APRILE
I. GIORNO
Il benefizio delle Divine Scritture.
« Quaecumque scripta sunt, ad nostram doctrinam scripta sunt; ut per patientiam, et consolationem scripturarum spem habeamus. — Tutte le Scritture sono ordinate a nostra istruzione; affinchè per la pazienza, e la consolazione di esse cresca in noi la speranza » (Lettera ai Romani 15, 4).
I.
Considera, che singolarissimo benefizio è stato quello, che ci ha fatto il Signore, quando ci ha lasciato un tesoro sì inestimabile, e sì inesausto, qual è quello delle sue Scritture divine. Sono queste state tutte da lui dettate immediatamente di bocca propria : e però appunto sono dette Scritture, non sono dette composizioni: «Quaecumque scripta sunt, non quaecumque composita sunt: perchè i Profeti non usavano stento, non usavano studio, come gli altri Santi hanno usato nei loro libri : ma solo scrivevano ciò, ch’era loro dettato di mano in mano, intendendo subito il tutto. E come il dettature era felicissimo, così essi penavano solamente a tenergli dietro; ch’è quello a che alluse Davide, quando disse: « Lingua mea calamus scribae velociter scribentis. — La mia lingua è come penna di scrittore, che scrive velocemente » (Salmo 45). Ora tutte queste Scritture Divine, di cui parliamo, così stimabili, quxcumque scripta sunt, sono tutte ordinate a profitto nostro, ad nostram doctrinam scripta sunt: perchè il Signore non avea per altro alcuna necessità di dettarle, se non era a nostra istruzione. E però guarda, quanto tu sii tenuto a rendergli grazie di una istruzione sì copiosa, sì soda, sì sussistente, quale è quella, che tu ricevi dalla sua bocca. Qui sì che bisogna dire con Isaia : « In doctrinis glorificate Dominum. — Per le sue istruzioni date gloria al Signore » (Isaia 24, 15).
II.
Considera, che ogni dottrina, affinchè ella sia perfetta, dev’essere utile : utile all’intelletto, e utile alla volontà; e tal è la dottrina, che tu ricevi nelle divine Scritture : « Ego Dominus Deus tuus, docens te utilia. — Io il Signore Dio tuo, che t’insegno quello, che è utile » (Isaia 48, 17). E’ utile all’intelletto, perchè dov’ella è dottrina speculativa, t’insegna il vero, e t’impugna il falso. Ed è utile alla volontà, perchè dov’ella è dottrina pratica, ti ritira dal male, e t’induce al bene : ch’è tuttociò, che può fare ogni gran dottrina. Però si dice : « Omnis Scriptura divinitus inspirata, utilis est ad docendum, ad arguendum, ad corripiendum, ad erudiendum. —.Ogni Scrittura divinamente inspirata è utile a insegnare, ad impugnare, a ritrarre, ad indurre» (Seconda lettera a Timoteo 3, 16); cioè « utilis est ad docendum e ad arguendum — è utile ad insegnare e ad impugnare » in quanto è speculativa, « ad docendum — ad insegnare » il vero, « ad arguendum — ad impugnare » il falso; e « utilis est ad corripiendum, e ad erudiendum — è utile a ritrarre, e ad indurre » in quanto è pratica, « ad corripiendum — a ritrarre » dal male, e « ad erudiendum —ad indurre » nel bene. Oh che dottrina perfetta dunque è mai questa, che Dio ti ha data! Ben tanto più dee crescere in te l’affetto nel ringraziarlo, mentre tu vedi, che « quaecumque scripta sunt, ad nostram doctrinam scripta sunt — tutte le Scritture sono ordinate a nostra istruzione »; nè sono scritte per darci solo una dottrina ordinaria, ma una dottrina qual era degna d’un Dio, cioè dottrina perfetta. Miseri tutti coloro, i quali non solo sprezzano tal dottrina, ma ancora la sdegnano « Loquentem perfecte abominati sunt. — Sdegnarono chi insegnava perfetta dottrina » (Amos 5, 10).
III.
