AGOSTO
I. GIORNO
I Vincoli di S. Pietro.
Funesti effetti della vanità.
«Vir vanus in superbiam erigitur, et tamquam pullum onagri se liberum natum putat. — L’uomo vano s’insuperbisce, e, qual asinello salvatico, si crede nato alla libertà » (Giobbe 11, 12).
I.
Considera come l’ uomo, qui detto vano, è l’uomo vuoto di sapere, di senno, e d’ogni altro bene; perciocchè tale è la forza del suo vocabolo rata, donde ha [origine : ch’è quel vocabolo, che Cristo usò quando disse: « Qui dixerit fratri suo, raca, cioè vane, reus erit concilio. —Chi avrà detto al suo fratello, raca, cioè, vano, sarà reo nel consesso » (Vangelo di Matteo 5, 22). E pure ch’il crederebbe? e pur un tal uomo è quegli, che più di ogni altro comunemente s’insuperbisce: Vir vanus in superbiam erigitur. E quel ch’è più, s’insuperbisce a tal segno, che stima di essere al Mondo padron di sè, non si vuol sottomettere a Superiori, come dovrebbe, non gli venera, non gli ubbidisce, pretende poco meno ch’esimersi da ogni legge: e non si accorge frattanto, che con ciò aspira a quello che vanamente di sè promettesi un puledro, anche di asino, tra le selve, il qual si crede con baldanza grandissima di essere colà nato tra le fiere alla libertà: ma oh quanto si gabba! Perchè se l’altre fiere si lasciano in lor balìa, egli è cercato pur troppo per farlo servo, ed è facilmente ridotto a star legato ancor egli, a stentare, a sudare, ed a portar some, come fan gli altri di sua razza, che nascono nelle stalle: « Vir vanus in superbiam erigitur, et tamquam pullum onagri se liberum natum putat. — L’uomo vano s’insuperbisce, e qual asinello salvatico », il quale tanto s’inganna nella sciocchissima stima, che ha di sè, « si crede nato alla libertà ». Conviensi per tanto intendere, che l’uomo non è nato a vivere senza legge, come a lui piace; ma che gli bisogna star anche lui nei suoi vincoli con quella quiete medesima, con che San Pietro dimorò già tra’ suoi. Non vedi tu, che nei suoi vincoli giunse fin l’Apostolo a prendere un dolce sonno? « Erat Petrus dormiens inter duos milites, vinctus catenis duabus. — Pietro dormiva in mezzo a due soldati, legato con due catene » (Atti degli Apostoli 12, 6). Così devi dunque procedere ancora tu, se vuoi diportarti ancora tu da domestico del Signore, non da selvaggio. Tre sono per tanto i vincoli, da cui nessuno può sperar mai di esimersi interamente. I primi sono i vincoli dei precetti, che sono i vincoli di tutti gli uomini giusti. Chi si contenta di stare in questi, va totalmente esente dagli altri due, che sono i vincoli dei peccati, e i vincoli delle pene. Ma chi non si contenta di rimanersi tra i vincoli dei precetti, cade subitamente in quei dei peccati, che sono i vincoli proprii dei peccatori sopra la Terra. E chi da questi non torna opportunamente a quei dei precetti, cade finalmente nei vincoli delle pene, che sono i vincoli dei dannati all’Inferno. A te sta dunque l’eleggere ciò che vuoi, o i vincoli dei giusti, o i vincoli dei peccatori. Ma guarda bene, perchè se piuttosto vuoi quei dei peccatori, che quei dei giusti, ti converrà mal tuo grado passare un giorno anche a quegli che non vorresti; che sono, come udisti, i vincoli dei dannati.
II.
