DICEMBRE
I. GIORNO
Delle preparazioni necessarie all’orazione.
« Ante Orationem prepara animam tuam: et noli esse quasi homo qui tentai Deum. — Prima di pregare prepara l’anima tua: e non essere come un uomo che tenta Dio » (Ecclesiastico o Siracide 18, 23).
I.
Considera come v’ è doppio modo di tentar Dio; l’uno espresso, l’altro interpretativo. L’ espresso è quando l’ uomo trascura di fare quello che può dalla parte sua, non ad altro fine, che di provare sin dove giugnerà la pietà, la potenza, o la scienza del suo Signore nel provederlo. L’ interpretativo è quando l’uomo non ha veramente per fine della sua trascuraggine una tal prova, ma pur procede come se di fatto l’avesse. Posto ciò, raro è colui, che quando lascia di apparecchiarsi per l’ Orazione, intenda provare, se Dio, non ostante ciò, vorrà comunicarsegli interiormente, come fa con chi si apparecchia. E però l’Ecclesiastico qui non disse: « et noli tentare Deum — e non tentar Dio», ch’è il tentare espresso. Ma non è raro chi lasci di apparecchiarsi, quasi che egli intenda di prendere una tal prova. E però disse l’Ecclesiastico « et noti esse quasi homo qui tentat Deum — e non essere come un uomo che tenta Dio », ch’è il tentare interpretativo. E che altro fai, quando senza alcun apparecchio ti presenti ad orare al Divin cospetto, se non che quivi tutto quasi commetterti alla ventura? Ma Iddio vuole, che tu non trascuri di far dalla parte tua quello a che giungono le tue deboli forze anche in tal affare. E però non hai da stupir, se nell’Orazione ti trovi arido, dissipato, distratto : la colpa è tua; perchè potendo anche tu prepararti ad essa, come fan tanti buoni servi di Dio, lasci tuttavia di ciò fare, o per disapplicazione, o per dapocaggine, e ti persuadi frattanto, che non però Dio mancherà di mostrarti nell’Orazione quel volto amabile, che altri si guadagnano a costo di molta diligenza, e di molta disposizione. E non è questo una spezie di presunzione più che ordinaria? Anzi è d’irreligiosità parimente, e d’irriverenza; perchè, se quando hai da parlare al tuo principe, tu pensi prima assai bene ciò ch’hai da dirgli; perchè non hai da pensarvi più, quando vai per parlare a Dio? « Ne temere quid loquaris coram Deo. — Non parlare temerariamente presso Dio » (Qoèlet 5, 1).
II.
Considera come questa preparazione altra è rimota, altra è prossima. La preparazione rimota è la vita monda, e mortificata; monda, perchè con questa disponsi l’intelletto, come specchio terso, a ricevere lume in copia; mortificata, perchè con questa disponsi la volontà, come vaso vuoto, a partecipare quei diletti di spirito, che Dio nega a chi non gli sacrifica quei de’ sensi. E la preparazione prossima è il ritiramento, il raccoglimento, e soprattutto il prefiggimento di ciò, che tu vuoi proporti di ponderare in pro tuo, come ti ammaestrano i Santi. Però massimamente qui dice il Savio: « Ante Orationem prae para animam tuam, et noti esse quasi homo qui tentai Deum — Prima di pregare prepara l’anima tua, e non essere come un uomo che tenta Dio ». Imperciocchè non è quasi un tentare Iddio il porti in Orazione a guisa di barca improvvida, che senza timone, senza guida, senza governo, non altro vuole se non che sol lasciarsi portar dal vento? E se questo non soffia, che fia di te? E poi che pretendi? Che soffii quello appunto che ti bisogna, secondo le circostanze? Questo è obbligare il tuo Signore a miracoli manifesti. Però considera sempre quale sia quel debito che più ti stringe, o quale quel difetto a cui più soggiaci, e verso quello indirizza la tua Orazione. Se tu per avventura ti reputi sì perfetto, che non ti fia più di mestieri pensare a perfezionarti, anzi a riformarti nelle tue larghezze, e a riaverti ne’ tuoi languori, oh quanto t’inganni ! « Non verearis usque ad mortem justificari — Non ti rattenere di avanzar nella giustizia sino alla morte », disse l’Ecclesiastico: e detto ciò soggiunse subito per ricordo immediato: « Ante Orationem prepara animam tuam — Prima di pregare prepara l’anima tua », perchè tu sappia, che tanto tempo ancora hai tu da durare ad apparecchiarti per l’Orazione, quanto tempo hai da durare a giustificarti.