Considera, che il fine primario, ch’ebbe il Signore in darci questa così perfetta istruzione, che si contiene nelle divine Scritture, fu per avvalorar la nostra fiacchezza intorno alla consecuzion dell’eterna beatitudine, ch’è quel fine ultimo, a cui tutti siamo creati. Perchè l’eterna beatitudine, come tu vedi, è un bene grandissimo, ma ancor arduo, e però spesso perdiamo la speranza di giungervi: perchè quanto da prima ci alletta la sua grandezza, tanto dappoi ci spaventa l’arduità. Ora che ha fatto il Signore? Ha ordinate le sue divine Scritture, sì speculative, sì pratiche, di tal modo, che tutte mirino a farci superar questa arduità, con due cose: con darci maravigliosi precetti, e maravigliosi esempi intorno al patire, e con darci maravigliosi precetti, e maravigliosi esempi intorno alla consolazion che reca il patire. Queste due cose non è credibile quanto giovino a farci superare l’arduità, che porta seco l’acquisto dell’eterna beatitudine, e così a farcene crescer la speranza: e di queste due cose, se miri bene, le Scritture son colme. Però si dice, che « quaecumque scripta sunt, ad nostram doctrinam scripta sunt, ut per patientiam, et consolationem scripturarum, hoc est per patientiam, de qua legitur in Scripturis, et per consolationem, de qua legitur in Scripturis, spem habeamus —tutte le Scritture sono ordinate a nostro profitto, affinchè per la pazienza e la consolazione di esse, cioè a dire, per la pazienza, e la consolazione, di cui si legge nelle Scritture, cresca in noi la speranza ». Oh se tu ti mettessi un dì di proposito a ponderare questi precetti, e questi esempi tanto maravigliosi, che le divine Scritture danno a vederci nell’uno e nell’altro genere, e di pazienza, e di consolazione, beato te! Acquisteresti di subito un tal lume nell’intelletto, un tal vigore nella volontà, che niuna difficoltà sarebbe omai più bastevole ad atterrirti. Io qui non posso rammemorarteli tutti, perchè sono infiniti. Tu se vuoi puoi raccoglierli per te stesso, perchè le Scritture non son giardino segreto, son campo aperto, dove chiunque va, coglie fiori.
IV.
Considera, che le divine Scritture non solo trattano di questa pazienza, e di questa consolazione, che qui si è detta, ma ancor l’infondono. Però quando si dice « per patientiam Scripturarum, et per consolationem Scripturarum — per la pazienza, e per la consolazione delle Scritture », non si vuol dir solamente « de qua legitur in Scripturis — di cui si legge nelle Scritture », ma si vuoi dire ancora, « quae infunditur a Scripturis —che s’infonde dalle Scritture ». Perchè le parole di Dio sono operatorie, e però hanno una forza ammirabilissima non solamente d’imprimere, ma d’infondere ciò che vogliono. Ti propongono quella pazienza, della quale si è ragionato, ti propongono quella consolazione, e nel tempo medesimo te la infondono di maniera, che ti stupisci di vederti tùtto mutato in sì breve tempo. Però fu detto di Cristo, che « in potestate erat sermo ipsius — le sue parole erano operatorie » (Vangelo secondo Luca 4, 32), non sol perchè egli parlava sempre da sè, di suo spirito, di suo senso, e non come i Profeti antichi, che sempre replicavano : « Hic dicit Dominus — questo dice il Signore »; ma ancora perchè egli avea nel parlare sì strana l’energia, sì stupenda l’espressione, sì insolita l’efficacia, che ottenea subito tuttociò che volea. Appena disse a Matteo, legato tanto altamente tra mille lacci d’interessi, e d’intrichi, « sequere me —seguimi », che subito l’ebbe dietro come un fanciullo. Ora simile a questa è la podestà ch’han le Scritture divine, quando sian lette con quella disposizione, che si conviene: t’infondono ciò, che vogliono. E così nel caso nostro t’infondono la pazienza, t’infondono la consolazione: t’infondono la pazienza, con far che la volontà, la quale prima abborriva tanto il patire, giunga anche ad innamorarsene; e t’infondono la consolazione, con far che l’intelletto, il quale prima era tutto rannuvolato, si rassereni, scorgendo con gran chiarezza, che il vero bene dell’uomo sopra la terra altro alfin non è se non questo, patir per Dio : « Omne gaudium existimate, fratres mei, cum in tentationes varias incideritis. — Come vero bene stimate, fratelli miei, le varie avversità nelle quali incorrerete » (Lettera di Giacomo 1, 2). Io so, ch’altri libri buoni ti fanno anch’essi talora un effetto simile, ma molto diversamente, perchè non fanno mai nè con tanta prestezza, nè con tanta profondità. Laddove il parlar divino, oh come ti penetra! « Vivus est senno Dei, et efficax, et penetrabilior omni gladio ancipiti. — Vivo ed efficace è il parlar divino, e più penetrante di qualunque spada di doppia punta » (Lettera agli Ebrei 4, 12). Vivo è colui, il quale se pur non opera, può operare: ma efficace è di più quegli, che opera. E tal è il parlar del Signore, « vivus et efficax — vivo ed efficace »; mira se davvero è efficace! « penetrabilior est omni gladio ancipiti è più penetrante di qualunque spada di doppia punta ». E che cosa è penetrare come una spada, se non che insieme passar con somma prestezza, e con somma profondità? e così fa egli. Che se vuoi sapere, perchè sia rassomigliato a una spada di doppia punta, gladio ancipiti, è per quello medesimo, ch’io dicea, perchè riporta due vittorie in un tempo: con una punta ti vince l’intelletto, coll’altra punta ti vince la volontà, e così ti fa subito tutto suo.