Considera in primo luogo quanto sian degni i vincoli dei precetti. Questi a prima vista par che ti leghino fortemente; ma non è vero : anzi più di tutto ti fanno operar da libero, perchè ti fanno operare secondo la ragione, e non secondo l’affetto. Nessun uomo è più servo per verità, che chi è servo alle proprie concupiscenze, perchè chi è tale, si trova da se stesso quasi necessitato a fare malgrado suo ciò che non vorrebbe : « Ego autem carnalis sum venundatus sub peccato; non enim quod volo bonum hoc ago; sed quod odi malum. — Io sono carnale schiavo del peccato; poichè non fo il bene, che amo; ma fo quel male, che odio » (Lettera ai Romani 7, 14, 15). Colui solamente è libero, che non serve alle proprie concupiscenze, ma n’è signore. E questo è ciò, che conseguisti con ubbidire ai precetti. Ti par però, che così belli vincoli sian di obbrobrio? Anzi questi suoi vincoli sono al giusto come collane, che non gli legano il collo in maniera alcuna, ma piuttosto l’adornano, l’abbelliscono, e fanno, ch’egli lo possa con più di onorevolezza levare al Cielo. Che se pur vogliam dire, che questi vincoli leghino il collo al giusto in qualche maniera, tenendolo a Dio soggetto, certo almen è, che se il legano, non lo aggravano, perchè siccome gli sono di sommo onore, così pur gli apportano un sommo godimento, e un sommo guadagno. Il godimento è certissimo. Conciossiachè chi è giusto vero, cioè, chi opera bene, non per impulso estrinseco di timore, ma sol perchè egli ama fare ciò, che va fatto, sente sì poco la legge sua, che talvolta arrivasi fino a dire, eh’ ei non ha legge: « Lex justo non est posita, sed injustis. — La legge non è fatta pel giusto, ma per gli ingiusti » (Prima lettera a Timoteo 1, 9). Non perchè il giusto non sia sottoposto anch’ egli alla legge, com’ è 1′ iniquo : ma perchè tuttociò, che ad uno s’impone, si impone a modo di peso; laddove al giusto la legge non è di peso, è di godimento : perchè l’obbliga a far solo quello ch’è di ragione, cioè l’obbliga a far ciò, ch’egli già farebbe, ancorchè non avesse legge; e così la legge gli è data, ma non gli è imposta. Imposta è solo all’iniquo, che vorria scuoterla come greve dal collo. E poi più certo del godimento è il guadagno. Perciocchè non sa l’uomo giusto la grande utilità, ch’egli cava da questi vincoli, in cui la legge lo mette? basti dir, che son vincoli di salute: Vincula illius alligatura salutaris (Ecclesiastico o Siracide 6, 31), di salute temporale, e di salute eterna. Perchè come a Giuseppe i suoi vincoli fur cagione, che Dio lo pigliasse prima a proteggere spezialmente, e che poi lo facesse ancora passar dai vincoli al soglio, così pure i suoi vincoli fanno al giusto. Fanno prima, che Dio gli sia più propizio negli accidenti di questa vita mortale: « In vinculis non dereliquit illum. — Tra le catene nol dimenticò » (Sapienza 10, 14): e poi fanno, che Dio dagli stessi vincoli lo innalzi finalmente alla gloria del Paradiso : « Donec afferret illi sceptrum regni. — Fino a tanto che a lui diede il bastone del regno » (Sapienza 10, 14). Perchè è ben vero, che dai vincoli materiali è stato al Mondo rarissimo un tal passaggio : « De carcere, catenisque interdum quis egrediatur ad regnum. — Qualche volta dalla carcere, e dalle catene passa taluno al regno » (Qoèlet 4, 14). Ma da quei vincoli, di cui parliamo, è continuo. Com’ è possibil però, che tu non ti animi tutto a restare in essi, se pur vi sei; o se non vi fossi, ad entrarvi? Beati vincoli, che ti fan veramente padron di te con tuo sommo onore, ti tengono il petto colmo di godimento, e ti fanno in vita ottenere con util sommo il divino aiuto, ed alla morte anche il regno.
III.
