitudine, la tua temerità, la tua già irreparabile perdizione ! Questa è la tribolazione maggior di tutte: il rimorso della coscienza: Inter tribulationes humanae animae nulla major est, quam conscientia delictorum. Così dice S. Agostino. E questo mai non sarà maggior che alla morte; quando già l’anima vicina al suo Tribunale, si mirerà quasi innanzi l’irato Giudice, vedrà gli accusatori, udirà le accuse, stimerà di esser già data in preda a’ carnefici.

III.

Considera, che questa tribolazione è prossima; Proxima est, e forse anche più che non credi. Però tu sei solito di temer poco la morte, perchè sempre te la figuri come lontana. Vuoi tu saper quanto è prossima? Quanto sono quegli accidenti o di natura, o di consiglio, o di caso, che possono cagionartela ogni momento. Ti fidi forse tu, perchè tuttavia ti conosci fresco di età, sei vigoroso, sei vegeto? Non ti fidare, perchè la morte sa colpir tanto i giovani, quanto i vecchi. Per questo fingiti pure, ch’ella se ne stia sempre armata di spada, e d’arco: « Gladium suum vibrabit, arcum suum tetendit. — Ruoterà la sua spada, ha già teso l’arco » (Salmi 7, 13). Colla spada colpisce i vecchi, che già più non si possono riparare; coll’arco i giovani: non vale mettersi in fuga. E poi figurati di dovere ancor vivere lungamente. Quanto sarà? Cinquant’anni? Non saria poco. Sessanta? non è sicuro. Settanta? non è sperabile. Ma quando anche fosse, « numquid non paucitas dierum tuorum finietur brevi? — non finirà egli ben presto il numero de’ tuoi giorni? » (Giobbe 10, 20). Non vedi tu, come questi anni ti volano presto via? Certo è, che i futuri non saranno più lunghi di quel che siano stati i preteriti. Ma volta il guardo all’età trascorsa, e vedrai se ella fu veloce: « Dies mei velociores fuerunt cursore. — I giorni miei sono stati più veloci di un corridore » (Giobbe 9, 25). Perchè un corridore, per robusto ch’egli si sia, bisogna pure, che di tanto in tanto si fermi a ripigliar fiato, come faceva fin un Ercole stesso, compiti ch’egli avea quei suoi passi, che dipoi diedero la misura allo stadio. Ma il tempo non ferma mai. Però che hai da fare? Non lo perdere. Presto, presto, accomoda quanto prima le cose tue: « Vasa transmigrationis fac tibi. — Prepara il bisognevole per la tua trasmigrazione » (Geremia 46, 19).Confessati come avresti voluto farlo alla morte: Paga quanto prima i tuoi poveri creditori, paga Chiese, paga Chiostri, adempi legati pii: se hai qualche inimicizia che ti molesti, troncala, toglila, aggiustala quanto prima a qualunque patto, ancorchè ti paia di poca riputazione; perchè quando i giorni son brevi, non convien perderli: « Quis enim despexit dies parvos? — Imperocchè chi mai fece poco conto de’ giorni brevi? » (Zaccaria 4, 10).

IV.

Considera finalmente, che non solo la morte è tribolazione maggior di tutte, non solo è tribolazion prossima; ma è parimente tribolazion senz’aiuto: Non est qui adjuvet. Se non sarà allora il Signore che ti soccorra, povero te! vedrai come tutti gli amici a te già sì cari ti lascieran derelitto, Vir repromittit proximo suo, et cum perdiderit reverentiam, derelinquetur ab eo, dice l’Ecclesiastico (Ecclesiastico o Siracide 29, 23). Tu per certo avrai fatto forse assai più di quello che non dovevi. Ma che? Aspetta di essere già disperato dai Medici (ch’è quando perdesi ancora a’ Principi sommi la riverenza), e allor vedrai che sarà. Ti volteranno le spalle : se pur piuttosto non ti staranno a spogliare, come ad alcuni si fa, la camera in faccia. Quei Religiosi medesimi, i quali per carità ti verranno allora ad assistere, quei Parrochi, quei Pastori, peneranno a fermartisi lungamente d’intorno al letto per la malignità del tuo fracidume. Solo un piccolo Crocifisso sarà il tuo rifugio in così dolorosa tribolazione. Ma con qual volto lo rimirerai, ricordandoti di averlo già curato sì poco? Oh che cordoglio! Oh che crepacuore! oh che lutto ! Ecco quegli amici, per cui tante volte o conculcasti la legge di cotesto tuo buon Signore, o lasciasti almen di osservarla perfettamente : su, che ti aiutino: « surgant, et opitulentur tibi; surgant, et liberent te — si sveglino e ti porgano aiuto, sorgano e ti salvino » (Deuteronomio 32, 38 / Geremia 2, 28). Sono spariti. « Non est qui adjuvet — Non v’ha chi te soccorra ». E quando anche vogliano, che ti possono far di bene? Pregar per te? Ma quanto pochi saranno ancora quei, che lo facciano caldamente ! Credi tu, che morto che sii, non vogliano il dì seguente ritornar tutti a rider come prima? Nessuno sarà che per te debba perdere facilmente un’ora di sonno, se pur non sia per paura. Quanto meglio dunque faresti a tenertela or bene col tuo Signore, il quale solo alla morte potrà soccorrerti ! Lascia andare una volta tante amicizie, tante visite, tante veglie, tante conversazioni, in cui passi continuamente le intere sere. Pensa più all’anima tua. Mettiti sotto i piè tanti vari rispetti umani. Non ti far servo a quelle creature ingratissime, infedelissime, o se non altro a tuo pro totalmente inutili. Stringiti al tuo amico fedele: « Ipse enim dixit; non te deseram, neque derelinquam — Imperocchè egli ha detto, non ti lascierò, nè ti abbandonerò » (Lettera agli Ebrei 13, 5). Oh che soavi parole! Piglia spesso in tua mano quel Crocifisso, con cui probabilmente dovrai morire, e giuragli fedeltà. Bacialo, accarezzalo, abbraccialo, bagnalo, quasi stessi già moribondo, di calde lagrime, e fa quegli atti, che forse su quell’estremo non potrai fare. Pregalo, che « non te deserat — non ti lasci », colla protezione: pregalo, che « non te derelinquat — non ti abbandoni », colla presenza; giacchè l’uno e l’altro favore ha su quell’ultimo passo prestato a molti. E se in tal caso non avrai più altri, che « adjuvet, — ti aiuti », poco importa: « Confidenter dicamus, Dominus mihi adjutor; non timebo quid faciat mihi homo. — Con fidanza diciamo: il Signore è mio aiuto: non temerò quel che uom mi sia per fare » (Lettera agli Ebrei 13, 6). Se Gesù sarà a favor tuo, qual dubbio c’è, che non avrai da curarti di ciò che allor facciasi da qualunque uomo carnale? Se pur per uomo non si deve anzi intender in questo luogo il demonio stesso, chiamato molte volte ancor egli nelle Scritture con questo nome di uomo: « Inimicus homo, malus homo, mendax homo — L’uomo nemico, l’uom cattivo, l’uom mendace », non perchè punto tu n’abbi in morte a sperare di umanità, ma perchè è stato soggiogatore dell’uomo; come Scipione fu chiamato Affricano dal suo solenne soggiogamento dell’Affrica.

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