V.
Considera quanto sia giusto, che posto ciò tu ti doni alla lezione delle Scritture divine, almeno per quella parte, di cui nello stato proprio tu sei capace. Vero è che la lezione di queste Scritture non vuol essere come quella degli altri libri, vuol essere piuttosto una attenta meditazione: perchè tal è l’ossequio che si conviene a quel Signore, il quale in esse ci parla di bocca propria. Però tu non troverai, che il Santo David giammai dicesse puramente di leggerle, sempre disse di meditarle : « Legem tuam meditatus sum, meditabar in mandatis tuis, meditabor in justificationibus tuis. Praevenerunt oculi mei ad te diluculo, ut meditarer eloquia tua. — Meditai la tua legge, meditava sui tuoi precetti, mediterò su le tue giustificazioni. Prima del mattino a te si volsero gli occhi miei per meditar la tua legge » (Salmo 119). Senza che, in altra forma non è possibile di cavarne quel frutto, che si pretende; perchè le parole di Dio son parole altissime: han bisogno di essere ricercate profondamente: « Beati qui scrutantur testimonia ejus. — Beati quelli che profondamente ricercano le di lui parole » . Non dice « qui legunt — quelli che le leggono », ma « qui scrutantur — che le ricercano profondamente », perchè a trovare vene d’oro non basta scorrere leggiermente la Terra con un aratro, bisogna colle marre internarsi giù nelle viscere. Nè ti smarrire, se da principio a te paia di non intendere, perchè ancora l’Eunuco della Regina Candace non intendea da principio ciò, che egli andava così da sè rileggendo sopra il suo cocchio nel gran Profeta Isaia: « Putasne intelligis quae legis? — Credi tu d’intendere quello che leggi? » (Atti degli Apostoli 8, 30). Contuttociò, perchè il meschino faceva dalla sua parte ciò, che potea leggendo le Scritture con attenzione, quantunque non le intendesse, il Signore trovò maniera da fargliele bene intendere. Così sarà pur di te. Anzi quando anche tu non possa avere un Filippo, come l’ebbe l’Eunuco, che te le interpreti, non importa; « lnspiratio Omnipotentis dat intelligentiam. — Dall’inspirazione dell’Onnipotente viene l’intelligenza » (Giobbe 32, 8). Supplirà il Signore colle interne sue ispirazioni, come tu vedi, che supplì già con tante sue semplicissime Verginelle chiuse ne’ Chiostri, le quali ebbero un dono maraviglioso di approfittarsi di quelle parole divine, che mai non avevano udito spiegar da alcuno. Sian dunque queste parole il tuo caro pascolo. Non passi dì, che non ne rumini alcuna. Queste ti toglieranno a poco a poco il diletto di libri inutili : « Quid paleis ad triticum? dicit Dominus. — Che hanno a fare col grano le paglie? dice il Signore » (Geremia 23, 28). Ti staccheranno dalle vane conversazioni, ti affezioneranno all’orazione, ti alieneranno dall’ozio, ti riformeranno la lingua, con somministrarti materia di più divoti ragionamenti; e sopra tutto faranno, che in tutte quelle difficoltà, che s’incontrano nella vita spirituale, tu abbia subito pronto ancora il soccorso, sicchè provi pazienza, sicchè provi consolazione, come le provavan que’ nobili Maccabei, i quali afflitti, derelitti, depressi, perseguitati, contuttociò protestavano di non aver bisogno al Mondo di niente: Nos cum nullo horum indigeremus (Primo libro dei Maccabei 12, 9): e per qual ragione? sol perchè avevano sufficiente il conforto in quelle Scritture Divine, che del continuo tenevano tra le mani, benchè occupati dall’armi: Habentes solatio sanctos libros, qui sunt in manibus nostris. Nè ciò ti dia meraviglia. Perciocchè questo è il fine principalissimo, a cui ti dissi, che le Divine Scritture sono ordinate : « Quaecumque scripta sunt, ad nostram doctrinam scripta sunt: ut per patientiam et consolationem Scripturarum spem habeamus. — Tutte le Scritture sono ordinate a nostro profitto, afflnchè per la pazienza e la consolazione delle Scritture cresca in noi la speranza ».