Considera in secondo luogo, quanto da questi vincoli dei precetti sieno diversi i vincoli dei peccati. Questi son vincoli, in cui non puoi giudicare qual sia maggiore, o il disonor ch’essi apportano, o il dolore, o il danneggiamento. Perchè quanto al disonore, quella stessa ragione, che rende ai giusti onorevoli i loro vincoli, rende i loro disonorevoli ai peccatori. E qual obbrobrio maggiore, che cedere come un bruto a quella violenza, che ti fan la libidine, l’avarizia, l’ambizione, che sono quelle tre furie così sfrenate, descritte da S. Giovanni? « Statim eam sequitur quasi bos ductus ad victimam, et ignorat, quod ad vincula stultus trahatur. — Egli tosto la siegue qual bue condotto al macello, e non sa egli lo stolto, che vien tratto alle catene » (Proverbio 7, 22). E quanto al dolore, qual contentezza può mai provare il cuor tuo, mentre i tuoi vincoli te Io riducono al fine in angustie altissime, e non fann’altro, che caricarti di scrupoli, di affanni, di angosce, di turbazioni? peso, che può bensì strascinarsi con pena somma, ma non portarsi : « Quasi vinculum plaustri peccatum. — Il peccato è come la fune del carro » (Isaia 5, 18). E quanto al danno, non sol ti tolgono il patrocinio divino, ma ti costituiscono a un tratto schiavo di Satana; sicchè se tu muori in essi, tu sei spedito. Nè vale il dire, che uscirai su quel punto da tali vincoli; perchè, dimando qui a te, chi te lo promette? « Ad cujus confugietis auxilium — A chi ricorrerete per aver aiuto » (Isaia 10, 3), dice il Signore, « ne incurvemini — per non piegare il collo » a quell’ora della vostra morte « sub vinculo — tra gli schiavi », più ancor di prima, « et cum interfectis cadatis — e non cadere tra’ morti », sicchè andiate anche in ultima dannazione? Però bisogna scuotere adesso con celerità questi vincoli sì dannosi, sì duri, e sì vergognosi, quando è tanto più certo ad un tale effetto il divino aiuto : « Excutere de pulvere, consurge, sede Jerusalem; solve vincula colli tui, captiva filia Sion. — Alzati dalla polvere, sorgi, ponti a sedere Gerusalemme, scuoti dal tuo collo il giogo, schiava figlia di Sion » (Isaia 52, 2). Che se tu vuoi scuoterli, tre sono a questo le vie. La Contrizione, la Confessione, e la Satisfazione. La Contrizione farà, che tali vincoli non ti sian più di rossore, mercè quel dolor sì nobile, che gli ha sciolti, o per dir meglio, gli ha incesi, gli ha inceneriti con le sue vampe: « Ecce ego video viros solutos in medio ignis, et nihil corruptionis in eis est. — Ecco, che io vedo uomini sciolti in mezzo al fuoco, e nulla hanno di guasto », che gli renda men riguardevoli. La Confessione ti otterrà spezialmente, che tu ti sgravi dal peso di tanti scrupoli, che del continuo ti tenevano oppresso (mercè la forza che avrà la mano del Sacerdote in proscioglierti di ogni colpa), e che così i tuoi vincoli, già sì duri, non ti molestino: « Dissoluta sunt vincula brachiorum illius per manus potentis Jacob. — 1 legami delle braccia di lui furono disciolti per mano del Dio potente di Giacobbe ». E la Satisfazione farà spezialmente anch’ella, che detti vincoli più non ti siano di danno, mercè la penitenza, ch’avrai già fatta a compenso dei tuoi peccati: « Haec dicit Dominus: Afflixi, et non affligam te ultra, et vincula tua disrumpam. — Queste cose dice il Signore: io ti ho afflitto, e non ti affliggerò di più, e romperò i tuoi vincoli », sicchè non ti abbiano più da condurre all’Inferno : e tu non vuoi valerti ancora di mezzi così giovevoli a tua salute? Avverti bene, perchè dai vincoli dei peccati alla fine altro non resta, che passare a quei delle pene, ch’è la ragione, per cui i peccatori si chiamano, « Declinantes in obligationes —Declinanti in obbligazioni » (Salmo 125, 5), perchè « declinant a praeceptis in peccata, quae ad poenas obligant. — Declinano dai precetti ai peccati, i quali obbligano alle pene ».
IV.