III.
Considera come a te può parere di vivere apparecchiato per l’Orazione continuamente. Ed io ti rispondo, che se così è, non è per te il ricordo qui suggerito dal Savio: perchè chi sta apparecchiato, qual dubbio c’è, che non ha più bisogno di apparecchiarsi? Ma guarda bene, che sia così, come dici. Vi sono alcuni, i quali all’Orazion si contentano di stare come stipiti, come sassi, senza far nulla. E ad un tal genere di Orazione è facile (chi no ‘l sa) lo stare apparecchiato anche del continuo. Ma tu non hai da contentarti di ciò. Hai da volere nell’Orazione esercitare co’ Santi le tue potenze in onor Divino. E però, se tu non sei di que’ pochi, i quali hanno il cuor sempre acceso di amore in atto verso il Signore, e non solo in abito, sicuramente hai da preparar prima l’esca con cui svegliarlo, quando ti raccogli ad orare: conciossiachè siccome l’Orazione è un atto di mente, così anche è certo, ch’ella non consiste nell’abito, ma nell’atto. Però tu scorgi fin a qual segno ha da giugnere l’apparecchio, che il Savio qui ti prescrive. Ha da giugnere a segno, che andando tu all’Orazione, non apparisca di andare a tentare Dio. Ed apparisce di andare a tentare Dio, chi volendo un fine, non pone innanzi que’ pochi mezzi, che può dalla parte sua per sortirlo più facilmente. Ma par a tè di por tali mezzi, quando andando tu innanzi a Dio per trattar con esso un negozio sì rilevante qual è quello della tua salute, del tuo profitto, della tua perfezione, non hai premeditato in particolare ciò ch’hai da chiedergli a sì gran fine? Dirai, che ti è bastante di chiederglielo solo in genere? Ma non così t’insegnò a far Gesù Cristo: « Jesu Fili David miserere mei — Gesù Figliuol di Davidde abbiate pietà di me », avea detto a lui già in generale il Cieco di Gerico. Eppure Cristo lo invitò a dimandare in particolare ciò che volesse: « Quid vis ut faciam tibi? — Che vuoi ch’io ti faccia? » per insegnarci, come notano i Santi, amarsi da lui, che noi gli esponiamo con fiducia i bisogni nostri, anche più precisi : « Domine: ut videam. — Signore, ch’io vegga ».
IV.
Considera come quantunque andando ad orare hai da prefiggerti il fine, al quale specialmente indirizzansi i tuoi pensieri, come sarebbe o l’abbattimento di un vizio, o l’acquisto di una virtù, o l’imitazione di Cristo più generosa : contuttociò non ti devi talmente legare ad esso, che se. Dio nel decorso ti porta ad altro, non l’abbi tosto a seguire con libertà. Che vuole il Savio? Vuol egli altro forse da te, se non che non sii come un uomo il qual tenta Dio? Noli esse quasi homo, qui tentat Deum. Ora non tenta Dio quel pilota, il quale affine di provvedersi di viveri, drizza la prora al tal paese, o al tal porto; e dipoi, perchè il vento lo spigne ad altro non meno buono, si lascia portar dal vento. Tenta Dio quel che non drizza la prora a niuno, ma vuole andare a quel solo paese, a quel solo porto, a cui il vento lo spignerà. Però due sono gli estremi in questa materia : l’uno è non prefiggerti fine niuno quando ti accosti ad orare : l’altro è prefiggertelo, ma con sì rigida legge, che vi stii ancora attaccato. E ambi son da schivarsi. Nel rimanente può avvenire, che ancor non apparecchiandoti, qualche volta l’Orazion ti riesca bene. Ma non sai quanto ti riuscirebbe anche più, se ti apparecchiassi. Le medicine possono talvolta giovar, anche prese a caso. Ma le salutari sono contuttociò le prese con metodo : « Disciplina medici exaltabit caput illius. — La scienza del medico lo innalzerà agli onori » (Ecclesiastico o Siracide 38, 3).