Considera quanti sian però questi vincoli delle pene, che sono i vincoli appartenenti ai dannati. Le sagre Carte gli riducono a tre. Alle tenebre, ai tormenti, e al decreto immutabile, ch’ha Dio fatto di tenere in eterno quei miserabili nella lor funesta prigione. I primi vincoli sono quei delle tenebre, che solo bastano ad impedirne ogni fuga. E tutti i dannati avranno a stare in esse allo stesso modo : « Vinculis tenebrarum compediti. — Legati da vincoli di tenebre » (Sapienza 17, 2). Figurati però qui, che sarà di loro. In quell’orribilissimo buio, che per tre giorni durò sopra gli Egiziani, dice il sagro Testo, che niuno di loro ardì mai muovere un passo dal luogo suo per timor di peggio: Nemo movit se de loco suo (Esodo 10, 23). Niuno accorrere al suo compagno, niuno alzarlo, niuno aiutarlo: « Una enim catena tenebrarum omnes erant colligati. — Perciocchè tutti erano cinti da una catena di tenebre » (Sapienza 17, 17). Pensa però tu, che dev’essere dei dannati. In quel sito, in cui gl’infelici si troveranno, in quel saranno dalla lor folta notte, quasi da una stessa catena, legati tutti, ad uso di tanti schiavi, che si potranno bensì maledire insieme, ma non soccorrere. I secondi vincoli sono quei dei tormenti, in cui ciascuno gemerà senza remissione, perchè sta scritto, che il Principe, quando è irato, « non puree] de malitia et de vinculis — nulla perdonerà al mal fatto, nè s’asterrà dal castigare » (Ecclesiastico o Siracide 13, 15). E però siccome il Signore laggiù « Non parcet aliquid de malitia — Non perdonerà al mal fatto », così nemmeno « Parcet aliquid de vinculis — S’asterrà dal castigare ». E pure, chi può dire, che vincoli sieno questi? Oh di quante guise! di ferro, di fuoco, di bitumi, di serpi, di scorpioni, di draghi, di tutti i mali possibili a immaginarsi. Non accade ch’io te gli annoveri ad uno ad uno. Tu facilmente puoi scorrerli da te solo. Se non che tutti questi vincoli stessi, i quali affliggono il senso, son come un nulla a paragone di quei, che affliggono lo spirito : « Vinculum illius, vinculum aereum est. — Il vincolo di lui è vincolo di bronzo » (Ecclesiastico o Siracide 28, 24). Tanto egli è degli altri il più greve. I terzi vincoli finalmente son quei, che nascono dal decreto di Dio immutabile : che però son detti vincoli eterni: « Angelos vero qui non servaverunt suum principatum, etc., in judicium magni diei, vinculis aeternis sub caligine reservavit. — Gli Angioli poi, che non serbarono il loro principato, ecc., nel giorno del gran giudizio riservò nel buio a vincoli eterni ». E questi sono quei vincoli, che ridurranno ultimamente i dannati a disperazione. Al suo diletto Ezechiello disse il Signore : « Ecce circumdedi le vinculis, et non te convertes a latere tuo in latus aliud. — Ecco, che ti ho cinto di vincoli, e non potrai voltarti dall’un de’ tuoi lati all’altro » (Ezechiele 4, 8); ma gli mitigò tosto un ordine così austero con quel conforto, che seguita : « donec compleas dies obsidionis tuae — fin a tanto che abbi compito i giorni del tuo assedio ». Ma questo conforto non v’è già per li reprobi dell’ Inferno. Finalmente i di del suo assedio per Ezechiele, il quale in sè dovea figurar l’assedio sovrastante a Gerusalemme, non trapassarono i trecento novanta : e così compironsi presto. Ma quando si compiranno i dì dell’assedio, da cui stanno cinti i dannati? Passerà un milione di secoli, « et dies obsidionis non complebuntur — e non saranno compiti i giorni dell’assedio » : ne passeranno cinquanta, « et dies non complebuntur —e i giorni non saranno compiti » : ne passeranno cento, « et dies non complebuntur — e i giorni non saranno compiti » : ne passeranno più milioni assai, che non son tutti quei granelli di sabbia, che ci vorrebbono a riempire il grande ambito della Terra fino alle stelle, e contuttociò sarà l’assedio da capo : « Et dies obsidionis non complebuntur. — E non saranno compiti i giorni dell’assedio ». Che sarebbe dunque di te, il qual temi tanto di stare avvinto per pochi giorni nei vincoli dei precetti, se ti dannassi? Non ci sarebbe più rimedio per tutta l’eternità. I vincoli dei precetti hanno fine in un con la vita, e quei dei peccati fino alla morte hanno scampo; ma quei delle pene non avranno giammai nè scampo, nè fine.